Un giorno dentro il “Palazzo di Cemento” abusivi e degrado, ma nessun intervento - QdS

Un giorno dentro il “Palazzo di Cemento” abusivi e degrado, ma nessun intervento

Melania Tanteri

Un giorno dentro il “Palazzo di Cemento” abusivi e degrado, ma nessun intervento

venerdì 03 Aprile 2009

L'emergenza. Catania, edilizia popolare senza alcuna gestione.
La testimonianza. Una famiglia racconta la propria storia: “Siamo occupanti abusivi, ma non ci hanno dato altre possibilità. Vorremmo andare via immediatamente da questo schifo”.
Il dramma. Immondizia e topi, fili elettrici scoperti, continui incendi. Con gli spacciatori giorno e notte. Ma le autorità costituite restano a guardare. E si riaffacciano in campagna elettorale.

CATANIA – Mentre il Governo nazionale è alle prese con il piano casa, a Catania l’emergenza abitativa si fa sempre più grave. Il Palazzo di Viale Moncada 3 a Librino, meglio noto come Palazzo di Cemento, è il triste simbolo di uno stato di cose che, nella città etnea, va avanti da decenni. E, mentre giornali e televisioni continuano a dare del fenomeno la versione strappalacrime, sottolineando l’illegalità dominante all’interno del Palazzo e il traffico di armi e droga, negli appartamenti occupati si consumano vere e proprie tragedie di miseria e povertà, di mancanza di quella libertà di cui tutti ci riempiamo la bocca, speso non comprendendone appieno il significato.

La vicenda capitata alla famiglia Aurora è emblematica nel far capire le volontà sociali e politiche relative all’esistenza del palazzo di Cemento. “Lo scorso 8 marzo – racconta la signora Anita, residente abusiva dell’edificio di viale Moncada  – è scoppiato un incendio al quinto piano, proprio sotto il nostro appartamento. I Vigili del Fuoco, constatando il cedimento del soffitto, hanno fatto “sloggiare” (come scritto nel verbale) me, mio marito e i nostri due figli, mentre il personale di Polizia Municipale “stava disponendo per una sistemazione provvisoria”. A quel punto – continua stanca la signora Anita – è iniziato il calvario: siamo stati alloggiati per due notti in una pensione, dopodiché ci hanno trasferiti in una casa famiglia di via Orfanotrofio. Qui non siamo rimasti a lungo: le condizioni igieniche precarie e la mancanza di qualsiasi cosa, anche di lenzuola e asciugamani, ci hanno convinto a rivolgerci a Suor Lucia, che, tramite Marco Belluardo – Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Catania – ci ha mandati all’Istituto Regina Elena dove – conclude la signora Anita – siamo rimasti 15 giorni, e poi siamo tornati in mezzo alla strada, senza un tetto sulla testa. A quel punto, l’unica soluzione rimasta è stata quella di ritornare ad occupare abusivamente un appartamento del Palazzo di Cemento”.

Lo sottolinea quel termine, abusivamente, la signora Anita, quasi a voler urlare la volontà di affrancarsi una volta per tutte da quello stato di illegalità e di inesistenza e non avere alcuna alternativa per riuscire in questo intento. “Ho quattro figli – spiega – e due di loro sono detenuti a Bicocca; gli altri due, invece, i più piccoli, vanno a scuola regolarmente, studiano e hanno amici. Non avere alternative costringe me e mio marito a questo stato di cose, a vivere in questo posto inumano, pieno di immondizie e di ogni altro genere di pericolo, precludendo il futuro ai nostri bambini. Non siamo tutti delinquenti, non siamo tutti spacciatori.”
Lo conferma la signora Maria, il marito operato ha un grosso buco in gola: “Se qualcuno ci desse una casa, una roulotte, una tenda, qualsiasi cosa – afferma – noi andremmo via immediatamente da questo schifo. Ma dove andiamo?”. Ci si chiede come mai le autorità costituite abbiano lasciato che il Palazzo di Viale Moncada 3 si sia trasformato nel Palazzo di Cemento; sono in tanti a domandarsi come mai sia ancora in piedi e soprattutto, come si possa lasciare che decine e decine di persone, la maggior parte bambini, crescano nel degrado più assoluto.
“Ci dicono che siamo abusivi e che per questo non abbiamo diritto alla casa popolare – spiega Anita – e quindi siamo costretti a vivere così, tra immondizia e topi, i fili elettrici allo scoperto, in un palazzo precario, in cui un crollo o un incendio potrebbe, in un attimo, ammazzarci tutti”.

Vien da pensare che il Palazzo di Cemento non sia solo un luogo fisico, ma che rappresenti le parole al vento, le mancate intenzioni, l’apatia politica di fronte a  certi drammi. Vien da pensare che il Palazzo di Cemento debba esistere inevitabilmente. È un problema collettivo, invece, e la collettività intera ha il dovere di assumersi il compito di trovare adeguate soluzioni, rinunciando all’ipocrisia di chi addita l’illegalità, di chi lo usa in campagna elettorale, di chi lo vuole perché conviene tenerlo in piedi.


L’assessore Belluardo: “Ci stiamo attrezzando”

 

CATANIA – Per quanto riguarda la famiglia Aurora, il Comune avrebbe agito secondo l’art. 25 del regolamento comunale per l’erogazione dell’assistenza economica (per i nuclei familiari in stato di accertato bisogno economico, a seguito di intimazione di sgombero per inagibilità dei locali verificata dagli organi competenti, ove questo determini il rilascio coattivo dell’alloggio, l’amministrazione comunale interviene con alloggio d’emergenza, presso strutture accreditate, per un massimo di giorni 15 rinnovabili esclusivamente per una volta). Relativamente alle famiglie del Palazzo di Cemento, però, si potrebbe  applicare l’art. 24 dello stesso regolamento, che prevede per le stesse motivazioni previste dall’art. 25, l’erogazione “al nucleo familiare indigente un buono casa per la durata massima di un anno. Tale beneficio si estende alle famiglie che liberino un alloggio di proprietà comunale o dell’Iacp occupato abusivamente prima del 31/12/1995”. Anche se non si comprende bene la differenza tra chi ha occupato per bisogno prima e chi dopo dicembre 1995, questo potrebbe essere, previa piccola modifica, lo strumento normativo per affrontare lo scandalo costituito dal Palazzo. Oggi purtroppo – afferma l’assessore Belluardo – non abbiamo gli strumenti economici per affrontare la questione, ma ci stiamo attrezzando, inserendola nella programmazione degli interventi  e delle risorse per il 2010-2012, nell’ambito della legge 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, un’opportunità da non perdere”. Sorprende che la condizione di occupanti abusivi sia prevista dalla stessa amministrazione, e che mai niente sia stato fatto quando le casse comunali non piangevano come oggi.

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