Celiachia ancora sottovalutata, il vero problema è la diagnosi - QdS

Celiachia ancora sottovalutata, il vero problema è la diagnosi

Angela Michela Rabiolo

Celiachia ancora sottovalutata, il vero problema è la diagnosi

venerdì 17 Agosto 2012

Sono più di 10 mila i malati in Sicilia ma ci vogliono circa 40 interventi per approdare a un responso. 100 mila i casi riconosciuti in Italia ma si stima che il vero numero sia 600 mila

PALERMO – La celiachia colpisce una persona ogni 100 ma i malati che hanno avuta la patologia diagnosticata sono molti di meno. Si calcola infatti che ci siano 5 milioni di persone affette da celiachia nel bacino del Mediterraneo e che le mancate diagnosi costino 5 miliardi di euro in tutta l’area considerata. 
La celiachia è una delle malattie che più sono aumentate negli ultimi 30 anni. Finora infatti sono stati diagnosticati poco più di 100.000 casi, ma ogni anno sono 20.000 le nuove diagnosi con un incremento annuo del 20%. In Italia l’Aic riferisce di una presenza di 600.000 malati. Un paziente costa circa 1.000 euro l’anno e subisce 40 interventi sanitari prima di approdare a un piano terapeutico adeguato alla propria malattia.
 
In Sicilia, secondo i dati 2010 forniti da Aic (Associazione Italiana Celiachia), sono presenti 10.280 casi di malati ma solo 2.848 sono iscritti all’associazione che offre accoglienza, informazioni e la consulenza del dietista e dello psicologo. L’associazione si offre anche come luogo di riunione per i gruppi di mutuo aiuto. La cosa più difficile infatti, dopo essere approdati alla diagnosi, è rispettare la dieta senza glutine, unica cura effettiva per evitare i fastidiosi sintomi gastrointestinali provocati dalla malattia.
Le province siciliane più colpite dall’incidenza della celiachia sono Palermo, Messina e Catania ma si calcola che almeno un caso su 5 non venga mai diagnosticato.
 
La celiachia è un’intolleranza alimentare al glutine. L’introduzione di alimenti glutinati determina, nelle persone predisposte geneticamente, una risposta abnorme a livello dell’intestino tenue, con conseguente infiammazione e scomparsa dei villi intestinali: il cattivo assorbimento dei nutrienti ne è la logica conseguenza. La dieta priva di glutine (che si trova nell’avena, grano, farro, orzo e segale) è l’unica terapia possibile perché consente la completa normalizzazione della mucosa intestinale con ripresa dei villi ad altezza normale e scomparsa dei sintomi eventualmente presenti. Sono importanti e qualche volta irreversibili le malattie determinate da una diagnosi tardiva: osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, epilessia con calcificazioni cerebrali e il temuto linfoma intestinale.
 
Non sempre la celiachia si presenta in modo palese. Le sue forme cliniche possono essere molteplici. Quella tipica si manifesta con arresto di crescita (nel bambino), vomito, diarrea e perdita di peso; la forma atipica si presenta tardivamente con sintomi in prevalenza extraintestinali come l’anemia. La forma silente ha come peculiarità l’assenza di sintomi e quella potenziale e latente si evidenzia solo con esami sierologici positivi ma con biopsia intestinale nella norma. Vi è differenza tra celiachia e intolleranza al glutine: quest’ultima infatti compare dopo un evento stressante e non è determinata geneticamente. La prova del nove comunque è costituita dalla biopsia intestinale.
 
Chi segue la dieta senza glutine deve fare attenzione che nessun cibo venga contaminato neppure durante la preparazione. Uno dei traguardi più importanti infatti è stato raggiunto dalla legge 123/05 che dà diritto al celiaco di poter scegliere un menu senza glutine nelle mense pubbliche. Grazie all’intervento dell’Aic e alla crescente attenzione pubblica poi, dal 1979 a oggi sono stati raggiunti importanti traguardi come l’erogazione gratuita dei prodotti dietetici (1982), l’esenzione per il trattamento e la diagnosi in quanto malattia rara (1982), diritto al pasto speciale nelle mense (2005), riconoscimento del tema dell’alimentazione fuori casa senza glutine (2005), approvazione del Protocollo di diagnosi e monitoraggio per la celiachia (2008). 
 
Per facilitare e rendere più sicuro il reperimento di alimenti senza glutine, è stato realizzato il prontuario degli alimenti e l’Aic concede in licenza d’uso il marchio “spiga sbarrata”;è disponibili inoltre l’elenco di 2.500 locali tra ristoranti, pizzerie e alberghi, gelaterie, navi da crociera che possono offrire pasti per celiaci.
In Sicilia, l’assessore regionale per la Salute, Massimo Russo, il 15 luglio 2011, ha firmato un decreto che approva il percorso diagnostico-terapeutico per la celiachia, la definizione della nuova rete regionale – che individua i centri Hub e ne disciplina i compiti -, e, infine, l’istituzione del “Registro regionale della malattia celiaca”. Con un altro decreto infine, è stata data la possibilità alle parafarmacie di vendere i prodotti per l’alimentazione dei celiaci e, contestualmente, di incassare i buoni destinati all’acquisto di questi particolari cibi.
 
L’ultima novità arriva da alcuni ricercatori dell’Iss, del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura e dell’ospedale San Raffaele di Milano che hanno scoperto che un decapeptide, cioè una molecola costituita da 10 aminoacidi, naturalmente presente nella frazione proteica di alcuni cereali, può combattere la tossicità della gliadina, la proteina presente nelle farine di grano, segale e orzo, responsabile della celiachia.
Come spiega lo studio pubblicato sul “Journal of Cereal Science”, questo decapeptide, denominato pRPQ, si è dimostrato capace di prevenire la tossicità della gliadina in vari modelli in vitro della malattia, compresa la coltura di mucosa intestinale di pazienti celiaci che riproduce i meccanismi di tossicità del glutine in vivo. Si potrebbe quindi ipotizzarne, se studi in vivo sul paziente ne confermassero l’azione protettiva, l’uso in terapia per consentire ai soggetti celiaci un normale consumo di glutine.
 

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