Taranto si difende: "A Gela si sta peggio" - QdS

Taranto si difende: “A Gela si sta peggio”

Rosario Battiato

Taranto si difende: “A Gela si sta peggio”

mercoledì 22 Agosto 2012

I dati sulla concentrazione di arsenico nelle urine sarebbero peggiori tra i residenti nel comune nisseno alle porte del petrolchimico. Sindaco e assessore del centro pugliese rispondono ad una richiesta di approfondimento

GELA (CL) – Il caso dell’Ilva ha illuminato di traverso la situazione degli altri poli industriali di tutta Italia. In particolare ha fatto breccia nella situazione siciliana dove insistono i tre noti sin (Siti di interesse nazionale) di Gela, Priolo e Milazzo. La citazione non è fortuita, infatti, proprio il centro nisseno è stato chiamato in causa da una dichiarazione di Ezio Stefano, sindaco della città di Taranto, che ha sottolineato come alcuni valori pericolosi per la salubrità della cittadinanza segnalati a Gela (dati ben più alti del centro pugliese) non abbiano creato nessuno scandalo.
L’Ilva esiste a Taranto da circa mezzo secolo. Eppure solo adesso sembra essersi scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora, che, invece, resta cautamente chiuso nel resto delle aree industriali del paese. La commissione ambiente dell’Ordine dei medici, prendendo spunto da uno studio dell’Arpa Puglia, ha chiesto un monitoraggio più accurato sulla presenza di piombo nell’urina dei tarantini. Pronta la risposta dei medici Ezio Stefano e Vincenzo Baio, rispettivamente sindaco e assessore all’Ambiente del Comune di Taranto, che hanno parlato di “allarme ingiustificato e inopportuno”. Parole certamente soppesate che, nell’ottica dei due amministratori, dovrebbero servire a sedare la situazione. Per avvalorare ulteriormente la loro tesi i due hanno anche chiamato in causa un altro polo disgraziato del quale si parla solo in circostanze di estrema gravità, ma che, come gli altri centri petrolchimici dell’Isola, continua a resistere da oltre mezzo in aree dove la bonifica è ancora all’anno zero.
Sindaco e assessore sostengono che “lo studio in oggetto fu effettuato su un campione ridotto di circa 150 prelievi per verificare le concentrazioni di arsenico nelle urine, dati i risultati allarmanti riscontrati in uno studio analogo nella Piana di Gela in Sicilia”. Insomma il punto di riferimento dell’analisi sarebbe Gela, e gli stessi valori in eccesso non stati riscontrati a Taranto, dove però l’ordine dei medici ha lanciato comunque l’allarme chiedendo ulteriori controlli.
Analizzando tra le righe le parole dei due amministratori tarantini sarebbe stata l’esplosione del caso Ilva a livello nazionale ad aver “convinto” organi superiori a richiedere superiori approfondimenti sulla situazione e sugli effetti dell’inquinamento sulle persone. Appare chiaro, quindi, che la riduzione del caso a Gela non serve per paragonare una situazione di normalità con un’altra, ma, al contrario, si basa sulla disgrazia dei gelesi che pur avendo un problema serio e grave, almeno tanto quanto quello dei tarantini, sono lontani dalle cronache nazionali.
Adesso è ancora troppo presto per capire se il caso Taranto servirà a svegliare e spingere gli amministratori isolani ad agire per pretendere maggiore controlli e azioni di bonifica delle malandate aree industriali dell’Isola. Per il momento si continua a parlare e scrivere delle numerose Ilva di Sicilia, come sono ormai definiti i poli industriali dell’Isola. Il timore è che sia l’ennesima vicenda circoscritta all’evento – come succede per i terremoti, per le alluvioni e in generale per tutte le emergenze curate ex post – e che svanisca nell’arco di qualche settimana.

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