Crisi, ecatombe commerciale in Sicilia - QdS

Crisi, ecatombe commerciale in Sicilia

Liliana Rosano

Crisi, ecatombe commerciale in Sicilia

martedì 19 Marzo 2013

I dati nazionali di Confesercenti: dall’inizio dell’anno sparite 167 imprese al giorno e con esse molti locali rimangono sfitti. Centri storici desertificati, Catania e Palermo nelle prime quattro città d’Italia, dopo Cagliari e Rovigo

CATANIA – Nei primi due mesi del 2013, sono sparite 167 imprese al giorno. Una vera e propria ecatombe che sembra non lasciare speranza neanche per il futuro. Sono preoccupanti i dati diffusi dall’Osservatorio Confesercenti: lo scorso Gennaio e Febbraio sono spariti quasi 10.000 esercizi commerciali. A conclusione del 1° trimestre, si stima che la perdita arrivi a oltre 14.000. “Se continua così, fanno sapere da Confesercenti, nel 2013 sarà ecatombe, con un saldo negativo di 60.000 imprese. La perdita di negozi svuota le città: sono ormai 500.000 gli esercizi sfitti in tutta Italia”.
Con i negozi che chiudono le saracinesche nasce il problema degli esercizi commerciali sfitti. Secondo una ricerca condotta da Anama-Confesercenti, in Italia i negozi sfitti per ‘assenza di imprese’ sono ormai 500mila per una perdita annua di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti. In termini di gettito fiscale, sono andati perduti circa 6,2 miliardi ogni anno: una cifra superiore al gettito realizzato grazie all’Imu prima casa (circa 4 miliardi di euro) o all’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria Iva (oltre 4 miliardi).
La percentuale di negozi rimasti senza affittuario varia di città in città. Secondo l’indagine Anama-Confesercenti, tra i capoluoghi presi in esame il centro storico più desertificato è quello di Cagliari, con il 31% dei negozi chiusi – quasi uno su tre. Seguono Rovigo (29%), Catania (27%) e Palermo (26%). I dati sono relativi ai soli centri storici: nelle periferie il fenomeno è ancora più forte.
A Catania, dove si assiste ad una moria degli esercizi commerciali nelle principali vie del centro, è stato calcolato che la perdita economica annua per ogni singola unità sfitta di superficie media va da un minimo di 18 mila euro ad un massimo di 36 mila euro. Nel capoluogo siciliano la perdita è maggiore: da un minimo di 24 mila ad un massimo di 60 mila euro.
Oltre al saldo molto negativo, Confesercenti conferma un altro allarmante fenomeno: quello del crollo di nuove aperture nel settore del commercio al dettaglio. Secondo le proiezioni, nel primo trimestre, saranno in tutto 5.988: si tratta di un risultato del 50% inferiore alle 11.884 che hanno aperto nei primi tre mesi del 2012, e rappresenta il dato peggiore degli ultimi 20 anni.
Se estendiamo lo sguardo ai dati di aperture del primo trimestre 2011 e del primo trimestre 2010 in effetti, si conferma un crescente calo delle nuove iscrizioni, mentre le cessazioni restano sostanzialmente costanti, intorno alle 20-22 mila ogni anno.
Il fenomeno dimostra come la crisi non incide solo sul numero di chiusure, ma anche e soprattutto sulla possibilità di aprire una nuova impresa. “Per quanto riguarda l’emergenza negozi sfitti, Secondo Anama-Confesercenti è necessario mettere mano al fenomeno “inventando un sistema” che coniughi le necessità di messa a reddito degli immobili commerciali con il bisogno delle imprese di utilizzare le strutture per creare impresa, e quindi occupazione e crescita economica. La nostra proposta è di istituire un tavolo tecnico, con le associazioni di imprese e delle proprietà immobiliari, per studiare un ‘canone revisionabile’, che sia remunerativo per il proprietario del negozio e sostenibile per il conduttore, con un impianto giuridico concordato, condiviso dalle parti nella durata e per le pattuizioni”.
Per questo Confesercenti ha già lanciato la scorsa domenica l’iniziativa “Libera la domenica”. Una mobilitazione che ha l’obiettivo di raccogliere firme in tutte le principali città d’Italia per sostenere l’iniziativa: una proposta di legge di iniziativa popolare per riportare nell’alveo delle competenze regionali le normative su aperture e chiusure delle attività commerciali, e porre così un freno all’eccesso di liberalizzazioni. Il numero di firme necessario per il successo dell’iniziativa è di 50.000: di queste, sono già state raccolte più di 40mila in tutta Italia.

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