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Messina – Piano di riequilibrio: un salasso che pagheranno solo i cittadini

Francesco Torre

Messina – Piano di riequilibrio: un salasso che pagheranno solo i cittadini

venerdì 08 Febbraio 2013

Se il Comune dichiarasse il default, gli amministratori responsabili non potrebbero essere rieletti. Croce ai consiglieri: “Votatelo così com’è”. Il dissesto penalizzerebbe invece i politici

Messina – Ultime settimane di lavoro per il Commissario straordinario di nomina regionale Luigi Croce. La Giunta regionale, infatti, ha stabilito la data di elezioni comunali e provinciali al 25 e 26 maggio, come nel resto del Paese. Croce, per quella data, dovrebbe aver ampiamente terminato la sua missione, quella cioè di portare il Comune di Messina fuori dal pericolo del dissesto finanziario. Nei giorni scorsi, in questo senso, una prima schiarita è arrivata dalla Corte dei Conti, che dopo aver preso atto della manovra di riequilibrio finanziario varata da Palazzo Zanca ha sospeso la procedura che era stata avviata con delibera 355, in attesa di conoscere la valutazione ministeriale.
Dicevamo della manovra di riequilibrio. Presentata nei giorni scorsi al Commissario dagli Uffici tecnici, e dal Commissario transitata nei banchi della commissione consigliare competente, essa prevede nei prossimi 10 anni impegni per 392 mln di euro a fronte di 438 mln di euro di entrate.
 
Tutto ciò essenzialmente tramite l’aumento della tassazione, la razionalizzazione della gestione delle partecipate e l’incremento delle tariffe per i servizi individuali. Nel dettaglio, il totale delle passività è formato dalle seguenti voci: fondo svalutazione crediti (53,4 mln); tagli ai trasferimenti (69 mln); debiti fuori bilancio (74,8 mln); debito da partecipate (3,5 mln); debiti Atm (40 mln); debiti Ato3 (29,7 mln); perdita di bilancio (2 mln); debiti potenziali (120 mln). Quanto alle entrate, invece, ecco le voci che dovrebbero garantire al Comune di Messina di poter coprire i maxi-prestiti del fondo di rotazione governativo (53 mln) e del “Salva-Messina” regionale (da 33 a 40 mln): obbligo per l’Amam di dover corrispondere una quota annua di 15 mln €; aliquote Imu al massimo; aliquote Tares al massimo; tagli al personale (732 i dipendenti di Palazzo Zanca che andranno in pensione nei prossimi 10 anni, con un risparmio di oltre 25 mln); tagli ai fitti passivi; risparmi per conclusione dei mutui; riduzione obbligatoria dei servizi; aumento delle tariffe dei servizi individuali (mense, asili etc.); alienazione degli immobili.
Come si può vedere, si tratta di un vero e proprio salasso per i cittadini, e Croce – presente in aula per la presentazione del Piano – ha invitato i consiglieri ad un “atto di responsabilità”:
“Votatelo così com’è, senza toccarlo. Ci sarà un vaglio rigorosissimo da parte della sottocommissione, che potrebbe portare alla bocciatura. Questo significherebbe la fine”. La fine per chi? Per i cittadini il dissesto non porterebbe di certo maggiori svantaggi di quelli prospettati con questo piano. Al contrario, la fine sarebbe sul serio per i politici che hanno contribuito a rovinare i bilanci comunali, che in caso di dissesto non sarebbero più eleggibili. Buzzanca e il suo gruppo, invece, giusto per fare un esempio, hanno già annunciato che ad aprile si presenteranno alle amministrative con una propria lista. Come se niente fosse successo. Forse il dissesto genererebbe maggiore giustizia sociale rispetto a questo piano il cui peso ricade unicamente sui cittadini.
 

Ricorsi al Tar. Patto di stabilità c’è una guerra con i ministeri

Messina – Amam. Il Comune vuole 28,5 mln di crediti, l’Amam ne attende 70 dai debitori. Che fare? Un piano straordinario per la ricognizione e la riscossione dei crediti, da affidare alla Fire, l’azienda leader nel settore del recupero somme. E intanto un trasferimento annuo dall’Amam al Comune di 15 mln sotto forma di canone di locazione, che si tradurrà poi inevitabilmente in aumento delle tariffe al consumo. Non avevamo dubbi!
Patto di stabilità. Quello del 2012 è stato rispettato, come annunciato dal ragioniere generale Ferdinando Coglitore. Per il 2011, invece, è guerra giudiziaria tra Comune e ministeri dell’Interno e dell’Economia, che non hanno accettato la sentenza del Tar di Catania e si sono rivolti al Cga: “Il Tar etneo ha commesso un evidente errore nel ritenere la propria competenza”, si legge nel ricorso, laddove con disprezzo le azioni legali avviate da Palazzo Zanca per evitare il pagamento della multa da 7 mln di euro sono state definite “manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione”.

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