Redditometro, la questione fiscale e l’efficacia “anti-evasione” - QdS

Redditometro, la questione fiscale e l’efficacia “anti-evasione”

Salvatore Forastieri

Redditometro, la questione fiscale e l’efficacia “anti-evasione”

martedì 29 Gennaio 2013

Forastieri, Garante Contribuente per la Sicilia: “Anche una rete così fitta non può dare garanzia di infallibilità”. Clamore mediatico ed anche allarme sociale intorno all’accertamento sintetico

ROMA – Il “redditometro” si pone al centro del dibattito politico che è in atto per la campagna elettorale. La questione fiscale (anche con la tassazione delle casa e la “patrimoniale”), infatti, è diventata l’argomento più importante su cui tutte le parti politiche si confrontano manifestando la loro opinione, nella maggior parte dei casi in maniera critica, tentando – magari con argomentazioni diverse – di prenderne le distanze.
Al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, pertanto, risulta in questo momento l’Agenzia delle Entrate la quale, per la verità, con riguardo al redditometro, cerca in tutti i modi di attenuare l’impatto mediatico di tale strumento di controllo.
L’Agenzia, infatti, dopo avere più volte spiegato la genesi e l’attuale struttura tecnico-giuridica dell’“accertamento sintetico” (è questa l’esatta denominazione del redditometro), e dopo aver preso atto delle ostilità riscontrate in tutti i settori economici e sociali del Paese, cerca ora di ingentilirlo attraverso i media, mettendo in evidenza l’efficacia anti evasione e, contemporaneamente, esaltando i lati positivi individuati essenzialmente nella limitata platea di contribuenti che, sia per l’espressa previsione legislativa (l’accertamento sintetico è destinato solo alle persone fisiche), che per la capacità operativa disponibile (la lista sarà composta soltanto da 35.000 soggetti) , potranno subire gli effetti di tale tipologia di accertamento dei redditi.
L’ultimo chiarimento dell’Agenzia è contenuto nel comunicato stampa del 20 gennaio scorso.
In tale occasione, l’Agenzia delle Entrate ha fatto precise dichiarazioni: 1) il redditometro è uno strumento che verrà utilizzato per individuare i finti poveri e, cioè, “l’evasione spudorata” che viene fuori mettendo a confronto l’elevata capacità di spesa manifestata dal soggetto e il basso reddito dichiarato; 2) non saranno presi in considerazioni scostamenti tra reddito dichiarato e spese sostenute inferiori a 12.000 euro all’anno (mille euro al mese); 3) i pensionati, titolari di sola pensione, non saranno mai selezionati dal nuovo redditometro.
Dichiarazioni che sicuramente vogliono attenuare l’allarme sociale che sta crescendo intorno al redditometro.
Sull’argomento, tuttavia, possono essere fatte ulteriori considerazioni.
L’accertamento sintetico, quello previsto dall’art.38 del D.P.R. 600/1973, esiste da quarant’anni. Il principio che ispirava questo tipo di accertamento è quello che, in definitiva, ispira oggi il redditometro: spendi x, conseguentemente devi avere un reddito almeno pari ad x.
L’art.38, però, prendeva in considerazione soltanto alcuni parametri (“beni indice” come gli aerei, le autovetture di grossa cilindrata, i cavalli da corsa, le imbarcazioni, ecc.) che fornivano un quadro molto limitato della capacità di spesa di tutti i contribuenti, sia per la natura di questi parametri, sia per le strategie che i contribuenti sono riusciti ad adottare per eludere il controllo.Con la nuova formulazione dell’art.38 e con la previsione di nuovi parametri, nonchè attraverso l’utilizzo dei nuovi e sofisticati sistemi di rilevazione delle spese sostenute dai contribuenti di cui l’Amministrazione Finanziaria oggi dispone, invece, l’accertamento sintetico è diventato molto più attuale in relazione ai moderni stili di vita e di consumo e, pertanto, più adeguato per ricostruire la reale capacità contributiva dei contribuenti.
Sotto questo punto di vista, pertanto, il redditometro non dovrebbe scandalizzare più di tanto. Gli Uffici lo hanno sempre avuto a disposizione e la possibilità di scoprire, in modo più efficace del passato, persone che spendono molto di più di quanto il loro reddito consente, ai contribuenti onesti dovrebbe solo far piacere. Farà paura agli evasori, ma in questo caso il motivo è fin troppo evidente.
I problemi, quelli che hanno creato l’allarme, allora, sono altri.
I motivi di allarme, infatti, non stanno nella rinnovata volontà di contrastare adeguatamente l’evasione fiscale, elemento che – come sappiamo – ha influito moltissimo sulla situazione economica del nostro Paese, e su cui tutti sembrano essere d’accordo.La paura da redditometro, probabilmente, è principalmente un fatto psicologico, un senso di oppressione fiscale determinato dalla fitta rete che l’Amministrazione Finanziaria è in grado oggi di stendere al fine acchiappare gli evasori. è pure il timore che questo nuovo strumento possa diventare una sorta di accertamento di massa, capace di colpire anche le minime ed innocenti incongruenze che, nella vita corrente, assumono carattere di assoluta fisiologia.
In effetti oggi siamo in presenza di una tela fiscale, che alcuni ritengono molto soffocante, formata dall’incrocio di diversi elementi che alimentano l’Anagrafe tributaria. Questi elementi sono principalmente i risultati del controllo delle movimentazioni bancarie, ma anche i dati provenienti dallo “spesometro”, quelli relativi ai contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas, quelli che arrivano dai Comuni (costruzione o la ristrutturazione edilizia, richieste di certificati di agibilità), le concessioni, autorizzazioni e licenze, il possesso di navi e imbarcazioni da diporto, i contratti di assicurazione, le operazioni “blak list”, ecc. La paura da redditometro, probabilmente, è principalmente un fatto psicologico, un senso di oppressione fiscale determinato dalla fitta rete che l’Amministrazione Finanziaria è in grado oggi di stendere al fine acchiappare gli evasori. è pure il timore che questo nuovo strumento possa diventare una sorta di accertamento di massa, capace di colpire anche le minime ed innocenti incongruenze che, nella vita corrente, assumono carattere di assoluta fisiologia.
In effetti oggi siamo in presenza di una tela fiscale, che alcuni ritengono molto soffocante, formata dall’incrocio di diversi elementi che alimentano l’Anagrafe tributaria.
Questi elementi sono principalmente i risultati del controllo delle movimentazioni bancarie, ma anche i dati provenienti dallo “spesometro”, quelli relativi ai contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas, quelli che arrivano dai Comuni (costruzione o la ristrutturazione edilizia, richieste di certificati di agibilità), le concessioni, autorizzazioni e licenze, il possesso di navi e imbarcazioni da diporto, i contratti di assicurazione, le operazioni “blak list”, ecc.
Il problema vero, a parere di chi scrive, è invece un altro. L’esistenza di una rete fiscale così fitta e complessa non può, purtroppo, dare assoluta garanzia di infallibilità. L’esperienza ci dimostra che, nonostante la trasparenza e l’attenzione con cui l’Agenzia delle Entrate gestisce tali strumenti, gli errori sono sempre possibili.
Errori, magari determinati non per colpa dell’ufficio ma dello stesso contribuente (si pensi alla indicazione, nello spesometro, di una somma superiore a quella corrispondente alla spesa sostenuta), che possono dar luogo a valutazioni sbagliate e, conseguentemente, generare situazioni, anche paradossali, alle quali non sempre è facile rimediare.
C’è pure l’altro problema costituito dall’esistenza di alcune spese, inserite nel redditometro, che vengono determinate in maniera presuntiva attraverso l’ISTAT (spese figurative), circostanza che probabilmente nuoce al grado di attendibilità dello strumento di controllo attenuandone la sua forza presuntiva che la giurisprudenza potrebbe considerare come mera presunzione semplice.
C’è anche il rischio che nel controllo possa essere inserito l’esito del “redditest”, un conteggio che è basato su logiche diverse, ma che potrebbe essere assunto dall’Amministrazione come un’altra presunzione semplice in grado di sostenere quella del redditometro.
C’è, infine, il problema della retroattività (gli accertamenti, infatti, possono riguardare le annualità a partire dal 2009), un atteggiamento che ancora una volta si pone in contrasto con lo Statuto dei Diritti del Contribuente e che può creare problemi ai fini della giustificazione delle spese degli anni precedenti.
Potrebbe costituire un problema anche la “paura di spendere”, ossia il timore di alcuni cittadini di esporsi troppo col fisco, circostanza che può determinare una significativa contrazione dei consumi e, conseguentemente, un ulteriore ostacolo alle crescita economica del Paese. Paradossalmente, secondo alcuni, potrebbe esserci pure il rischio che il redditometro possa diventare uno stimolo all’evasione, in quanto alcuni contribuenti potrebbero spingere i loro fornitori a non fatturare allo scopo di evitare di rendere nota al fisco la spesa sostenuta.
Insomma, una serie di problemi, alcuni legati allo sviluppo del Paese, altri connessi alla ricostruzione “presuntiva” del reddito, questi ultimi simili a quelli che, da tempo, caratterizzano gli accertamenti tramite “studi di settore”.
Di certo, in una situazione di crisi come quella attuale, trovare il giusto equilibrio tra pressione fiscale, contrasto all’evasione e misure per la crescita, non è cosa facile. Per questo è auspicabile che, superata una prima fase di rodaggio e valutati i primi risultati di questa attività, vengano apportati i necessari correttivi volti a rendere maggiormente adeguata questa nuova forma di controllo, senza che si trascurino le altre forme di accertamento, principalmente quelle volte alla scoperta delle grandi evasioni.
Comunque, volendo credere nell’efficacia del redditometro, sia nella fase della individuazione dei contribuenti da controllare sia nelle successive fasi di competenza degli uffici operativi, è giusto ricordare che la legge prevede, come procedura obbligatoria prima della notifica dell’accertamento, il contraddittorio con il contribuente. è questa, pertanto, la sede in cui gli eventuali errori (da chiunque commessi) possono essere evidenziati e giustificati. Un passaggio, quest’ultimo, estremamente importante perché rappresenta il momento in cui dovrà emergere la reale capacità contributiva del contribuente.
E per far questo, occorre grandissima attenzione e professionalità da parte di tutti coloro che partecipano a questo importante atto istruttorio.
Il contribuente, innanzitutto, che deve essere in grado di dimostrare, con idonea documentazione (nella maggior parte dei casi utilizzando la documentazione bancaria) i motivi per cui a fronte di un reddito modesto sia stata sostenuta una spessa di grossa entità.
Il professionista del contribuente, il quale deve fornire l’apporto tecnico giuridico necessario per la gestione corretta dell’incontro.
I Funzionari dell’Amministrazione finanziaria, i quali, svolgendo un’attività tanto delicata, devono essere in grado di percepire anche fattori che vanno anche al di là della documentazione esibita, e tenere presente che, in particolari situazioni di incertezza sulla legittimità della pretesa tributaria, è più efficace per l’Erario (anche in termini di immagine) una definizione benevola della questione, piuttosto che il mantenimento di una tesi cautelativa, magari non assolutamente infondata, ma comunque discutibile e, spesso, per niente adeguata al caso specifico. Sono problemi, quelli ora cennati, che risultano ancora più gravi nelle regioni, come la Sicilia, connotate da standard decisamente al di sotto della media nazionale e caratterizzate da molto tempo da elementi negativi come il pesante aumento della disoccupazione, la forte depressione dei consumi ed il sensibile aumento di sintomi di vera indigenza e povertà negli strati sociali meno abbienti, ma anche in quelli medi.
In questa situazione, il Garante del Contribuente può avere un ruolo molto importante, monitorando i risultati dell’accertamento con il redditometro, segnalando le anomalie riscontrate e proponendo soluzioni condivisibili al fine di rendere effettivo il rapporto di fiducia fisco-contribuente voluto dallo Statuto dei diritti del Contribuente, ma anche auspicato dall’Amministrazione Finanziaria al fine di aumentare l’adesione spontanea verso la giusta pretesa fiscale.

Salvatore Forastieri
Garante del Contribuente per la Sicilia

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