“Non me lo so spiegare. Io sono stato condannato ma nessuno mi ha mai spiegato il perché. Esattamente come avveniva nei Gulag sovietici. Il presidente Crocetta mi ha mandato una lettera, un giorno, alle ore 19:20, in cui era scritto che non ero più dirigente generale, senza che vi fosse traccia dei motivi. Non ho mai avuto un confronto con lui. Nella lettera c’era solo scritto spoil system. E’ legittimo che qualcuno controlli l’operato di chi amministra e poi, riscontrando l’operato decida il suo futuro, ma io ancora oggi non mi sono fatto un’idea del motivo per cui sono stato sollevato dall’incarico”.
“Ci sono altri dirigenti che hanno stipendi analoghi per cui non ritengo che sia stato questo il motivo per cui sono stato sollevato dall’incarico”.
“Innanzitutto le dimensioni. Il 46% dei dipendenti della formazione professionale italiana sono in Sicilia. In questa maniera si corre il rischio di mettere al centro i formatori e non gli allievi. Poi c’è un’abitudine alla L.r. 24 del 1976 che non è adatta ad utilizzare i fondi comunitari. Questa legge è servita solo a garantire gli stipendi dei formatori.
Un’altra criticità deriva dal fatto che l’oggetto della Legge 24 non è il costo dell’ora di formazione, ma il costo sostenuto dagli enti. Ma a Bruxelles non interessano i costi dell’Ente, interessa che sia fatta la formazione. L’Ue paga ore di formazione, non stipendi”.
“Con l’avviso 20 ho provato a riformare il settore e credo di aver fatto bene, tant’è che su 30 ricorsi presentati al Tar da enti insoddisfatti o esclusi, 30 volte la magistratura ha dato ragione alla Regione”.
“Innanzitutto è stata fatta una riforma amministrativa, il che è insufficiente. Abbiamo fatto un bando, ma non si può pensare che un sistema complesso e grande come quello della formazione possa essere regolamentato da un bando e non da una legge. L’Ars non ha ritenuto di modificare la Legge 24. Gestire un sistema con le regole europee con una legge non adatta ai regolamenti comunitari e allo spirito delle leggi nazionali di questo periodo è una grossa difficoltà.
La seconda difficoltà consiste nel fatto che una parte della politica e una parte (per fortuna minoritaria) delle organizzazioni sindacali, ritiene che culturalmente i dipendenti degli enti di formazione siano dei dipendenti regionali. Questo fa sì che qualunque cambiamento non venga facilmente recepito”.
“Può darsi che questa sia una ragione, sicuramente ci sono commistioni tra politica ed enti di formazione, commistioni note a tutti. Esistono enti di riferimento per i diversi partiti politici. Ma la scelta di non modificare la legge non ha a che fare solo con questo, la politica non sembra aver preso piena coscienza del fatto che, se vuole utilizzare i fondi europei, deve dotarsi di nuovi strumenti legislativi”.
“In questi giorni ha avuto l’ok da Bruxelles ed è stato approvato dal Cipe il Piano giovani che nei prossimi giorni diventerà effettivo. All’interno di questo Piano è prevista una quota di finanziamento abbastanza significativa da destinare a misure di riqualificazione del personale della Formazione, un’altra quota servirà invece come incentivo all’esodo”.
“Io credo che se la Sicilia utilizzerà le risorse europee potrà fare delle cose diverse da quanto fatto sinora con la Legge 24. La strada è grosso modo quella che abbiamo tracciato noi. Se non si vogliono utilizzare queste risorse le strade sono diverse. Intanto bisogna avere i soldi. L’anno scorso in bilancio è stato appostato 0 alla voce formazione quando invece, nel 2011, c’erano disponibili 260 milioni accanto alla voce legge 24”.