Diritto al lavoro che produca ricchezza - QdS

Diritto al lavoro che produca ricchezza

Carlo Alberto Tregua

Diritto al lavoro che produca ricchezza

giovedì 18 Ottobre 2012

Basta precari, servono i talenti

Chi sono i precari? Spettabili cittadini che sono stati chiamati nella Pubblica amministrazione con contratti a tempo determinato di vario tipo, ad uno ad uno, in base alla raccomandazione di questo o quell’uomo politico. Nessuno di loro ha affrontato e superato concorsi pubblici, come prevede l’articolo 97 della Costituzione, salvo quelle ridicole selezioni come hanno fatto alla Regione in occasione dell’assunzione di 4.847 dipendenti a tempo indeterminato, nel gennaio 2011.
Sulla Gazzetta ufficiale regionale era, infatti, scritto che per superare tale selezione bastava essere capaci di fare una fotocopia, eventualmente  anche sul retro, e di apporre un timbro. 4.847 dipendenti assunti così. Roba da terzo mondo.
Si dice che le assunzioni di tal fatta costituiscono un ammortizzatore sociale. Chi lo dice è in mala fede perché sa che si diffonde la diseducazione al lavoro, quello serio, quello produttivo, quello che produce ricchezza. Inoltre, quando un dipendente regionale esce la sera con amici, dipendenti del settore privato, dal confronto del lavoro svolto emerge una differenza sostanziale di impegno ed anche di attaccamento al lavoro stesso.

Se anzicché mettere a carico del bilancio regionale 5 mila nuovi dipendenti, se la Regione, comportandosi in modo serio, ne avesse messi in disponibilità (art. 16 legge 183/11) altri 8 mila con l’80 per cento dello stipendio, se avesse tolto ai restanti di godere di un terzo in più di stipendio rispetto agli statali, avrebbe potuto liberare risorse con le quali finanziare le opere e i servizi per i quali sono disponibili i fondi europei, bloccati proprio per mancanza del cofinanziamento regionale.
Così si sarebbe messa in moto la macchina economica con la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro produttivo, ai quali avrebbero potuto accedere quei precari assorbiti senza alcuna necessità dalla Regione stessa.
La scelta di fondo era chiara: aprire i cantieri per produrre ricchezza o fare un’attività clientelare per chiedere ad ognuno dei clienti il voto e la propaganda politica. Così ha fatto la giunta Lombardo che proprio in queste settimane sta utilizzando componenti del gabinetto degli assessori, dirigenti e assessori medesimi per andare a racimolare ogni voto, promettendo cose che non potrà mai mantenere.
 

Purtroppo non abbiamo sentito, dai candidati a presidente (10 per un posto da 300 mila euro l’anno), né dai candidati al seggi dell’Assemblea regionale (20 per ognuno di essi) che costano altre 300 mila euro l’uno, la ferma e chiara intenzione di mettere a posto i conti della Regione, perché avrebbero dovuto comunicare come i circa sessantamila questuanti, che aspettano un’indennità o uno stipendio qualunque, sarebbero stati mandati a casa.
In Sicilia avverrà quello che è successo in Grecia. Arriveranno i commissari parlamentari (art. 8 dello Statuto) per rimettere in ordine i conti e liberare risorse per gli investimenti, previo scioglimento dell’Assemblea regionale e dimissioni obbligatorie del presidente, quando non riusciranno ad approvare la legge di stabilità della Regione, nel termine ultimo del 30 aprile 2013.
Ciò accade perché i temi di questa campagna elettorale sono vecchi, usurati. Non c’è alcuna novità. Promesse, promesse e promesse, che regolarmente non potranno essere mantenute per una semplice ragione: non ci sono più soldi.

Il disegno di legge di stabilità, deliberato martedì 9 ottobre dal Consiglio dei ministri e in corso di approvazione parlamentare, prevede ulteriori tagli dei trasferimenti alla Sicilia. La quadratura del bilancio 2013 si potrà fare solo se verranno eliminate spese per 3,6 miliardi, il cui elenco è stato da noi più volte pubblicato. Altro che stabilizzare i precari!
Crediamo che nessuno degli 80 deputati eletti, oltre gli 8 del listino, presidente, capo dell’opposizione (totale 90) approverà una legge che mandi i precari a casa. Ma se così non faranno, non potranno approvare la legge di stabilità.
I nuovi eletti si troveranno in una tenaglia che non potranno assolutamente allargare: tagliare la spesa improduttiva o non approvare la legge. Ecco perchè l’orizzonte è buio e non consente il benché minimo ottimismo. Peraltro i siciliani si preparano a dare un forte segnale ai nuovi eletti: solo la metà li voterà. L’altra metà non li voterà per non legittimarli, con un effetto finanziario altrettanto importante: pochi voti, pochi rimborsi elettorali.

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