Edilizia pubblica bloccata in Sicilia - QdS

Edilizia pubblica bloccata in Sicilia

Michele Giuliano

Edilizia pubblica bloccata in Sicilia

mercoledì 26 Agosto 2009

I rappresentanti delle associazioni di categoria lamentano una crisi generale delle imprese e dei posti di lavoro. Secondo i dati forniti dal Cna gli appalti nel 2008 sono crollati di oltre il 47 per cento

PALERMO – Programmazione dei fondi comunitari perennemente in ritardo, edilizia pubblica ferma. Sono due tra i principali motivi che stanno frenando il motore dello sviluppo dell’imprenditoria siciliana secondo le organizzazioni di categoria. Sono soprattutto le realtà artigiane che denunciano questo stato di cose e si dicono in principal modo preoccupati per l’andamento dei mercati, contraddistinto da questa crisi, e dal generale immobilismo del governo regionale e nazionale che non sembrano essere in grado di innestare la marcia giusta. Tutto succede mentre sul tavolo dell’assessorato regionale al Lavoro piovono ogni giorno nuove richieste di ammortizzatori sociali in deroga, cassa integrazione per categorie di lavoratori esclusi da quella ordinaria. “Nei mesi di gennaio e febbraio ne sono state chieste un milione e cinquecentomila ore a fronte del milione e duecentomila del 2008 – spiega Mario Filippello, segretario regionale della Cna .
A causa della riduzione degli ordini sono in grande difficoltà i settori che risentono dell’andamento dei mercati nazionale ed extranazionale.
Per esempio le jeanserie di Bronte, la ceramica di Caltagirone e Santo Stefano di Camastra, col 30 per cento degli ordini in meno; e poi c’è l’edilizia, che sconta una battuta d’arresto degli appalti pubblici, col 47 per cento di ordini in meno.
La grande opportunità dei fondi strutturali di Agenda 2000 si è conclusa e la nuova programmazione non c’è ancora. L’unico settore che regge è quello della lavorazione e della trasformazione dei prodotti agroalimentari”. Le procedure di fallimento avviate sono in aumento rispetto al 2008, ma stabili rispetto al 2007. Questo è il quadro negativo: “Come avevamo previsto sono le micro e piccole imprese a soffrire di più gli effetti della crisi – commenta il presidente di Unioncamere Sicilia, Giuseppe Pace – ed è proprio su queste imprese che si fonda la nostra economia. Un intervento del governo regionale è ormai necessario e improrogabile: le sole misure predisposte dal governo nazionale sono insufficienti, occorre individuare quelle da porre a carico della Regione siciliana per ridare fiducia all’imprenditoria. Le imprese stanno facendo la loro parte.
 
Lo dimostra il fatto che, malgrado le avversità, non aumentano i fallimenti. Ma questa tenacia va premiata e i dati sconfortanti di questo trimestre dicono che non possiamo cullarci e dobbiamo continuare a temere il peggio”. Al 31 marzo 2009, secondo Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta per Unioncamere da InfoCamere, la Sicilia ha un totale di 473 mila 622 imprese, di cui 86 mila 114 artigiane, con un saldo di crescita negativo dello 0,42 per cento, inferiore alla media nazionale. Tra le province, se Siracusa ha una crescita di 32 attività, le altre province segnano tutte un decremento: Ragusa -23 (-0,07 per cento); Catania -103 (-0,10); Messina -215 (-0,33); Palermo -346 (-0,35); Enna -66 (- 0,41); Caltanissetta -124 (-0,47); Agrigento -525 (-1,16); Trapani -650 (-1,29). Tutti dati statistici che parlano da soli e che rivelano la vera faccia della crisi siciliana.
 

 
La provincia di Ragusa prova a resistere alla crisi generale
 
PALERMO – Sempre secondo Unioncamere soffrono di più i settori del commercio, delle attività manifatturiere e delle costruzioni. è con l’artigianato, da sempre in Sicilia un traino per l’economia, che si registrano i dati responsabili del crollo delle percentuali. Solo Ragusa presenta un saldo attivo di una sola impresa artigiana. Ma Catania ne ha perdute 49, Trapani 25, Messina 78, Enna 23, Palermo 132, Siracusa 69, Agrigento 70, Caltanissetta 63. Mentre crescono dell’1,49 per cento le società di capitale, in tutte le province, le ditte individuali presentano tassi negativi. Tutto viene confermato e riscontrato attraverso un altro studio statistico recentemente presentato dalla Cna che nel primo trimestre di quest’anno ha appurato che il 29,23 per cento delle imprese siciliane ha dovuto licenziare propri dipendenti. La ricerca si è basata sul monitoraggio di mille e 86 piccole imprese e imprese artigiane che operano nelle nove province siciliane in diversi settori: manifatturiero, costruzioni, servizi alle persone, servizi alle persone, servizi alle imprese, impiantistica. Il settore nel quale si registra la maggiore percentuale di imprese che ha licenziato personale è quello delle costruzioni con il 44,40 per cento, segue il manifatturiero con il 28,96 per cento.

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