Così Berlino ha scelto di produrre energia dai rifiuti - QdS

Così Berlino ha scelto di produrre energia dai rifiuti

Andrea Salomone

Così Berlino ha scelto di produrre energia dai rifiuti

martedì 12 Marzo 2013

Dal 2005 stop alle discariche e impianti all’interno del perimetro urbano per risparmiare sul trasporto

BERLINO – Per trovare una soluzione ai nefasti effetti ambientali provocati dal deposito dei rifiuti indifferenziati (rsu) in discarica, l’1 giugno 2005 entrava in vigore in Germania un’ordinanza federale che imponeva il trattamento industriale di tali materiali prima del loro conferimento in discarica, in modo da eliminare la frazione organica in essi presente e, con essa, la loro principale fonte di tossicità.
 
I rsu della Berlino ovest (circa 520.000 Tonnellate/anno) venivano già trattati termicamente e trasformati in energia e ceneri inerti nella centrale a base di rsu sita nel quartiere di Spandau-Ruhleben, a ovest della città.
La novità arrivava invece per i rsu raccolti nella Berlino est. Prima di tale data, infatti, essi venivano prelevati dai cassonetti dell’indifferenziato, compressi nei compattatori e conferiti direttamente nelle discariche del Brandeburgo. Ciò significava anche un certo dispendio di carburante, perché tali aree sono piuttosto distanti dal centro (tra i 20 e i 50 Km), che di fatto, essendo più densamente popolato, è il luogo dove viene prodotta una maggiore quantità di rsu. Dopo tale data l’amministrazione berlinese si trovava davanti a un bivio: o far trattare gli rsu in impianti extraregionali, oppure rendersi indipendente tramite la costruzione di nuovi stabilimenti intracittadini.
In perfetto stile nordeuropeo, anche questa volta la decisione cadeva a favore della strada più sensata, lungimirante ed economica, ossia la seconda. Avendo già una centrale termoelettrica a base di rsu nella parte ovest della città, dove veniva già trattata la metà degli rsu di Berlino, i politici berlinesi decidevano di pubblicare un bando per la costruzione di due stabilimenti di altro genere, innovativi, economici, eco-favorevoli e in grado di garantire il trattamento e il recupero materiale di ca. 1/3 degli rsu cittadini (ca. 310.000 T/a).
 
A vincere la gara d’appalto era la ditta Alba, che realizzava così due impianti gemelli per la stabilizzazione meccanico-fisica (Mps) degli rsu negli adiacenti quartieri di Pankow e Reinickendorf. I due stabilimenti, strategicamente collocati a est della città, consentivano adesso di condurre a recupero gli "rsu orientali" subito dopo la loro raccolta, portando negli anni ad un notevole risparmio su carburante e oli lubrificanti per i veicoli.
Questo genere di impianto, noto in Italia col nome di "bioessiccatore", permette di trattare i rifiuti domestici e industriali e di produrre da essi carburante sostitutivo di alta qualità con una bassa quantità di emissioni. Sono state proprio tali caratteristiche a rendere questo genere di stabilimento particolarmente attraente agli occhi dell’amministrazione berlinese, perché esso si mostrava perfettamente adatto ad essere collocato all’interno della città.
Al suo interno viene separata la frazione combustibile, composta da metalli ferrosi e non ferrosi, inerti (sabbia, vetro, pietre, ceramica, etc) e acqua, da quella non combustibile, ossia legno, carta, cartone e plastica. Una gru completamente automatica deposita gli rsu su due nastri che li trasportano verso granulatori e macchine trituratrici. Macchine vagliatrici, ventole, aspiratori, separatori ad aria, magnetici e a corrente recuperano i metalli, separano le frazioni leggere da quelle pesanti e quelle combustibili da quelle incombustibili. Il materiale più pesante viene trattato usando quattro rilevatori ottici a raggi x che provvedono a rintracciare il pvc (plastica) e a renderne possibile la rimozione, in modo da evitare che la presenza di tale materiale possa danneggiare la qualità del carburante sostitutivo prodotto. Tutte le impurità (metalli, reti, cassette, etc.) vengono rimosse dal flusso.
Attraverso la massimizzazione della fuoriuscita del materiale inerte, l’usura dei macchinari si lascia ridurre sensibilmente, col risultato di un allungamento della vita delle presse e delle ruote trituratrici e un conseguente abbattimento dei costi di manutenzione e sostituzione. Gli rsu vengono asciugati all’interno di un tamburo roteante che raggiunge la temperatura di 350 °C, alimentato da una mistura di vapore e metano prodotto dalla frazione organica presente nei rsu. In questo modo la frazione in entrata, mediamente composta dal 30% di materiale biodegradabile, viene stabilizzata da un punto di vista chimico-fisico e la frazione in uscita presenta solo il 10% di umidità. Ciò significa che il prodotto finale è praticamente secco e purificato, trasformato insomma in un combustibile di alta qualità pronto per essere venduto sul mercato.

(3. Continua. Le puntate precedenti sono state pubblicate sul giornale il 22 febbraio e il 1° marzo scorsi)

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