Tintolavanderie, chiusi 300 punti nel 2012 - QdS

Tintolavanderie, chiusi 300 punti nel 2012

Antonio Casa

Tintolavanderie, chiusi 300 punti nel 2012

mercoledì 17 Aprile 2013

Un seminario di Confartigianato imprese Sicilia ha fatto il punto della situazione di un settore che dà lavoro a quasi 6mila persone. Come la congiuntura e l’abusivismo di tanti self-service hanno messo in crisi un settore utilissimo

CATANIA – Un settore dell’artigianato che opera nel silenzio totale, bistrattato e poco considerato a tutti i livelli, dai media alle istituzioni, ma che in Sicilia dà lavoro a circa 5.800 persone. Ce ne ricordiamo soltanto quando abbiamo un capo macchiato, irrecuperabile, che affidiamo per smacchiarlo nelle mani di fata di un artigiano. è delle pulitintolavanderie che stiamo parlando, una categoria rappresentata da imprese per lo più a conduzione familiare che, malgrado la crisi, resistono tentando di ridurre quanto possibile gli elevati costi di gestione, mantenendo invariata la qualità del servizio prestato. Il lavoro delle lavanderie è cambiato nel tempo ed oggi guarda ai mutamenti frenetici della moda, settore al quale ogni lavanderia è naturalmente collegata, che impongono continui adeguamenti delle lavorazioni dei capi.
Si è parlato anche di questo nel corso del III° seminario Pulitintolavanderie di Confartigianato imprese Sicilia, organizzato nei giorni scorsi a Catania all’interno della manifestazione fieristica 2° Expo cleaning sud- Laundry & textile edition nel centro commerciale Etnapolis. Un incontro di aggiornamento per gli addetti ai lavori, al quale hanno preso parte oltre ai presidenti regionale e nazionale delle pulitintolavanderie di Confartigianato, Santa Lo Giudice e Vito Carone, anche un gran numero di imprese del settore.
Fra i diversi temi affrontati quello spinoso della concorrenza sleale del self service, contro cui Lo Giudice punta il dito. “Esistono gravi irregolarità nelle lavanderie a gettoni e self-service – riferisce -. Oggi le lavanderie artigianali si trovano a dover fare i conti con una grave forma di concorrenza sleale da parte dei sempre più diffusi punti self-service, che esercitano l’attività in maniera abusiva, non rispettando i limiti previsti dalla legge in materia. Si approfitta dell’assenza di una definizione precisa degli interventi sanzionatori. In questo modo – aggiunge- possono offrire servizi e prestazioni che esulano dalle loro competenze, paragonandosi a delle vere e proprie imprese di tinto lavanderie, senza doverne assumere gli obblighi legislativi, più restringenti sia in termini di requisiti necessari per lo svolgimento delle attività sia per rispetto dei criteri e delle fasce orarie di attività, ma anche per gli obblighi previdenziali”.
Alla concorrenza degli abusivi si aggiunge la grave congiuntura economica, che nel 2012 in Sicilia ha portato alla chiusura di circa 300 imprese. “La pressione fiscale e l’eccessivo costo del lavoro rappresentano sicuramente un freno per lo sviluppo delle nostre imprese – spiega Lo Giudice – che limita molto la creazione di nuovi posti di lavoro. Altra pesante tegola sono i famigerati studi di settore, non adeguati alle nostre esigenze”.
Come potrebbe intervenire la Regione siciliana per rendere più produttivo il settore ed incentivare l’occupazione giovanile? è la domanda a cui risponde, da parte sua, il presidente regionale dei pulitintori. “Un passo importante potrebbe essere sicuramente la formazione, ma non quella teorica fatta pure nelle aule fantasma, ma una formazione pratica da svolgersi direttamente in bottega. Solo così, un giovane che vuole approcciarsi a questo mondo può imparare veramente le tecniche di manutenzione tessile, la conoscenza dei tessuti, che è fondamentale, la stiratura ma anche il contatto diretto col pubblico, che non si può imparare sui banchi di scuola”.

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