Ecco come il pomodoro ciliegino passa da 70 cent a 4 euro al chilo - QdS

Ecco come il pomodoro ciliegino passa da 70 cent a 4 euro al chilo

Massimo Mirabella

Ecco come il pomodoro ciliegino passa da 70 cent a 4 euro al chilo

giovedì 13 Agosto 2009

Il business del trasporto, della logistica e della Gdo alimenta un mercato a scapito dei consumatori. Raccolto a Vittoria, confezionato a Fondi, rivenduto in Sicilia: così rovinano i produttori

VITTORIA (RG) – Lo conoscevamo come “fattore Zeta”. Di questo parlava qualche anno addietro Bruno Vespa a Porta a Porta, ma l’argomento teneva banco anche in svariate trasmissioni televisive e radiofoniche di economia, così come di attualità. Niente di misterioso e nessuna sigla politica segreta si celava dietro il “fattore Zeta”.
Al contrario si trattava dello spropositato prezzo raggiunto in quegli anni dagli ortaggi e dai generi alimentari di prima necessità e il “fattore Zeta” altro non era che il prezzo delle zucchine genovesi. Ortaggio che, per i suoi prezzi al dettaglio ingiustificati, era diventato simbolo di un malessere e di un sistema marcio, è il caso di dire, che vede assieme, cattiva organizzazione, malavita e sfruttamento del lavoro in nero.
E gli elementi di questo giallo sono tutti spiegati così come i suoi effetti: produttori che gudagnano pochi centesimi al chilo, una ricca manciata di grossisti ed intermediari che si arricchiscono ad ogni passaggio tra campo e Gdo (Grande distribuzione organizzata), e il cliente finale che arriva a pagare il prodotto agricolo fresco anche il 1000% in più rispetto al primo passaggio.
Che la mafia faccia affari nei campi ormai si sa, anzi sembra proprio che la mafia sia nata nei campi, con i controllo del prezzo della merce, con lo sfruttamento dei lavoratori e, più recentemente, con l’imposizione di mezzi e intermediari. Si potrebbe quindi dire con piu’ correttezza che la mafia dai campi non ne sia mai uscita.
I guadagni della malavita e tutti i passaggi di questo perverso meccanismo intaccano l’onore dell’agroalimentare italiano. E la mafia, oltre a guadagnare con l’impiego in nero di manodopera locale ed extracomunitaria pagata di gran lunga sotto quanto stabilito dalle leggi, guadagna anche nei vari passaggi di mano, dal produttore al consumatore. E sono tutti passaggi “obbligati” per il prodotto.
Il monopolio della malavita, così come è stato più volte denunciato, riguarda il trasporto, ma anche la distribuzione fino alla gestione diretta dei supermercati. Il conto è presto fatto. E poi subentra il fattore prezzo, elemento di guadagno per alcuni che viene scaricato interamente sulle spalle delle famiglie italiane.
“Come si spiega – racconta un operatore del mercato di Vittoria, in provincia di Ragusa, uno dei più importanti di Italia per l’ortofrutta – che se il prezzo cala alla produzione nei grandi supermarket del centro-nord, rimane invece sempre costante al dettaglio, mentre se, ad esempio, una gelata o una malattia decima il raccolto, il prezzo lo stesso giorno nei loro banconi raddoppia?
Si tratta di un ago della bilancia che oscilla in un senso solo”. Proprio a Vittoria recentemente ci sono stati casi di denuncia di racket e incendi misteriosi su cui lavorano sia le Forze dell’ordine che la politica locale. Perché una buona e sana gestione del grande mercato all’ingrosso non può non passare attraverso un codice etico antiracket che coinvolga tutti gli operatori, se non si riescono a tagliare i tentacoli che avviluppano questo mercato non si può avere vero sviluppo e si perpetuerà il sistema per il quale agli imprenditori andranno comunque le briciole, mentre il piatto piu’ ricco alimenterà le casse di Cosa Nostra.
Ma il vero guadagno della mafia non è solo nella gestione diretta dei campi. Come hanno recentemente scoperto gli investigatori, i veri guadagni si formano nel momento del trasporto, grazie al monopolio assoluto che la malavita ha delle ditte di stoccaggio e trasporto delle pedane di ortaggi.
Spesso si tratta di viaggi che non trovano giustificazione, se non per tenere in vita il sistema e garantire lavoro ai propri “dipendenti” e guadagni per le compagnie controllate.
Un carico di ciliegino (varietà di pomodorino) di Vittoria, per essere rivenduto in Sicilia con i parametri richiesti dalla Gdo, è costretto da questo perverso sistema a compiere migliaia di chilometri dal campo, al mercato all’ingrosso, per arrivare al mercati di Fondi, in provincia di Latina, per l’omogenizzazione e inscatolamento, per poi ritrovarlo, cosi’ confezionato, nei supermercati siciliani.
Una piattaforma produttiva, quindi, che sulla piazza siciliana non riesce a sposare una piattaforma logistica e distributiva degna delle richieste della Gdo. E queste mancanze si trasformano in passaggi su cui la mafia fa i suoi affari.
“Stando alle ultime quotazioni all’ingrosso – spiega Giuseppe Drago, presidente provinciale della Cia di Ragusa-  il “ciliegino di Vittoria” raggiunge i 60/70 centesimi, mentre il “rosso grappolo” i 20/30 centesimi. Confrontando i prezzi alla vendita nei supermarket si scopre, per esempio, che ben il 40% del valore del prodotto confezionato e venduto al dettaglio alimenta i ricavi della Grande distribuzione”. Il resto del guadagno e’ diviso tra trasporto e intermediari. Al produttore spesso, contro una quotazione al dettaglio di 4 euro al chilogrammo, non rimangono che in mano appena che spiccioli.
Per cambiare musica basterebbe un controllo maggiore sugli operatori e su quanti gravitano attorno a questo business e l’istituzione di una piattaforma logistica per l’imballaggio e la spedizione gestita direttamente dalle cooperative dei produttori. In questa maniera tutto il guadagno rimarrebbe nelle mani di chi veramente dedica la vita a questa professione.

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