La ricetta del ministro trivellatore, Corrado Passera. Nel mirino i giacimenti sul fondo del Canale di Sicilia - QdS

La ricetta del ministro trivellatore, Corrado Passera. Nel mirino i giacimenti sul fondo del Canale di Sicilia

La ricetta del ministro trivellatore, Corrado Passera. Nel mirino i giacimenti sul fondo del Canale di Sicilia

mercoledì 15 Agosto 2012

La Sicilia ha dimostrato che finora l’estrazione di petrolio conviene solo alle imprese, non al territorio. Sia in termini economici che ambientali. Il programma energetico del governo vorrebbe favorire l’intensa produzione di idrocarburi per ridurne i costi

 PALERMO – Il programma di Corrado Passera, che si è guadagnato sul campo l’appellativo di ministro trivellatore, è semplice: ridurre i costi dell’energia e le importazioni di idrocarburi attivando al contempo investimenti miliardari per le infrastrutture dedicate. Per raggiungere questi obiettivi si punta di base sulla produzione petrolifera nazionale per raggiungere quota 20% della domanda. Il Canale di Sicilia, già terra florida per gli estrattori, è nel mirino. 
 
Corrado Passera ha presentato il suo piano di Politica energetica il 18 aprile scorso, dove era implicito il discorso relativo al sottodimensionamento del settore petrolifero nazionale. Per l’Italia che non regge più il passo in termini di raffinazione adesso è il momento di passare direttamente all’origine del bene. Per Passera perforazione e petrolio fa rima con occupazione, indipendenza energetica e, quindi, in ultima analisi, ricchezza del territorio. Non tutto funziona così semplicemente, però, visto che la Sicilia, per produzione e lavorazione, è un’Isola che dovrebbe poter vivere di idrocarburi, ma non è affatto così e il rischio ambientale è assolutamente impari rispetto ai vantaggi economici che arrivano solo alle aziende. 
La Sicilia, dietro il Texas italiano che è la Basilicata (71% di produzione nazionale di oro nero), è la seconda regione per contributo di idrocarburi. Ma è sul mare che Passera vorrebbe vincere la sua battaglia, visto che potenzialmente le aree marine potrebbero aggiungere una quota ulteriore del 12% sull’intera produzione nazionale. 
 
Il rischio è concreto e le acque isolane sono già discretamente sotto osservazione. Secondo gli ultimi dati del Wwf sono ancora 82 le istanze di permesso di ricerca e i permessi di ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi in mare (74 dei quali nelle regioni del Centro-Sud, 39 nella sola Sicilia) presentati al ministero dello Sviluppo economico. Su 204 istanze di ricerca e permessi di ricerca in terra la Sicilia ne detiene 16. In dettaglio, secondo il ministero, i permessi di ricerca accordati, al 31 dicembre 2011, erano 121 (di cui 96 sulla costa e 25 fuoribordo) e le concessioni di coltivazione 199 (di cui 133 sulla terraferma e 66 in mare).

Inoltre il sistema energetico isolano è particolarmente complesso anche in termine di gestione e lavorazione delle risorse petrolifere. Lo ha certificato il Rapporto Energia stilato dalla Regione. 
Una fotografia complessiva determina la presenza di risorse primarie estrattive e di impianti di trasformazione energetica e raffinazione. In Sicilia si produce il 15% circa degli idrocarburi nazionali (petrolio greggio circa il 13% e Gas circa il 1,6 %) e si raffina il 40% dei prodotti petroliferi nazionali.
 
Sul punto si è già impegnata la Regione. Nelle scorse settimane Francesco Aiello, assessore regionale per le risorse agricole ed alimentari, ha impegnato la Giunta a chiedere al Governo nazionale “il blocco temporaneo e immediato di tutte le autorizzazioni per progetti di ricerca e perforazione off-shore, comprese quelle la cui istruttoria risulta ad oggi in itinere, in attesa di una celere e puntuale regolamentazione della materia” chiedendo, inoltre, “la rapida istituzione anche nel Canale di Sicilia di una Zona di Protezione Ecologica, così come nel mar Ligure e nel mar Tirreno, che permetta di applicare a questa importante area marina, le norme dell’ordinamento italiano e del Diritto dell’Unione Europea in materia di protezione degli ecosistemi marini, comprese quelle relative ai Siti di Interesse Comunitario”.

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