La Pa del Belpaese, infatti, 2011 nell’acquisto di beni e servizi ha speso qualcosa come 136 miliardi di euro: di questi, solo 29 miliardi sono riconducibili al metodo Consip. Un po’ troppo poco nell’ambito di quella che a giusto titolo è stata definita “la rivoluzione del buon senso”. Ed in effetti, il decreto sulla spending review già approvato martedì dalla Camera, si pone in tal senso quale elemento di rottura rispetto agli sprechi del passato e tra gli obiettivi fissa quello di stabilire un’inversione di rotta nella direzione di una razionalizzazione della spesa nell’ambito delle forniture pubbliche.
Consip, Concessionaria Servizi Informativi Pubblici, è stata istituita nel 1997. Consip significa trasparenza ed efficacia. Trasparenza per quel che concerne l’attività di acquisto di forniture pubbliche da parte della Pa. Efficacia perché essa si pone all’avanguardia nell’ambito della tecnologia, tiene conto delle dinamiche del mercato valutandone le offerte migliori e avvalendosi di figure professionali qualificate. Consip è una società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che ne è l’azionista unico, ed opera secondo i suoi indirizzi strategici, lavorando al servizio esclusivo delle pubbliche amministrazioni. L’ambito di intervento di Consip è volto, da una parte, a fornire servizi di consulenza e di assistenza progettuale, organizzativa e tecnologica per l’innovazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e della Corte dei conti (Cdc); dall’altra, a gestire il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A. L’azienda ha un consiglio d’amministrazione composto da tre membri e un Collegio Sindacale con tre componenti (più due sindaci supplenti).
L’attività di Consip è sottoposta al controllo della Corte dei conti perché l’azienda opera con risorse esclusivamente pubbliche; un rappresentante dei giudici contabili è presente alle riunioni del Consiglio d’Amministrazione (CdA).
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