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I crediti che inquinano il bilancio della Regione siciliana

Lucia Russo

I crediti che inquinano il bilancio della Regione siciliana

venerdì 10 Agosto 2012

Corte dei Conti Sicilia: il principio di veridicità dei valori di bilancio impone una ricognizione. Occorre cancellare quelli dichiarati inesigibili dalle Amministrazioni competenti

ROMA – Lo scorso 1 agosto la Corte dei Conti, sezione di Controllo, della Sicilia, ha fatto chiarezza in audizione alla Camera dei deputati, sui residui attivi della Regione siciliana che ammontano, al 31 dicembre 2011, a 15,7 miliardi. La stampa nazionale erroneamente li ha confusi col debito della Regione, che, invece, ammonta a 5,6 miliardi di euro.
Ma cosa sono i residui attivi? Si tratta di somme rimaste da riscuotere, che si dividono in parte corrente (8 miliardi) e in conto capitale (7,3 miliardi). Le due componenti, parte corrente e conto capitale, risultano in aumento, rispettivamente del 3 per cento e dello 0,19 per cento nonostante l’asserita intenzione dell’Amministrazione regionale di eliminare, dalle scritture contabili dell’esercizio finanziario 2011, tutte le obbligazioni attive (e passive) cui non corrispondono crediti da riscuotere (e debiti da pagare) .
I residui attivi, precisamente, infatti, ai sensi del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, sono definiti come crediti per entrate che l’Amministrazione non ha potuto riscuotere nell’esercizio in cui sono state accertate e devono essere classificati sulla base dei tempi di riscossione e del grado di presunta certezza prevedendo anche la assoluta inesigibilità e la conseguente espunzione dalle scritture contabili secondo le procedure in esso contenute.
La particolare attenzione riservata, anche da leggi regionali di più recente emanazione, alla classificazione dei residui attivi è da ricondurre, al rispetto del principio di veridicità che deve guidare le iscrizioni dei valori nel Bilancio in modo da non pregiudicare l’attendibilità del risultato di amministrazione e, soprattutto, all’ingente ammontare raggiunto dagli stessi alla fine degli anni ’90.
Non dimentichiamo che con la riforma dell’articolo 81 della Costituzione, con legge Costituzionale n. 1/2012, il principio “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio” impone l’assoluta rispondenza tra entrate e uscite nei bilanci pubblici.
La crescita dell’avanzo finanziario è generata proprio dal costante aumento dei residui attivi di natura tributaria che derivano dalle entrate (non riscosse) la cui esazione è curata dagli Uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria statale presenti nel territorio siciliano.
“Risulta, pertanto, improcrastinabile – ha scritto la Corte dei Conti a pagina 66 della Relazione al rendiconto del 29 giugno 2012 – anche su base regionale una effettiva ricognizione dei residui attivi disponendo le necessarie verifiche sulla sussistenza dei crediti iscritti in bilancio, specialmente di natura tributaria, procedendo, prima, alla corretta classificazione e, poi, ove ricorrano i presupposti, alla definitiva cancellazione di quelli già dichiarati inesigibili dalle Amministrazioni competenti”.
Tra i residui di parte corrente figurano le entrate tributarie ( 3,4 mld) e le entrate erariali extratributarie devolute (1,9 mld), per complessivi 5,3 miliardi di euro. Tali entrate sono direttamente gestite dagli Uffici periferici dell’amministrazione finanziaria dello Stato operanti in Sicilia, dei quali la Regione deve necessariamente avvalersi, mentre la funzione di accertamento in senso “stretto”, comprensiva dell’iscrizione a ruolo, mai trasferita, resta di competenza degli Uffici regionali.
Per tali entrate, i dati contabili possono essere acquisiti dai competenti Uffici finanziari statali che formano e detengono i relativi titoli di entrata posti a fondamento dei crediti iscritti a residuo attivo sui capitoli elencati (Agenzie fiscali) nonché dagli Uffici che possiedono le informazioni giuridico – contabili ( Ragionerie Territoriali dello Stato). L’ammontare dei tributi statali incassati in Sicilia, infatti, è periodicamente contabilizzato nel bilancio dello Stato tra le entrate fiscali accertate e, contemporaneamente, tra i trasferimenti alla Regione Sicilia con la conseguenza che, con l’introduzione del sistema dei versamenti unificati, i dati di “accertato” e “riscosso” provengono direttamente dalla Struttura di gestione anziché dal S.I. della Ragioneria generale dello Stato e “detta novità – ha scritto la Corte nell’ultima audizione dell’1 agosto – non solo ha determinato costanti disallineamenti dei dati contabili delle entrate ma ha, altresì, alterato i flussi informativi tradizionali e il processo di scambio di informazioni contabili tra i S.I. del bilancio regionale e del bilancio statale.
 


Criticità nei sistemi informativi impediscono il monitoraggio
 
Quanto alle “entrate da ruoli”, il sistema di contabilizzazione ha subito sostanziali modifiche con la riforma della riscossione la quale ha comportato l’affidamento dei ruoli al concessionario dell’ambito ove ha sede l’ultimo domicilio fiscale di ciascun contribuente. Di conseguenza, i ruoli formati dagli Uffici finanziari operanti fuori dalla Sicilia, nei confronti di contribuenti trasferitisi in Sicilia successivamente all’accertamento, seppure affidati ai concessionari siciliani, individuano quale beneficiario l’Erario, mentre le Ragionerie territoriali dello Stato, titolari dei dati contabili relativi agli accertamenti e alle riscossioni, non sono solo quelle ubicate in Sicilia.
“Questa situazione di fatto, è sicuramente imputabile – scrive la Corte dei Conti Sicilia – alle criticità esistenti fra i sistemi informativi degli apparati amministrativi e contabili dello Stato e della Regione nonché dello stesso Agente della riscossione e costituisce una concausa delle difficoltà a monitorare i residui attivi”.
Come segnalato anche dal Governo regionale, si tratta del perdurare di criticità nella contabilizzazione delle entrate (competenza e residui) sostanzialmente riconducibili alla mancata integrazione in un flusso unitario dei dati contabili (accertato, riscosso, versato) di diversa provenienza, inerenti alle entrate erariali e assimilate nonchè alla carenza di informazioni contabili essenziali di taluni flussi.
La questione è stata affrontata anche dalle Sezioni Riunite centrali della Corte dei conti, in occasione del giudizio di parificazione sul rendiconto dello Stato per l’es. 2011, che ha evidenziato i limiti di affidabilità degli accertamenti e di attendibilità dei resti da riscuotere.
Per il superamento delle
connesse criticità sia stato costituito il Gruppo di lavoro “Entrate dello Stato”, composto da referenti del MEF, dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia S.p.a., supportato dai relativi partners tecnologici Consip e Sogei (determina 9.1.2009 del Ragioniere Generale dello Stato).
 


Non solo evasione tributaria, ma anche servizio inefficiente
 
La Corte dei Conti ha approfondito la questione nell’audizione a proposito dell’efficienza della riscossione a mezzo ruolo: “La problematica delle quote inesigibili di crediti erariali non può essere disgiunta dalle criticità riferibili al sistema della riscossione a mezzo ruolo. La legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19 ha sostanzialmente recepito le disposizioni contenute nel decreto-legge 30dicembre 2005, n. 203 in materia di riforma del servizio nazionale della riscossione. In Sicilia, esso è affidato alla società Riscossione Sicilia s.p.a., partecipata dalla Regione siciliana (60%) e dall’Agenzia delle Entrate (40%), che oltre a svolgere la funzione di riscossione, avvalendosi della Serit Sicilia S.p.a. (di cui dal dicembre 2010 detiene la totalità del capitale) esercita compiti di holding, di coordinamento del gruppo e di vigilanza sulla concreta attuazione della mission che la legge di riforma intende perseguire. Per l’esercizio 2011, il carico dei ruoli tributari di spettanza regionale, è risultato pari a 3.245 milioni di euro, inferiore del 5,83% rispetto a quello registrato nel precedente esercizio pari a 3.446 milioni. Significativo è il divario fra il volume delle riscossioni effettuate e il carico dei ruoli, sintomo oltre che di forte propensione all’evasione tributaria, anche della scarsa efficienza del servizio”.

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