L'Ars chiude al Ponte e apre alla penale - QdS

L’Ars chiude al Ponte e apre alla penale

Rosario Battiato

L’Ars chiude al Ponte e apre alla penale

venerdì 25 Gennaio 2013

Merci da e per Suez, senza l'infrastruttura la Sicilia verrebbe sempre più marginalizzata dall’economia europea. Lo Stato dovrebbe pagare 800 milioni, più 300 già spesi per i primi lavori: un settimo del totale dei lavori

PALERMO – Il Ponte sullo stretto ha un nemico in più e pare ormai destinato a congedarsi dalla storia. Nei giorni scorsi l’Ars ha approvato la mozione di Ferrandelli (Pd) che chiede al governo regionale di revocare definitivamente il progetto per la realizzazione dell’infrastruttura. Un atto che, vista la possibile convergenza che nelle prossime elezioni verrebbe a crearsi tra esecutivo regionale e nazionale, potrebbe definitivamente chiudere l’affare Ponte. Eppure su questo aborto consapevole pesano, oltre che le evidenti ragioni di tipo infrastrutturale per riposizionare la Sicilia al centro degli scambi commerciali del Mediterraneo, anche gli effetti nefasti di una penale che potrebbe sfiorare il miliardo di euro e che andrebbe a ricadere sui cittadini italiani.
È stato Fabrizio Ferrandelli a chiedere al Governo regionale di revocare definitivamente il progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Una votazione scontata alla quale non hanno partecipato i rappresentanti dell’opposizione, che hanno abbandonato l’Aula. Ferrandelli, deputato e segretario della commissione Territorio e ambiente, ha spiegato che, a suo avviso, “il Governo regionale recepirà anche questa mozione e farà quanto in suo potere per revocare definitivamente il progetto e sciogliere la società Messina Ponte, oltre alla contestuale destinazione delle somme a infrastrutture che valorizzino il territorio siciliano e che siano volano per lo sviluppo e la sostenibilità del nostro territorio”. Dalla giunta regionale non si levano voci contrarie e lo stesso Nino Bartolotta, assessore alle Infrastrutture, ha ricordato che comunque il Ponte non è una priorità per ragioni che fanno riferimento alla “sostenibilità economica” e alle questioni ambientali visto che “la conferenza dei servizi non ha ancora messo la parola fine ai rilievi per il rilascio della Via – Vas”.
Insorge invece il centrodestra che del Ponte aveva fatto uno dei cavalli di battaglia delle campagne elettorali precedenti, salvo poi miseramente fallire pur avendo avuto la ghiotta occasione, in alcuni casi, di poter replicare maggioranza regionale e nazionale. Un’occasione persa, ma una vocazione ribadita da Salvino Caputo, parlamentare regionale di Fratelli d’Italia, che ha ripetuto come la Sicilia abbia bisogno di “importanti infrastrutture per migliorare i collegamenti attualmente carenti che limitano lo sviluppo economico della regione”.
A tutto questo si aggiunge la nota perplessità in merito alle penali. Ne ha parlato Giovanni Ardizzone, presidente dell’Ars, che ha annunciato una commissione d’indagine e di studio per valutare le penali dovute alle modifiche delle clausole contratti per il progetto del Ponte sullo Stretto. Ardizzone quantifica le eventuali penali, a carico dei contribuenti italiani, in circa 800 milioni di euro. A questa somma considerevole andrebbero poi aggiunti circa 300 milioni di euro già spesi per arrivare a quota 1,1 miliardi, ovvero la settima parte del costo complessivo di 7,5 miliardi. Se consideriamo che ci sono interessi di importanti investitori stranieri che attendono soltanto un segnale chiaro dal prossimo governo nazionale e che il ponte potrebbe attrarre una porzione di 500 miliardi di euro di merci che ogni anno escono da Suez e non passano dall’Isola, non ci sarebbe nemmeno da riflettere sull’utilità di questa infrastruttura, la cui assenza condanna la Sicilia a restare ai margini d’Europa.

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