Disoccupazione, scatta l’ora dell’Aspi l’Assicurazione sociale per l’impiego - QdS

Disoccupazione, scatta l’ora dell’Aspi l’Assicurazione sociale per l’impiego

Giuliana Gambuzza

Disoccupazione, scatta l’ora dell’Aspi l’Assicurazione sociale per l’impiego

sabato 05 Gennaio 2013

Ha debuttato l’1 gennaio ed entrerà a pieno regime tra 4 anni. Rientra nella riforma del Lavoro del ministro Fornero. Rispetto alle vecchie indennità sono ammesse nuove categorie ma i requisiti diventano più stretti

CATANIA – L’1 gennaio, insieme al nuovo anno, è partita l’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego che entrerà a pieno regime tra quattro anni. Prende il posto delle indennità contro la disoccupazione involontaria e di mobilità. L’istituto, unico per tutti i dipendenti privati e per quelli pubblici a termine, fa parte della riforma del lavoro a firma del ministro Elsa Fornero.
Restano in vigore la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria in caso di ristrutturazioni aziendali. Spariscono le indennità di mobilità, di disoccupazione non agricola ordinaria, di disoccupazione con requisiti ridotti e di disoccupazione speciale edile (in tre varianti).
 
L’obiettivo è rendere più efficiente un sistema che nel 2011 ha protetto quasi 4 milioni di addetti ed è costato oltre 19 miliardi di euro. Per centrarlo, il governo ha deciso di agire in due direzioni. Da una parte, con regole più restrittive per il riconoscimento dello stato di disoccupazione. Dall’altra, con l’allargamento della tutela a nuovi beneficiari come artisti, soci di cooperativa e apprendisti.
In pratica, il nuovo ammortizzatore sociale è destinato a chi è stato licenziato e ha maturato almeno due anni di anzianità assicurativa e un anno di contribuzione nell’ultimo biennio. Per i lavoratori dipendenti che non hanno i requisiti per accedere all’Aspi, spunta una versione ridotta, per la quale sono sufficienti 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. La mini-Aspi viene corrisposta per un periodo pari alla metà delle settimane lavorate nell’ultimo anno, con gli stessi importi dell’assicurazione vera e propria.
 
Dall’assicurazione sociale per l’impiego è escluso, oltre a chi si licenzia tramite dimissioni, il beneficiario di altra forma di indennità: dipendenti a tempo indeterminato delle PA, giornalisti (professionisti, pubblicisti e praticanti), operai agricoli e religiosi. Stesso discorso per i collaboratori a progetto: per loro però viene aumentato, in via sperimentale dal primo gennaio 2013 fino al 2015, il sostegno in un’unica soluzione (fino a 6 mila euro per un semestre di lavoro).
 
Rispetto all’indennità di disoccupazione richiesta da quasi un milione di cittadini nei primi nove mesi del 2012, ci sono da subito due aumenti. Il primo riguarda l’ammontare, in crescita del 15 percento (dal 60 al 75 di uno stipendio medio della categoria di lavoratori), con un tetto massimo di 1.120 euro. Il secondo ha a che fare con la durata che, tra il 2013 e il 2016, salirà da 8 a 12 mesi per chi ha meno di 50 anni e da un anno a 18 mesi per chi ne ha più di 55.
 
È andata peggio ai lavoratori in mobilità (101mila domande presentate nei primi nove mesi dell’anno scorso). Per loro l’Aspi sarà in vigore dal 2017. Nel frattempo, continueranno a ricevere il sussidio solo i dipendenti di aziende industriali con almeno 15 dipendenti o commerciali con minimo 50. In più, i periodi massimi dell’assistenza verranno ridotti. Alla fine i più penalizzati saranno i residenti al Sud con più di 50 anni, che avranno diritto alla nuova polizza per 12 mesi rispetto agli attuali 48 previsti per l’indennità di mobilità (36 al Centro-Nord).
 

 
Efficacia del sistema. Si nutrono dubbi sulla sostenibilità finanziaria
 
Risponde al principio dell’estensione della tutela a più lavoratori licenziati possibili. L’assicurazione sociale per l’impiego, però, genera anche qualche dubbio. A partire da quello sulla sostenibilità finanziaria del sistema. “Un principio di protezione universalistico contro la disoccupazione – precisa sul sito internet Ilsussidiario.net Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano – funziona esclusivamente in quei Paesi in cui la rioccupazione dei lavoratori avviene in tempi relativamente brevi”. L’Italia non sembra essere tra questi: “La politica attiva di reimpiego nei confronti del lavoratore che gode del trattamento fino a oggi è decisamente insufficiente. Gli uffici pubblici per l’impiego non funzionano. Perché non dispongono di strutture, competenze e personale”. All’estremo opposto, c’è chi non considera sufficiente il provvedimento. Non è stata realizzata la possibilità di ritoccare al rialzo il tetto massimo dell’importo della nuova indennità di disoccupazione, così come la sua durata. La proposta era stata avanzata a marzo, in risposta alle critiche di sindacati dei lavoratori, Confindustria e Rete Imprese. (gg)

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