La strage silenziosa dei detenuti. La vita impossibile oltre le sbarre - QdS

La strage silenziosa dei detenuti. La vita impossibile oltre le sbarre

Patrizia Penna

La strage silenziosa dei detenuti. La vita impossibile oltre le sbarre

venerdì 03 Agosto 2012

Pubblicato il dossier “Morire di Carcere” realizzato dall’Associazione Ristretti Orizzonti. Dal 2002 al 2012 solo in Sicilia 48 suicidi e 9 decessi ancora da accertare

PALERMO – Sono 93 i detenuti morti dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane. Di questi, 33 si sono suicidati. Solo nel mese di luglio i decessi in cella sono stati 18, 10 dei quali per suicidio.
Vediamo in Sicilia: dall’inizio dell’anno ad oggi, il bilancio è stato di 8 decessi (4 suicidi, 1 per malattia e ben 3 ancora da accertare). Tra il 2002 ed il 2012, invece, i numeri sono ben più drammatici e parlano di ben 48 suicidi, 12 decessi per malattia, 1 omicidio e 9 ancora da accertare.
È un report da brividi il Dossier “Morire di carcere 2002-2012” presentato dall’Associazione Ristretti Orizzonti e che ha portato alla luce “una strage silenziosa”, così come l’ha definita Eurispes.
Si legge nel dossier che i suicidi sono stati in media 66.692 negli ultimi dodici anni (a dicembre 2011), cioé più di un terzo di tutti i decessi avvenuti in carcere. Si tratta di un tasso di suicidi più di 20 volte superiore a quello registrato nel resto della popolazione italiana, al quale si deve aggiungere il numero impressionante di tentativi di suicidio e atti di autolesionismo.
Tra le scarse fonti di informazione disponibili circa la vita che si svolge all’interno degli istituti di pena italiani, si distingue, tuttavia, un dossier realizzato dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) e significativamente intitolato “eventi critici’’. Oltre al numero dei suicidi registrati, all’interno del report si possono leggere le cifre relative agli atti di autolesionismo e agli episodi di tentato suicidio avvenuti nel corso dell’anno tra la popolazione detenuta.
L’insieme di questi dati focalizza l’attenzione su come il comportamento autolesionistico, di cui il suicidio rappresenta la più estrema espressione, sia in realtà molto più diffuso rispetto al numero dei casi in cui la morte si realizza concretamente: se consideriamo che soltanto per il 2010, il dossier riporta ben 5.703 episodi di autolesionismo e 1.137 casi di tentato suicidio, i decessi volontari si presentano infatti come un esiguo sottoinsieme dei comportamenti effettivamente messi in campo contro se stessi dai detenuti. Il tasso più elevato degli episodi di autolesionismo si registra tra la popolazione carceraria straniera (14,84%) e, in particolare, tra quella di sesso maschile (15,35%); tra i detenuti italiani sono invece le donne a presentare un tasso più elevato (11,36%). Anche per quanto riguarda i tentati suicidi, le maggiori frequenze si registrano tra la popolazione italiana femminile (2,41%) e tra quella straniera maschile (2,13%). I detenuti in attesa di giudizio presentano un tasso di suicidi più elevato rispetto ai condannati (0,09% contro 0,07%): un dato che sembra indicare come nella risoluzione individuale a togliersi la vita, l’impatto con il carcere abbia in sé un ruolo determinante, a prescindere dalla durata della pena inflitta.
 

 
Opg: qui più frequenti episodi di autolesionismo
 
ROMA – In Sicilia l’ultimo caso si è verificato il 10 luglio, meno di un mese fa, a Barcellona P. di Gotto: un detenuto, di soli 28 anni, è morto dopo aver inalato gas da una bomboletta.
è tra la popolazione degli ospedali psichiatrici giudiziari che si riscontrano i maggiori tassi di suicidi, tentati suicidi, atti di autolesionismo e persino di decessi per cause naturali, ad indicare una maggiore esposizione dei cosiddetti ‘internati’ al verificarsi di eventi critici.
Anche le manifestazioni di protesta messe in campo dai detenuti, osserva l’Eurispes, sono ancora una volta riconducibili ad atteggiamenti di tipo autolesionistico, tra i quali spicca sicuramente il ricorso allo sciopero della fame: nel corso del 2010 si sono contati ben 6.626 episodi di questo tipo messi in campo da singoli detenuti. Le proteste di tipo collettivo sono state 350, per un totale di oltre 56 mila detenuti coinvolti. Le forme più utilizzate sono state in questo caso la percussione rumorosa dei cancelli (180 episodi, 36.641 soggetti coinvolti), il rifiuto del vitto e delle terapie (125 episodi, 14.632 soggetti), e l’astensione dalle attività lavorative, trattamentali, ricreative o comunque l’inosservanza delle regole dell’istituto (24 episodi, 3.408 soggetti coinvolti).
Patrizia Penna
Twitter: @PatriziaPenna

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