Dai trasporti, via per il futuro della Sicilia, per ora solo inquinamento e malagestione - QdS

Dai trasporti, via per il futuro della Sicilia, per ora solo inquinamento e malagestione

Rosario Battiato

Dai trasporti, via per il futuro della Sicilia, per ora solo inquinamento e malagestione

mercoledì 18 Luglio 2012

Ambiente. Se le auto insieme fanno più danni delle industrie. La fotografia. Dai dati dell’Ispra il dettaglio del trasporto locale in Sicilia. Risultato. Oltre il 90% delle merci viene spedito su gomma: e così l’inquinamento da trasporto supera quello industriale

PALERMO – Sulla strada si consumano l’aria e la vita dei siciliani. Il settore dei trasporti, vecchio e ingolfato, incide pesantemente sulle prospettive di sviluppo dell’Isola, confinando su gomma l’intero futuro dello spostamento di merci e uomini. A completare il quadro ci pensa il parco macchine più antico e inquinante d’Italia, il trasporto pubblico locale allo sfascio, la mobilità sostenibile sempre più insostenibile, e i prodotti siciliani (vista la lenta agonia di quella che era stata la grande industria) ostaggio del sistema di trasporto dei tir.
Gli ultimi dati dell’annuario Ispra non lanciano segnali speranzosi per il futuro. In termini di emissioni la Sicilia sta ancora lavorando ai dati del 2007, una situazione che condivide anche con altre regioni italiane dal momento che soltanto la Lombardia può vantare dati aggiornati al 2008 e la Valle d’Aosta al 2009.
Tuttavia le proiezioni sull’ultimo decennio dicono che sono proprio i trasporti ad incidere maggiormente nel bilancio generale delle emissioni. Lo sa bene l’Europa che ha inserito la mobilità sostenibile tra le sette sfide fondamentali della Strategia di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea (le altre sono Cambiamenti climatici ed energia, Consumo e produzione sostenibile, Conservazione e gestione delle risorse naturali, Salute pubblica, Inclusione sociale demografia e migrazione, Povertà mondiale e sfide dello sviluppo). Una città europea, insomma, dovrebbe rispettare alcuni standard per i suoi sistemi di trasporto da rapportarsi ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, minimizzandone le ripercussioni negative. Questo si traduce in trasporti integrati e poco inquinanti per le merci e per le persone attraverso le strade ferrate e i bus elettrici. Un modo per contribuire, con la qualità del servizio, alla crescita economica dalla domanda di trasporto, alla riduzione dei consumi di energia ed emissioni.
In Sicilia, stando agli ultimi dati dell’Istat, il sistema dei trasporti non solo funziona malissimo (gli utenti siciliani sono tra i più insoddisfatti e meno fedeli al servizio) ma è anche gravato dai debiti. Di conseguenza i siciliani “vantano” (vedi tabella) un parco macchine, che è uno dei più grandi e antichi d’Italia. Insomma, la ricetta europea è il mondo al contrario dei trasporti siciliani.
Secondo quanto riportato dall’Ispra, che ha analizzato gli ultimi dati dell’Aci (Automobile Club d’Italia) per esaminare le tendenze in atto a livello regionale riguardo all’evoluzione del parco veicolare con particolare riferimento alla rispondenza ai diversi standard emissivi, proprio la Sicilia, assieme ad un gruppetto di regioni del Sud, risulta ancora caratterizzate da una prevalenza di veicoli di vecchia generazione di tipo Euro 0, Euro I, Euro II ed Euro III. Viaggiano decisamente su altre corde, invece, le regioni del centro-nord come Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio dove lo sviluppo della motorizzazione è caratterizzato dal prevalere di veicoli conformi agli standard emissivi più recenti (Euro IV ed Euro V). Il medesimo ragionamento, con una incidenza in negativo per il 30% nelle regioni del Sud, vale anche per i veicoli industriali leggeri, pesanti e trattori stradali.
Accade che così che le emissioni di gas serra da processi energetici nel periodo 1990-2009 abbiano così subito un calo di quasi il 3%. Così come accade nel settore della tanto vilipesa industria energetica (-5,3%) e della manifatturiera (-34,5%). Certamente sarà anche un effetto della crisi imperante, ma cosa dire allora delle emissioni per il settore dei trasporti che sono cresciute del 15,5%.
In attesa di risultati più freschi l’ultimo inventario emissioni Enea, pubblicato nel 2010 con risultati del 2006, ha fissato per la Sicilia un’incidenza del settore dei trasporti pari al 29% per le emissioni di anidride carbonica. Ad andare ancora più in dettaglio ci pensano gli ultimi dati dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente. I trasporti rivestono un ruolo principe in tutti i settori.

Negli ossidi di azoto incidono per il 39% (con oltre 36.000 tonnellate) con particolare rilevanza per i Trasporti stradali (circa 27.000 tonnellate), mentre assai distanziati sono gli Impianti di combustione nell’industria dell’energia e della trasformazione delle fonti energetiche (il 23% con oltre 22.000 tonnellate tutte da impianti puntuali). L’incidenza è ancora più rilevante per quanto riguarda il monossido di carbonio (82% derivati da Trasporti stradali, con più di 167.000 tonnellate). Poco meno di metà delle particelle sospese con diametro inferiore a 10 micron e 2,5 micron sono responsabilità del settore (con circa 3.200 tonnellate). Stesso discorso vale anche per i composti organici volatili.
Eppure senza alternative il trasporto su strada continuerà a dominare incontrastato sul territorio isolano, anche perché, vale la pena ricordarlo, circa il 90% della merce viaggia su gomma, mentre strade ferrate e autostrade del mare sono ancora lontane dall’essere considerate delle valide alternative.

Insomma, di auto la Sicilia è satura e e pensare di continuare a puntare sull’automotive anche a Termini Imerese – come ha ribadito la scorsa settimana Ivan Lo Bello – sembra veramente autolesionista. Bisognerebbe invece allargare gli orizzonti.
Aggiornare il sistema trasporti per la Sicilia significherebbe contribuire per poco meno del 20% al fabbisogno di superficie agricola nazionale per la produzione di biocarburanti secondo quanto previsto dalla direttiva dell’Unione Europea. Entro il 2020, secondo gli accordi presi, il 10% dell’energia per i trasporti dovrà essere costituita da fonte rinnovabile.

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