Serve più tutela per i lavoratori - QdS

Serve più tutela per i lavoratori

Monica Interisano

Serve più tutela per i lavoratori

mercoledì 08 Agosto 2012

Forum con Costantino Amato segretario generale Uil Messina

Qual è la situazione occupazionale in provincia?
“Messina segue il trend nazionale con qualche punto percentuale in più. Secondo i dati Istat, nel 2011 la disoccupazione totale in tutta la provincia ha toccato il 12,48 per cento, mentre la media nazionale si è aggirata intorno all’8,41 per cento. Il grosso problema è piuttosto l’aumento del tasso di inattività, che sfiora il 60 per cento. I cosiddetti scoraggiati, un esercito di uomini e donne, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che hanno concluso il loro ciclo di studi e che rinunciano persino a cercare un lavoro. Un fenomeno sociale che affonda le proprie radici anche nel tipo di occupazione che oggi  offriamo ai nostri giovani. Secondo l’ultimo Rapporto Uil sulle comunicazioni obbligatorie, nel nostro Paese tre contratti su quattro sono precari, e di questi il 72 per cento conducono alla cessazione del rapporto di lavoro”.
Quindi il nodo non è solo la “quantità di occupazione”, ma la qualità dell’occupazione che il sistema offre oggi ai nostri giovani?
“L’attuale mercato del lavoro offre ai nostri ragazzi una occupazione flessibile e precaria alle cui degenerazioni va posto un freno. Non è possibile ad esempio pensare che forme contrattuali atipiche, come collaborazioni a progetto, tirocini e stage, siano utilizzate molto più spesso e molto più volentieri rispetto a forme contrattuali maggiormente virtuose e che maggiormente tutelano il lavoratore, come apprendistato e somministrazione. Ecco perché è necessario produrre riforme che diano nuovo slancio all’economia e alle speranze di migliaia di giovani. Bisogna valorizzare le professionalità e il merito e puntare sulla formazione allo scopo di realizzare una maggiore integrazione tra sistema educativo e formativo, servizi per l’occupazione e istituzioni del mondo del lavoro”.
Quali soluzioni propone per uscire dalla crisi?
“Gli ultimi rapporti Uil sulla cassa integrazione mostrano che il triangolo della crisi risulta basato su tre direttrici fondamentali: bassa crescita, altissimo ricorso alla cassa integrazione e alto tasso di  disoccupazione. Un assunto che può essere scardinato solo attraverso una seria e coraggiosa riforma del mercato del lavoro. È necessario selezionare accuratamente quegli strumenti che consentono di entrare e di rimanere nel mercato del lavoro con la garanzia che nelle fasi di transizione da un lavoro all’altro il lavoratore non sia privo di tutele. Occorre intervenire in maniera riformista attraverso la semplificazione delle tipologie di lavoro di cui si dota il nostro ordinamento, per ristabilire regole certe in un mercato del lavoro troppo sbilanciato a favore delle esigenze di produttività e riduzione dei costi delle imprese, e poco attento agli altrettanto importanti diritti delle lavoratrici e lavoratori. Bisogna poi intervenire con misure strutturali per aumentare il livello di tutele e occupabilità, in particolare, dei giovani, delle donne e dei lavoratori maturi, con l’obiettivo di dare omogeneità al sistema, garantendo alle imprese l’opportunità di forme di ingresso graduali e a forte connotazione formativa, come l’apprendistato, ed ipotizzando una strumentazione normativa, definita sempre dalla contrattazione, che affronti le criticità economico-produttive delle imprese, non solo con gli strumenti terminali ordinari (cassa integrazione, mobilità, licenziamento), ma anche con un sistema di tutele legate alla ricollocazione rapida delle persone in uscita dall’impresa stessa”.
 
Che prospettive avete per i prossimi anni?
“Non c’è dubbio che la battaglia va giocata su due campi diversi. A livello nazionale chiedendo al governo un fisco più equo e il non più procrastinabile abbattimento dei costi della politica, e a livello locale impegnandoci tutti per la rinascita della nostra città e della nostra provincia. E a tal proposito qualcosa già si è mosso. Il sindacato unitario, i sindacati di base, le organizzazioni datoriali hanno dato vita a un vasto movimento, “Uniti per Messina”, che sta lavorando su una piattaforma condivisa per il rilancio della città. Obiettivi comuni l’attivazione rapida di opere cantierabili, l’attuazione di quelle misure nazionali e regionali volte alla creazione di nuova occupazione produttiva, la redazione di un piano strategico per la prevenzione del rischio idrogeologico, lo sblocco delle autorizzazioni per le attività produttive, l’inserimento della provincia nella rimodulazione del Por, un piano di accesso al credito sia per le famiglie che per le imprese e l’attivazione di interventi che mirano a favorire la destagionalizzazione del turismo”.
 
Istituzioni sorde alle necessità dei precari che erogano servizi utili agli utenti
 
Sono più di 5.000 in tutta la provincia. Si tratta dei cosiddetti precari di lungo corso, contrattisti, Lsu e Asu, figli del sistema elettorale e vittime di una stabilizzazione troppe volte annunciata e mai del tutto realizzata. Ciò nonostante la Legge regionale 24/2010  e la Circolare Interassessoriale n.1 del 06/05/2011 abbiano fornito gli strumenti normativi necessari e  delineato il percorso che gli Enti avrebbero potuto intraprendere per la stabilizzazione. Questo nonostante la Legge regionale 20/2011, che ha chiarito tutti i vari aspetti del finanziamento regionale per tutte le categorie contrattuali.
“Come Camera Sindacale, e come sindacato di categoria, la Uil ha più volte sollecitato i Comuni della provincia ad avviare tavoli tecnici per dare concrete risposte ai lavoratori, ma non abbiamo ottenuto alcuna risposta. E questo è senza dubbio l’aspetto più grave. In un momento così difficile per il mercato del lavoro, ma più complessivamente per l’economia del nostro Paese, la totale sordità delle istituzioni locali alle necessità, primarie per altro, dei lavoratori precari, esprime una scarsissima sensibilità non solo nei confronti dei lavoratori stessi, ma più in generale nei confronti dei cittadini utenti ai quali nessun ente locale potrebbe erogare servizi adeguati senza il contributo del personale precario, che di fatto risolve il gap prodotto da decenni di mancato turnover”.

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