Danni nei viaggi tutto compreso, non c’è un limite al risarcimento - QdS

Danni nei viaggi tutto compreso, non c’è un limite al risarcimento

Eloisa Bucolo

Danni nei viaggi tutto compreso, non c’è un limite al risarcimento

martedì 12 Giugno 2012

Sentenza della Corte Costituzionale dà ragione a turista danneggiato

CATANIA – Novità per chi si appresta a stipulare un contratto di viaggio “tutto compreso”: è incostituzionale porre un limite risarcitorio per i danni alla persona derivati dalle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico. La Corte costituzionale, è intervenuta, con sentenza n.75 del 2012, su istanza della sezione IV del tribunale di Verona, dichiarando l’incostituzionalità dell’art. 15, d.lgs. 17 marzo 1995 n. 111, recante norme in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE, “nella parte in cui, limitatamente alla responsabilità per danni alla persona, pone come limite all’obbligo di ristoro dei danni quello indicato dalla Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, ratificata con la legge 27 dicembre 1977, n. 1084 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio – CCV)“.
Il caso prendeva in esame le gravissime lesioni personali, quantificabili in circa 808.119,74 euro, subite a causa di un sinistro stradale, imputabile alla guida pericolosa ed imprudente dell’autista, verificatosi durante l’ escursione organizzata ad Alessandria d’Egitto, prevista nel package acquistato.
Secondo il giudice a quo, la disposizione contenuta nell’art. 15, che poneva come limite alla inesatta esecuzione delle prestazioni, oggetto di un servizio viaggi con la formula “tutto compreso”, l’ammontare di 50.000 franchi-oro (corrispondenti a circa € 313.500), sarebbe stata adottata in difformità dei principi e dei criteri direttivi contenuti nell’art.24 della legge delega 146/1994.
Il testo dell’art 15, introducendo, limiti non previsti ha violato pertanto gli art. 76 e 77 della Costituzione, per difetto di delega legislativa. In particolare la direttiva comunitaria n. 90/314/CEE, vincolante per il legislatore delegato, innestandosi in un tessuto che già aveva disciplinato il contratto di viaggio, ha necessariamente indicato principi e criteri direttivi speciali che hanno delimitato in maniera assai significativa lo spazio di discrezionalità del legislatore delegato. La legge comunitaria, non solo non ha evocato la Convenzione di Bruxelles, né previsto limiti risarcitori per il danno alla persona, ma ha fissato nell’art. 24, con specifico riferimento alla direttiva viaggi “tutto compreso”, il principio di riferimento agli Stati membri di derogare solo in melius la normativa comunitaria.
La Corte richiama la distinzione, elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, tra contratto “tutto compreso” e il contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio, disciplinato dalla Convenzione internazionale di Bruxelles, specificando che solo nel primo la “finalità turistica” assume rilievo riguardo alle successive vicende del contratto. Alla luce di tale ricostruzione, l’applicazione della disciplina introdotta dalla CCV non è ricollegabile al tipo contrattuale previsto nel d.lgs. n. 111 del 1995. Inoltre il riferimento a tale disciplina sarebbe stata un’eccezione da circoscrivere in un ristretto margine di compatibilità e di favore verso il consumatore.

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