Centri d’accoglienza e burocrazia - QdS

Centri d’accoglienza e burocrazia

Angela Michela Rabiolo

Centri d’accoglienza e burocrazia

mercoledì 13 Giugno 2012

In Sicilia due Consigli territoriali devono far fronte a tutte le richieste di asilo. I ritardi diventano regola. I Cie sempre più simili alle carceri per sovraffollamento e condizioni igieniche

CATANIA – Cara e Cie, ovvero Centri Accoglienza Richiedenti Asilo e Centri Identificazione e Espulsione. Non sono prigioni, l’immigrato dovrebbe restare in queste strutture giusto il tempo di verificare i documenti o richiederli ma purtroppo a causa di lentezze burocratiche e all’aumento dei flussi migratori la permanenza si dilata per diversi mesi. Come è successo nel caso dei 24 ghanesi ospitati a Pian del Lago in provincia di Enna arrivati poco più di un anno fa. Lavoravano in Libia, erano pagati bene perché specializzati e sono stati salvati da una nave italiana quando è scoppiata la rivolta contro Gheddafi. Oggi vivono al Cara e alcuni hanno un contratto di lavoro, altri tengono pulita la città solo per darsi da fare e non lasciarsi impigrire in attesa che qualcuno dica loro se la domanda d’asilo è stata accolta.
Ci si mette poi anche il carosello della politica che pur di titillare nelle masse la necessità di un nemico va contro le leggi votate in Parlamento. È il caso dei primi immigrati egiziani arrivati la scorsa estate e che sono stati immediatamente rimpatriati senza che si tenesse conto del loro status di richiedenti asilo. In questo caso i loro diritti non sono stati garantiti e si è andato contro all’art. 2 del Testo Unico sull’Immigrazione che in questa materia, nel solco dell’art. 10 della Costituzione, richiama anche Trattati e Convenzioni internazionali. Per fortuna la realtà fatta dalle persone è spesso più aperta e solidale, più avanti rispetto alle leggi e ai regolamenti.
Sulla situazione dei rifugiati Christopher Hein, direttore del Cir ( Consiglio italiano Rifugiati) fa notare molte incongruenze. “Nel 2010 i richiedenti asilo erano 10 mila, 17 mila nel 2009 e 30 mila nel 2008. Nel 2011 le richieste sono state solo 3 mila. Questo è l’effetto dei provvedimenti del governo Berlusconi”. Nel frattempo l’Alta Corte di Londra è chiamata a esprimersi sulla richiesta di bloccare il trasferimento di alcuni rifugiati politici in Italia. Allo stesso modo si stanno muovendo Olanda e Svezia mentre la Germania ha già bloccato con ordinanze di 41 tribunali diversi i rimpatri dei cosiddetti “dubliners” . Solo questo aiuta a capire che livello di considerazione l’Europa abbia dell’Italia. Hein ricorda “Che tutti i richiedenti asilo devono essere accolti anche in attesa che la loro domanda venga esaminata secondo la direttiva europea 2005/85/CE. L’accoglienza sulla carta avviene ma i tempi necessari per avviare la richiesta si dilatano per mancanza di risorse e anche per problemi con le varie ambasciate. I profughi allora finiscono nei Cara, mega centri a gestione del ministero dell’Interno –sempre più spesso affidati a strutture assistenziali private ndr- e se ottengono lo status vengono rilasciati e sostanzialmente abbandonati a se stessi”.
Dal punto di vista legislativo, l’Italia si preoccupa di fronteggiare il fenomeno migratorio dagli anni ‘70 ma è tra il 1995 e il 1998 con la legge Turco-Napolitano (n.40/1998) e il T.U. (n. 286/1998) che vengono creati i Centri di Permanenza Temporanea poi diventati Cie con il pacchetto Sicurezza e l’Accordo di integrazione (leggi n. 125/2008 e n. 94/2009) . Queste ultime allungano i tempi di permanenza fino a 180 giorni. Viene varato anche il decreto legislativo n. 159/2008 che modifica la legge di recepimento della direttiva europea sui rifugiati, la 2005/85/CE, introducendo restrizioni per i richiedenti asilo e norme per la revoca dello status.
I richiedenti asilo, dopo aver fatto richiesta, passano ai Consigli Territoriali. Nel frattempo viene rilasciato un permesso che permette loro di lavorare perché i Cara sono strutture aperte, solo la sera vi è l’obbligo di rientro. In Sicilia i Consigli sono due, a Siracusa e Trapani. Questi devono far fronte a una richiesta che solo nel 2009 è di 6687 persone secondo i dati forniti dalle Questure al quarto rapporto dei Consigli Territoriali Immigrazione.
Dal 1990 al 2011 secondo la Commissione nazionale per il diritto di asilo le richieste sono state 326.322. Negli anni ‘90 la provenienza dei richiedenti era per lo più europea per poi spostarsi sempre più verso Asia e Africa dove si sono aperti nuovi scenari di guerra che costringono le persone a scappare per sopravvivere. Sempre secondo le statistiche della Commissione, le richieste accolte sono diminuite nell’ultimo decennio. Se nel 1990 il 58% delle richieste veniva accolto, nel 2007 arriva all’8% e si mantiene stabile al ribasso sino al 2011.
I Consigli territoriali siciliani si distinguono in mezzo agli altri per numero di richieste accettate: Trapani dal 1995 al 2011 ha accettato 6299 richieste e ne ha respinte 3741; Siracusa ne ha accettate 5179 e rigettate 4983.
Per quanto riguarda i Cie siciliani, il dossier della Caritas Migrantes del 2010 rileva come tra il 2005 e il 2009 tra Agrigento e Lampedusa siano transitati 1824 persone di cui nel 2009 il 5,7% è stato trattenuto nel Cie e il 2,1% è stato rimpatriato. A Caltanissetta i transitati sono stati 2663 con il 6,6% trattenuti nei Cie, il 23,1% rimpatriati e 0,4% di richiedenti asilo. In totale in Italia nel 2009 sono transitati per i Cie 10.913 persone, il 100% è stato trattenuto e il 38% rimpatriato e solo il 3,5% ha ottenuto asilo. I Cie sono centri chiusi sempre più simili a una prigione dove però non è prevista una lunga permanenza. Fino a qualche mese erano interdetti ai giornalisti. Al loro interno la disperazione. Sono molti gli atti di autolesionismo, molti i tentativi di fuga.
 
Poi il sovraffollamento e la conseguente deficienza dei servizi igienici. Il tutto per persone che magari non hanno commesso alcun reato se non aver affrontato un lungo viaggio pericoloso lasciandosi tutto alle spalle per inseguire il miraggio di tre pasti al giorno e un minimo di benessere per sé e per la famiglia rimasta in patria.
Oggi ci sono proposte in Parlamento per chiudere definitivamente i Cie e lasciare i Cara in gestione alle associazioni. A queste vengono dati circa 40 euro per richiedente asilo; la cifra si raddoppia se si tratta di minori, tenuti in Italia fino alla maggiore età senza acquisire la cittadinanza. C’è il rischio che la disperazione dell’immigrato diventi fonte di speculazione sulla pelle di persone che sono tenute ogni giorno in attesa.

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