La Regione è annegata nel vino - QdS

La Regione è annegata nel vino

Claudia Cali

La Regione è annegata nel vino

giovedì 21 Febbraio 2013

Imprese vitivinicole abbandonate dalle Istituzioni: crollano produzione (-29%) e fatturato (-5,6%), export sotto il 10%. Fallimento di enogastronomia e Strade del vino. L’assessore Cartabellotta: “Riforma agraria”

PALERMO – Bere un bicchiere di vino siciliano vuol dire assaporare le ricchezze e la varietà della nostra terra, ma anche scoprire un pezzo di storia, culture e tradizioni. Per questo, il vino siciliano, fiore all’occhiello della nostra regione, è molto apprezzato in tutto il mondo. Non si comprendono, pertanto, le ragioni di un crollo della produzione del 29 per cento registrato da Istat nel 2011, rispetto al 2010, complessivamente l’annata più nera dal lontano 2000. Cala non solo la produzione, ma anche i termometri che fanno riferimento ai fatturati e alle aree coltivate a vite. Secondo l’ultimo censimento Istat tra il 2000 e il 2010 è stata registrata una riduzione delle superfici vitate del 10 per cento, anche se altri vigneti sono presumibilmente stati espiantati nel corso del 2011.
 
“Meno quantità e più qualità, per bere meno e bere meglio”, spiega Dario Cartabellotta, neo assessore alle Risorse agricole, e aggiunge, “sono stati rispettati i parametri imposti dall’Unione Europea”.
Ma il risultato è che la produzione dei vini di qualità contrassegnati con la sigla DOC/DOCG (di origine controllata e garantita) è scesa del 12 per cento rispetto al 2010. Inoltre, durante tutto il 2011 i produttori siciliani hanno mantenuto la produzione IGT (indicazione geografica tipica) tanto da restare stabili a 2,3 milioni di ettolitri, quasi il 60% della produzione regionale (mosti esclusi).
Una politica aziendale che non ha risollevato le sorti del comparto che continua a registrare una riduzione dei fatturati, come conferma l’Osservatorio sulle aziende imbottigliatrici del Prof. Sebastiano Torcivia, ordinario di economia aziendale all’università di Palermo: “Il fatturato dell’intero settore vitivinicolo siciliano nel 2010 è di 617.424.266 euro (653.918.064 nel 2009), oltre 36 milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente (5,58% in meno). Si tratta, certamente, di un valore rilevante costituito dalla sommatoria dei fatturati delle aziende grandi (278.921.805, pari al 45% circa) e di quelle medie (165.678.738 euro). Le aziende piccole hanno un fatturato complessivo pari a 67.564.429 euro. Torcivia fa inoltre notare i trend di sviluppo dei fatturati delle grandi aziende, il cui valore complessivo, nel 2010, ha raggiunto 278.921.805 euro (291.438.895 nel 2008), con un decremento, del 4,26 per cento”. “Ma è come descrivere l’economia italiana parlando solo della FIAT”, replica Cartabellotta, che non condivide i numeri forniti da Istat e da Torcivia.
“Le imprese vitivinicole siciliane – chiarisce Cartabellotta – hanno subito la contrazione dei consumi interni e non hanno sfruttato a pieno l’aumento degli stessi in altri mercati, Usa, Nord Europa e Asia. A fronte di una quota export che raggiunge il 30 per cento nelle principali aree vitivinicole nazionali, la Sicilia è al di sotto del 10 per cento”.
Non mancano però regioni in Italia che hanno saputo sfruttare al meglio i nuovi dettati dei mercati internazionali. Guarda caso è ancora il Nord ad avere la meglio. E’, infatti, il Veneto a scollarsi dalla media nazionale che vede calare la produzione di 3,4 punti percentuali. Secondo il flusso d’informazioni Istat se la produzione siciliana del 2011 è crollata del 29 per cento rispetto al 2010, nel Veneto la produzione nello stesso anno è cresciuta del 2,6 per cento, raggiungendo quasi 9 milioni di ettolitri, più del doppio rispetto allo stesso dato siciliano. E non solo. L’andamento ha anche mostrato un’invidiabile costanza nel tempo. Dal 2000 a questa parte il Veneto ha visto la produzione incrementarsi dell’1% annuo (la Sicilia decrescere costantemente dell’1 per cento). Ad incidere, secondo gli analisti, la presenza di operatori relativamente grandi, di prodotti orientati all’export e, non ultimo, del grande successo del Prosecco.
E’ interessante anche analizzare le differenti politiche dei produttori veneti rispetto a quelli siciliani: infatti il 2011 è stato un anno favorevole per i prodotti DOC veneti che hanno registrato una crescita del 10 per cento, ossia 3,7 milioni di ettolitri, mentre i vini IGT sono scesi a 3,4 milioni, in una regione dove fino a qualche anno fa la concezione di IGT era dominante. I produttori siciliani hanno invece dimostrato di preferire anche nel 2011 la produzione di vino IGT, nonostante i dettati della Comunità europea.
 

 
Tanti problemi operativi per le 12 strade del vino
 
Ma quali sono i fattori di criticità, quelli cioè che hanno contribuito a determinare un “successo frenato”? Secondo lo studio condotto da Paola Casavola, ricercatrice della Fondazione Res, l’istituto di ricerca economica e società in Sicilia, gli imprenditori avrebbero indicato, tra le cause di un successo frenato, anche l’assenza di politiche che possano far decollare il c.d. turismo del vino. Lo studio, dopo aver passato ai raggi x i comportamenti delle aziende leader del settore, oltre ad aver rilevato una concentrazione di aziende vitivinicole nel Nord-Ovest della Sicilia, (il 53 per cento della produzione di vino siciliano si snoda proprio nel trapanese), ha osservato che le ricadute sul territorio sono rimaste pressoché limitate. Malgrado l’istituzione delle “strade del vino” (definite entità territoriali in base alla legge regionale n. 5 del 2 agosto 2002), l’organizzazione di un certo numero di eventi legati a degustazioni e visite, il turismo del vino, a detta degli stessi imprenditori, è sostanzialmente assente. “Da una parte la mancanza di fondi, dall’altra la carenza di politiche strategiche coordinate, fra gli assessorati Risorse agricole, Turismo e Beni Culturali, avrebbero limitato, secondo Aurelio Coppola, Federazione Strade del Vino, la presenza di sapori, successo manageriale e turisti nelle strade del vino.
“Le 12 Strade del Vino mantengono, infatti, problemi operativi”, spiega Coppola, “non basta fare la segnaletica se poi non si coordina e struttura un dialogo fra cantine, che restano chiuse la domenica, e ristorazione, musei, servizi di accoglienza, trasporti pubblici. Infine manca un’offerta turistica in chiave internazionale e promozione all’estero”.
 

 
Legare qualità e tradizioni alle attrattive del territorio
 
“L’intesa con l’Assessorato al Turismo non mancherà sicuramente” ci ha dichiarato Dario Cartabellotta, assessore alle attività Agricole. Inoltre, anticipando a questa redazione l’indirizzo della sua politica, il neo assessore ha comunicato che “intende avviare strategie integrate per la valorizzazione dell’identità territoriale dei vini di Sicilia. L’obiettivo è associare la tradizione e la qualità dei prodotti ai luoghi di produzione e alle diverse attrattive naturali e storico-culturali del territorio”. Infine, riferendosi all’internazionalizzazione delle imprese siciliane, Cartabellotta, fa sapere che “non mancheranno strategie di marketing intelligence, promozione e comunicazione dei vini di Sicilia finalizzate alla conoscenza delle reali potenzialità e opportunità dei mercati internazionali, una scelta necessaria per garantire competitività negli anni futuri. Ma l’assessore precisa, si intende intervenire su tutto il settore agricolo. “Serve una Riforma Agraria e Alimentare visti i riflessi su sviluppo, reddito e occupazione. Questa riforma – conclude Cartabellotta – consentirà di veicolare i vini come una componente dell’eccellenza del BORN in SICILY, attraverso la promozione in tutto il mondo della Alimentazione Mediterranea, Patrimonio immateriale dell’Umanità riconosciuta dall’Unesco”.
 

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