Le tasse uccidono perché i parassiti succhiano - QdS

Le tasse uccidono perché i parassiti succhiano

Carlo Alberto Tregua

Le tasse uccidono perché i parassiti succhiano

martedì 02 Ottobre 2012

165 mila eletti, 2 milioni attorno a loro

Il Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha gridato: “Le tasse uccidono l’economia”. È vero. Il governo Monti ha operato caricando sulla schiena degli italiani 50 mld di nuove tasse perché vi era l’urgenza di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, anche in base al tassativo impegno che aveva assunto Silvio Berlusconi, firmando la famosa lettera d’impegni di 18 punti.
Molto lento è invece il processo di taglio della spesa pubblica improduttiva, per le ovvie resistenze che tutti i destinatari esercitano in modo da restare privilegiati.
Essi sono dei vampiri che, come tutti i parassiti, succhiano il sangue degli italiani che lavorano. La prima categoria di parassiti è formata dal ceto politico. Non tutti ovviamente, perché fra loro vi sono persone intelligenti, capaci, preparate, che si sacrificano e servono con alto senso di responsabilità.
Il guaio è che gli eletti in Italia, dal presidente del Senato all’ultimo consigliere circoscrizionale, sono ben 165 mila, un numero enorme e sproporzionato ai 60 milioni di abitanti. Ma c’è di peggio. Attorno ad essi ruotano quasi 2 milioni di persone che sperperano il danaro pubblico perché oggetto di clientelismo e di favoritismo, due cancri peggiori della mafia.

Spostare le risorse dalla spesa improduttiva a quella necessaria agli investimenti e all’apertura dei cantieri è un’impresa improba, ma indispensabile. Tutti sanno la differenza fra gli stipendi inutili e quelli che moltiplicano il valore aggiunto. Occorre perciò che il Governo, col prossimo decreto di giovedì 4 ottobre, dia un taglio decisivo sia ai 165 mila eletti, riducendoli almeno alla metà, che ai due milioni di parassiti che girano attorno al ceto politico, riducendoli anche in questo caso almeno alla metà.
Vi è poi un’altra fonte di spesa improduttiva: gli interessi sul debito pubblico che oscillano fra gli 80 e gli 85 miliardi. Non si capisce perché il Governo non abbia messo mano al suo abbattimento attraverso la vendita del patrimonio mobiliare e immobiliare, stimato in circa 500 miliardi, perché solamente con l’avanzo finanziario tale debito non può decrescere. Non si capisce, poi, perché il Governo non abbia tagliato 17 mld per l’acquisto dei caccia F35.

 
L’Italia è un Paese che ha i fondamentali in ordine. Primo fra i quali il patrimonio privato che è formato da oltre 3.000 miliardi di mezzi finanziari e di oltre 5.000 miliardi di cespiti immobiliari. Insieme sono 4 volte il debito pubblico, ancora distante dai 2.000 miliardi.
L’esportazione va molto bene: macchine e utensili, prodotti agricoli, servizi informatici ed altri incrementano il loro valore perché vanno in quei Paesi in cui la recessione si sente poco. Ovviamente questi dati positivi riguardano il Nord Italia e non il Sud, ove non c’è l’apparato produttivo.
Il Mezzogiorno deve cominciare la crescita eliminando l’assistenzialismo e chiedendo risorse per aprire cantieri in tutto il territorio delle otto regioni, in modo da costruire quelle infrastrutture indispensabili per diventare competitivo. Ma deve anche creare una sorta di calamita (un mix di efficienza e funzionalità) per attirare gli investimenti internazionali, pronti a venire qualora le autorizzazioni vengano rilasciate in 30 giorni.

In questo quadro, assume un ruolo fondamentale la legge contro la corruzione. Essa è lo scambio di danaro o appalti, o posti di lavoro, o favori per ottenere benefici politici. La conseguenza è che chi ottiene questi favori blocca la concorrenza e la competitività, creando privilegi e uscite non dovute per realizzare opere e servizi. In altre parole è indispensabile inserire nel sistema pubblico, con la massima urgenza, la competenza, mettendo alla porta l’appartenenza.
Il ceto politico, dal suo canto, deve procedere alla depurazione della dirigenza burocratica revocando i contratti a quei soggetti incompetenti ed inutili, e scegliendo professionisti di alta qualità, determinata non solo in base al curriculum, ma soprattutto in base ai risultati raggiunti in precedenza.
Il Governo Monti ha sei mesi davanti. Può fare le riforme indispensabili che i partiti non sono capaci di realizzare, mettendoli di fronte all’aut-aut, per dimostrare all’opinione pubblica chi è dalla parte dei cittadini e chi, invece, è contro.
Per finire, rileviamo che il partito di Grillo è in forte crescita. Così potrà mandarsi a fanculo da solo.

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