Aziende protestate, Sicilia in testa - QdS

Aziende protestate, Sicilia in testa

Andrea Carlino

Aziende protestate, Sicilia in testa

mercoledì 20 Marzo 2013

Cerved: per il settore edilizio quadro particolarmente drammatico. La provincia di Enna piccola “isola felice”. Incremento medio registrato +2,5% rispetto al 2011. Seguono Campania e Sardegna

Record di imprese che in un anno hanno accusato almeno un protesto, gravi problemi soprattutto per l’edilizia, pagamenti ai fornitori sempre più in ritardo, ormai quasi a tre mesi. È il quadro di una crisi che non finisce quello dipinto dai dati Cerved, gruppo specializzato nell’analisi d’impresa, con il sistema bancario che non può fare molto: con la crescita delle sofferenze "è chiaro che la politica creditizia deve essere più attenta", afferma l’Abi.
 
Per il Cerved, in Italia l’anno scorso sono state 47mila le aziende non individuali che hanno accusato protesti di fatture o cambiali: record di sempre e rispetto al 2007, ultimo anno pre-recessione, è +45%. E la tendenza non si ferma: negli ultimi tre mesi la corsa ha accelerato, con 221mila titoli contestati (+9% sul pari periodo 2011) a 69mila aziende, dato che comprende le imprese individuali. I guai maggiori sono al Centro-Sud, +12% del numero di società protestate in un anno, mentre è +2,6 nel Nordovest e +1,3% nel Nordest.
 
Sul piano provinciale, Roma si piazza, maglia nera, al primo posto per il valore totale degli effetti protestati prima di Milano, Napoli e Caserta. Le aree più virtuose, dove famiglie e imprese riescono a stare al passo coi pagamenti, sono al contrario Belluno, Enna, Gorizia e Sondrio. Sono state colpite quasi 11mila società nella filiera delle costruzioni (+9,1% sul 2011), oltre 25mila nei servizi (+9,5%) e più di 5mila nella manifattura (+7,5%).
 
I precedenti record negativi del 2009 sono stati abbondantemente superati dal terziario (+8,2%) e dalle costruzioni (+10,2%), dove in particolare la diffusione del fenomeno ha raggiunto livelli critici. L’anno scorso al 3,4% delle imprese non individuali che operano nel settore è stato infatti protestato almeno un assegno o una cambiale, contro una percentuale pari all’1,8% nell’industria e all’1,7% nel terziario.
 
Analizzando più nel dettaglio il settore geografico, si legge nel rapporto che, ad eccezione di Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, in cui i protesti sono in calo, in tutte le regioni la situazione è grave con Sicilia al primo posto con incremento medio protesti (2,5% rispetto allo stesso periodo del 2011) davanti a Campania, Sardegna, Lazio, Puglia e Basilicata: tutte fanno registrare aumenti maggiori rispetto alla media nazionale "Sono le costruzioni a soffrire di più", commenta Stefano Matalucci, direttore marketing del Cerved, "ove sono stati superati abbondantemente non solo i livelli pre-crisi (+80%), ma anche quelli del 2009 (+10%)".
 
E che la recessione continui lo dimostrano i ritardi gravi dei pagamenti, quelli oltre due mesi, da parte delle imprese ai fornitori. Si torna ai livelli massimi della crisi, con il 5,7% delle aziende a cadere nella tentazione nel secondo trimestre 2012, il 6,1% nel terzo, fino al 7,1% di fine anno. Ufficialmente tra ottobre e dicembre le aziende hanno regolato in media le fatture in oltre 85 giorni. Le imprese puntali sono crollate al 41,7% nel terzo quadrimestre del 2012 rispetto al 46% dello stesso periodo dell’anno precedente.
 
Da un punto di vista geografico, i tempi medi di pagamento risultano in forte calo al Centro (da 93 giorni a 81 giorni), in lieve diminuzione nel Sud e nelle Isole (da 86,5 a 85,4 giorni), mentre è in aumento sia nel Nord Est, sia nel Nord Ovest. Queste divergenti dinamiche geografiche si accompagnano con un fenomeno comune a tutta la Penisola: aumenta in tutta Italia la presenza di aziende in grave ritardo, con percentuali che superano il 10% nel Mezzogiorno e nelle Isole, sfiorano l’8 al Centro e si attestano al 5% del Nord Italia.
 
Tra le regioni, la situazione più critica si osserva in Sicilia (13,9% delle aziende liquida le fatture oltre due mesi dopo la scadenza), in Calabria (11,9%) e in Campania (10%). Le regioni più virtuose risultano Trentino Alto Adige (3,3%) e Veneto (4,2%). "Si tratta di comportamenti che "frequentemente sfociano in default", afferma il Cerved. "A fronte della crescita delle sofferenze è chiaro che la politica creditizia deve essere più attenta", afferma Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, a proposito l’allarme credit crunch lanciato da Confindustria, ma "in assenza di un governo l’azione per quest’ emergenza, la crescita e la creazione dell’occupazione, non può partire".

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