Il triste destino del Vittorio Emanuele, da riferimento a punto interrogativo della cultura cittadina. L’attività è ancora sospesa fino a data da destinarsi. La stagione è a serio rischio
MESSINA – “Il nostro obiettivo principale è rendere il Teatro una vera Cattedrale della Cultura”. “Dirigenti incapaci… andate a casa”.
Le due frasi (la prima dell’ex presidente dell’Ente Teatro Vittorio Emanuele, Luciano Ordile, la seconda stampata su uno striscione appeso alla facciata di Via Garibaldi fino a qualche giorno fa a firma dei sindacati) raccontano da sole e in maniera più che eloquente gli anni di gestione “buzzanchiana” del teatro messinese. E se non dovessero bastare, si potrebbero andare a ricercare altre immagini, altri episodi, come gli orchestrali che minacciano di riconsegnare al Comune le tessere elettorali oppure il sonnellino del Sovrintendente Paolo Magaudda durante la replica di uno spettacolo di produzione propria per la regia di Ninni Bruschetta (candidato alle prossime elezioni regionali) e con Maurizio Marchetti (candidato alle prossime elezioni regionali, a riprova che per fare teatro la politica serve eccome), allorquando il pesante ronf ronf del nostro riempì tutto l’edificio causando un effetto comico involontario.
Non c’è niente da ridere, però, nella vicenda riguardante il Vittorio Emanuele. Innanzitutto perché l’assessorato regionale ha inviato la notifica dell’avvio del procedimento di scioglimento del Cda provvedendo anche alla nomina di un commissario straordinario: Fulvio Cintioli, avvocato amministrativista e docente di Istituzioni di diritto pubblico alla facoltà di Economia dell’Università di Messina. In secondo luogo perché il Teatro continua a non pagare dipendenti, maestranze e soprattutto artisti, anche a oltre sei mesi dalle date delle repliche. Infine, cosa forse più importante, perché le attività sono e rimangono sospese fino a data da destinarsi, e dunque per questa stagione è possibilissimo che la città non avrà una propria stagione teatrale. E questa sarebbe né più né meno la naturale conseguenza di un percorso fallimentare iniziato proprio con la frase riportata in apertura (allorquando il democristiano della prima ora Ordile veniva riportato in auge quasi come in una scena di “Cocoon, l’energia dell’universo”, con accanto il Cda composto dal fratello del presidente della Provincia, una parente di un ex candidato sindaco, politici di professione e sodali ma mai – figuriamoci – esperti del settore), continuato con le dimissioni dell’assessore al ramo Ardizzone (aveva piazzato lui Ordile) e con Buzzanca che decideva di tenere per sé la delega, e terminato con il crack finanziario.