La povertà delle famiglie siciliane causata dal numero del nucleo - QdS

La povertà delle famiglie siciliane causata dal numero del nucleo

Gaetano Cusimano

La povertà delle famiglie siciliane causata dal numero del nucleo

giovedì 13 Agosto 2009

Secondo l’Istat nell’Isola il 28,8 per cento della popolazione vive in condizioni di povertà. Nella graduatoria segue la Basilicata mentre la media italiana è dell’11,3%

PALERMO – Non hanno fatto notizia, né svegliato dal tradizionale torpore di categoria i nostri politici, i risultati dell’indagine sulla povertà in Italia nel 2008: 2 milioni 737 mila famiglie, pari all’11,3 per cento delle famiglie residenti si trovano in condizione di povertà relativa; sono 8 milioni 78 mila gli individui poveri, il 13,6 per cento dell’intera popolazione.
Ora bando alle chiacchiere e tentiamo di saperne di più sulla dimensione e sulla dinamica del fenomeno a scala nazionale e soprattutto regionale.
La Sicilia, diciamolo subito è al primo posto nella graduatoria decrescente delle regioni italiane secondo l’incidenza di povertà relativa, con il 28,8 per cento delle famiglie povere, denunciando un leggero aumento rispetto al 2007 (+1,2 punti percentuali) ed una leggera contrazione rispetto al 2006 (-0,1 punti percentuali).  
Conviene preliminarmente ricordare che l’incidenza della povertà relativa, calcolata come percentuale delle famiglie relativamente povere sul totale delle famiglie residenti viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi.
La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è rappresentata dalla spesa media mensile per persona, che nel 2008 è risultata pari a 999,67 euro (+1,4% rispetto alla linea del 2007). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificate come relativamente povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando una opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti. Aggiungiamo che la soglia di povertà relativa è calcolata sulla base della spesa familiare rilevata dall’indagine annuale sui consumi, condotta su un campione di circa 28 mila famiglie, estratte casualmente in modo da rappresentare il totale delle famiglie residenti in Italia.
Nel 2008 la graduatoria delle regioni italiane è aperta dalla Sicilia e dalla Basilicata, con un’incidenza di povertà relativa pari a 28,8 per cento, e chiusa dall’Emilia Romagna (3,9 per cento) preceduta dalla Lombardia (4,4 per cento), contro una media dell’11,3 per cento dell’Italia, rispetto alla quale denunciano un’incidenza maggiore solo le otto regioni del Mezzogiorno.
A spiegare questa rilevante variabilità territoriale concorre fra l’altro la dimensione delle famiglie, più numerosa nel Mezzogiorno, la sua composizione: se i figli hanno meno di diciotto anni, se ci sono anziani. La povertà è inoltre associata a bassi livelli di istruzione della persona di riferimento, a bassi profili professionali (operaio o assimilato, impiegato o dirigente) e, soprattutto, all’esclusione dal mercato del lavoro (disoccupati).
 
Per fare qualche esempio, purtroppo riguardante il Mezzogiorno, l’incidenza di povertà relativa di una famiglia con 5 o più componenti è più che doppia di quella con un solo componente (38,1 contro 17,3 per cento); è più che doppia l’incidenza delle famiglie senza titolo di studio della persona di riferimento rispetto a quella con la media superiore e oltre (33,2 contro 11,9 per cento); anche la condizione professionale svolge un ruolo: l’incidenza raddoppia passando dalle famiglie con persona di riferimento occupata a quelle in cerca di occupazione (19,7 contro 47 per cento).
Il grafico allegato contiene un’interessante informazione sulla dinamica dell’incidenza di povertà relativa rispetto al 2007. Si scopre immediatamente che 9 regioni su 20 hanno registrato un miglioramento nell’incidenza di povertà relativa, di cui solo due nel Mezzogiorno (Sardegna e Puglia), di entità compresa fra 3,5 punti percentuali in Sardegna e 0,2 punti percentuali in Friuli Venezia Giulia; le restanti 11 regioni hanno invece registrato un peggioramento di entità compresa fra 0,1 punti percentuali nel Lazio e 10,8 punti nel Molise, di cui sei nel Mezzogiorno e cinque nel Nord.

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