Il Comico genovese? Un Senzapadroni - QdS

Il Comico genovese? Un Senzapadroni

Carlo Alberto Tregua

Il Comico genovese? Un Senzapadroni

giovedì 21 Marzo 2013

Partitocrati attoniti e disorientati

Abbiamo simpatia per il Comico genovese, perché è un Senzapadroni. Non l’ho votato e non lo voterò. Però devo riconoscere che il suo Movimento ci voleva per scardinare l’incrostato sistema partitocratico che ha (s)governato l’Italia in questi ultimi trent’anni.
Lorsignori non si erano resi conto della rabbia e dell’indignazione del popolo italiano di fronte alle soverchierie continue nei suoi confronti, cosicché hanno commesso errori imperdonabili nel non approvare tutte quelle riforme indispensabili a tagliare i privilegi della classe politica, della classe burocratica e di tantissime corporazioni che hanno assorbito indegnamente le risorse pubbliche generate dalle imposte sui cittadini.
Il Comico genovese ha fatto bene a dire “No” a Pd e Pdl. Bisognerà vedere se avrà la capacità di resistere al canto della sirena e porterà fino in fondo il suo proposito di non votare la fiducia a chi sarà il presidente incaricato, il che equivale a votargli contro.

Il Comico genovese sta dimostrando di avere in politica l’ironia che ha sempre avuto sul palcoscenico, dissacrando i totem e i mostri sacri che una classe dirigente e politica ha venerato per tutti questi anni e che ha imposto a cittadini ottusi.
Una parte di essi oggi ha aperto gli occhi e ha trovato nel Movimento cinque stelle il veicolo per indirizzare la propria ira contro questi parrucconi. I quali, anziché ravvedersi cercando di capire gli errori e porvi rimedio ribaltando i loro comportamenti, hanno inventato la parola magica: antipolitica.
No, signori, la rabbia dei cittadini non è antipolitica, ma la giusta e doverosa protesta contro la protervia e l’oppressione formale di cui sono stati vittime.
I 163 parlamentari sono altrettanti Grilletti di pistole puntate alla tempia degli altri 752, i quali, nonostante siano in stragrande maggioranza, non sono in condizione di formare un governo, salvo chiamare una personalità super partes che risponda al Presidente della Repubblica su un programma stretto di riforme essenziali, per riportare il Paese al voto entro qualche mese. In atto, non si vedono alternative. Ma non si sa mai.

Per fortuna i mercati ci stanno graziando. Dopo il balzo di 50 punti dello spread fra i bund tedeschi e i bond italiani, il differenziale si è stabilizzato. Non sappiamo però quanto tempo durerà questa calma. Non vorremmo che essa fosse paragonabile al nucleo degli uragani. Come è noto, infatti, dopo la prima ondata c’è calma piatta, poi ne segue una seconda distruttiva.
La questione più grave è il ristagno dell’economia e la spirale negativa, secondo cui vi è sfiducia nel futuro e quindi diminuzione dei consumi, aumento della disoccupazione e calo del Pil.
È indispensabile invertire il processo immediatamente, in modo che dall’estate in poi ricominci la faticosa risalita per arrivare, alla fine dell’anno, con un Pil 2013 non retrocesso rispetto a quello del 2012, vale a dire a crescita zero ma non negativa.
Abbiamo più volte prospettato le soluzioni ai 10 macigni che gravano sul Paese e pubblichiamo anche oggi tale elenco in uno ai macigni che gravano sulla Sicilia, con le relative soluzioni. Facciamo questo per evitare che nessuno possa dire di non averci pensato.

Siamo convinti che un Primo ministro al di sopra delle parti potrà raccogliere il consenso dei quattro poli (Pd, Pdl, M5S e Scelta civica) se proporrà riforme di interesse generale.  Ma non dovrà dimenticare che bisognerà procedere a oltre 500 provvedimenti attuativi di leggi che il Parlamento ha già approvato – sono pubblicate sulla Gazzetta ufficiale – su proposta del Governo Monti. La non approvazione di questi provvedimenti attuativi ha di fatto bloccato l’efficacia di molte riforme, ripetiamo, già approvate.
Avanti, dunque, il Comico genovese con la sua intransigenza, che non può che essere positiva al fine di indurre i privilegiati a fare cento passi indietro e a scordarsi che l’incarico istituzionale sia un posto di lavoro, utile non solo a procurarsi uno stipendio, ma come mezzo per fare affari loschi e prendere mazzette.
I partitocrati sono avvisati: se non capiscono, alle prossime elezioni scompariranno del tutto.

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