Il guaio della Pa è lo stipendio comunque - QdS

Il guaio della Pa è lo stipendio comunque

Carlo Alberto Tregua

Il guaio della Pa è lo stipendio comunque

mercoledì 21 Novembre 2012

Nessuno decide, nessuno sanzionato

è ormai noto (tutti gli studi lo confermano) che la pubblica amministrazione in Italia costa 40 miliardi, due punti e mezzo del Pil. Se fosse come quella anglosassone, tale importo potrebbe essere utilizzato per fare sviluppare l’economia e aumentare i servizi sociali, i quali potrebbero crescere per qualità e quantità solché si tagliassero con la scure gli apparati che vi stanno dietro. Quando la parte dei sindacati conservatori, ex comunisti, parla di macelleria sociale, lo fa in malafede, perché vuole appositamente confondere l’apparato dai servizi medesimi.
L’apparato non è una cosa misteriosa, bensì quella pletora di persone inutili che sta dietro gli uffici a scaldare sedie, persone entrate in violazione dell’art. 97 della Costituzione (cioè per concorso) solo perché sono state raccomandate da un ceto partitocratico che ha scambiato il voto col bisogno: un comportamento lurido.

Tagliare gli apparati significa tagliare la spesa improduttiva e inutile e fare emergere risorse da investire in supporto al sistema produttivo e per l’apertura dei cantieri di opere pubbliche, nonché per la ripresa di quell’importantissimo settore che è l’edilizia.
Ogni attività che produce ricchezza s’infrange nella pubblica amministrazione, la quale non funziona ed è immobilizzata non perché vi siano all’interno cattivi dirigenti o dipendenti (costituiscono una minoranza), ma perché qualunque cosa si faccia, bene o male, o non si faccia, lo stipendio arriva comunque. Non c’è la necessaria connessione tra stipendi e  servizi prodotti, né il raffronto tra obiettivi e risultati.
Nella Pa è sconosciuto il Piano aziendale che fonda nella sua prima sezione (programmazione) la fissazione degli obiettivi. Tutto questo, insieme alla cultura del favore, secondo cui molti dirigenti e dipendenti aspettano la telefonata di sollecito per fare camminare le pratiche ed emettere i provvedimenti amministrativi (o eventualmente negarli), crea una paralisi decisionale che però non è sanzionata.
La conseguenza è che vi sono dirigenti e dipendenti che fanno marciare le cose, perché vogliono essere in pace con la propria coscienza, umana e professionale, e altri che se ne infischiano altamente del servizio al cittadino.

 
Come accade sovente in questi casi la moneta cattiva scaccia quella buona (legge di Gresham). Col che, pian piano, i bravi dirigenti e dipendenti, percependo lo stesso stipendio dei cattivi dirigenti e dipendenti, si disgustano, si disamorano e si allontanano dagli standard operativi ai quali sono abituati, ripetiamo, in osservanza alla propria coscienza.
Se lo stipendio fosse suddiviso in una metà fissa, come necessario sostentamento, e una metà variabile che si percepisce in funzione dei risultati raggiunti, cambierebbe tutta la filosofia del lavoro pubblico perché ognuno, facendo bene i propri conti, troverebbe conveniente lavorare meglio e di più, nelle stesse ore di lavoro o magari sforando, come avviene nelle imprese private piccole e medie.
Ma perché ciò avvenisse occorrerebbe un ceto politico esemplare che facesse lo stesso. Non come fanno i parlamentari presenti nel loro posto di lavoro (Parlamento), sì e no, due giorni la settimana.

È il modello organizzativo della pubblica amministrazione che deve cambiare radicalmente. Le piante organiche non hanno nessun collegamento con le mansioni da svolgere perché a monte di esse non vi è il Piano aziendale. Con esso, prima vanno fissati i servizi, nelle diverse tipologie, per qualità e quantità, e solo dopo individuate le figure professionali necessarie per la produzione dei servizi medesimi.
In atto, invece, è affidata alla discrezionalità dei dirigenti, sobillati dai sindacati conservatori, la determinazione delle piante organiche. Nessuno tra essi, da noi interpellati, ci ha mai saputo spiegare le motivazioni in base alle quali vi sono tot dipendenti e tot dirigenti. Perché essi non sanno a quali obiettivi debbono puntare.
Sulla riforma della pubblica ammnistrazione e sulla semplificazione delle procedure amministrative, hanno battuto il cranio tanti ministri della Funzione pubblica in questi 20 anni, di Destra e di Sinistra. Gente senza attributi mentali che farebbe bene a togliersi dai piedi anziché concionare.

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