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Palermo – Partecipate, dipendenti, esperti: ecco perché il Comune può fallire

Luca Mangogna

Palermo – Partecipate, dipendenti, esperti: ecco perché il Comune può fallire

sabato 10 Novembre 2012

Si è incrementato l’impegno per le società esterne, è cresciuto l’ammontare dei debiti fuori bilancio. I disastri nei conti e l’evoluzione della spesa corrente da Cammarata a oggi

PALERMO – È ormai scontato parlare di rischio default per il Comune di Palermo. Il rischio, derivato da una serie di fattori, fra il peso ormai insostenibile delle società partecipate e la costante diminuzione dei trasferimenti statali e regionali, è covato nelle radici che sono state alimentate nel tempo da gestioni carenti della macchina amministrativa. Dal momento del suo insediamento, avvenuto a maggio, il sindaco Leoluca Orlando, e ancora prima il commissario straordinario Luisa Latella, operativo da gennaio all’elezione del primo cittadino, hanno rimarcato come la sofferenza di cassa del Comune di Palermo, non sia derivata solo dalle sfavorevoli congiunture economiche della crisi mondiale.
 
A finire nell’occhio del ciclone dunque, per l’ennesima volta, non può che essere la gestione di Diego Cammarata che nel corso dei suoi due mandati da sindaco, non ha certo contribuito a rendere meno instabile la posizione economica dell’ente pubblico. I fattori che più hanno pesato nel bilancio comunale sono tre: la costante ascesa dei costi e dei contratti di servizio delle società partecipate, il numero sproporzionato di dipendenti e di consulenze esterne e la discutibile leggerezza nel far ricorso allo stratagemma dei debiti fuori bilancio.
Nel 2007 al termine del primo mandato Cammarata, come debiti fuori bilancio, iscritti per sentenze diventate esecutive, si è toccata la cifra di 15 mln 524 mila euro, mentre fra le partecipate, l’Amia nel corso di un solo anno, fra il 2006 e il 2007, ha di fatto più che raddoppiato i flussi di cassa garantiti dal Comune, passando da 80 a quasi 170 milioni. Quasi triplicato invece è stato il costo dell’Amat passato dai quasi 12 mln del 2006 ai 29 mln 800 mila euro circa dell’anno successivo. Leggermente più lenta è stata la crescita dei costi per la Gesip che dai 37 mln circa del 2007 ha toccato la cifra record di 81 mln nel 2009, quando è arrivata a perdere quasi 900 mila euro al mese ed è stata messa in liquidazione a fine anno.
 
Nel 2011 al termine del secondo e ultimo mandato Cammarata, il costo delle partecipate è lievitato sino a 293 mln di euro (pari al 37 per cento di tutto il consuntivo), in diminuzione rispetto ai 309 mln dell’anno precedente, ma ancora superiore ai 255 mln del 2007 che fecero registrare un aumento monstre, visto che nel 2006 il peso delle partecipate era quantificato in 146 mln circa. In leggera diminuzione i debiti fuori bilancio: l’ultima gestione Cammarata ne ha maturati 13, 5 mln, circa la metà rispetto i 31 mln registrati l’anno precedente. La spesa per il personale, che ammonta a 278 mln per 9.579 dipendenti, supera invece il budget imposto e previsto dalla legge. Dai dati registrati dalla Ragioneria Generale si è evidenziato infatti che il rapporto della spesa per il personale è del 61, 57 per cento, superando lo sbarramento del 50 per cento di spesa previsto dalla legge (art. 76 comma 7 del DL n 112/2008), ponendo così il divieto a ogni assunzione o consulenza esterna.
 

 
Debiti, il Comune ne paga la metà

PALERMO – Nel 2007, al termine del primo mandato da sindaco di Diego Cammarata, il Comune di Palermo presentava una lunga serie di criticità, evidenziate dalla relazione dei revisori dei conti. La prima fra questi era l’elevata cifra dei debiti fuori bilancio, attestata sui 26 mln 385 mila euro, e l’entità dei procedimenti di esecuzione forzata attorno ai 6 mln 133 mila euro. Entrambe le problematiche comunque erano in diminuzione rispetto l’anno precedente, cosa che non si poteva dire delle restanti criticità.
Innanzitutto i residui attivi, il cui ammontare complessivo di circa 1,5 mln, come sottolineato nella relazione dei revisori, poneva in evidenza il permanere di una bassa percentuale di riscossione, con crediti che rimangono cristallizzati nel tempo. La più grave delle criticità è però il disallineamento fra i dati contabili del Comune e quelle delle società partecipate. Per esempio, solo all’Amia, nel 2007 su 79 mln di crediti esposti nel bilancio dell’azienda nei confronti del Comune, quest’ultimo non ne riconosceva più di 54. Quattro anni dopo, ultimo di gestione Cammarata, poco è cambiato. Sono rimasti i debiti fuori bilancio (13,5 mln) e i residui attivi (poco più di 1 mln), è aumentata la spesa per il personale (278 mln) e permangono costanti i disallineamenti, attestati a 73 mln per tutto il 2011, in cui spiccano quelli con Amia (24 mln), Amat (23) e Amap (15).

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