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Palermo – L’ombra della criminalità sulla cantieristica navale

redazione

Palermo – L’ombra della criminalità sulla cantieristica navale

giovedì 18 Aprile 2013

Operazione della Dia contro cosca dell'Acquasanta e clan Galatolo

PALERMO – Ruota attorno alla figura di Giuseppe Corradengo, 49 anni, l’operazione della Direzione investigativa antimafia che ha portato all’arresto di sei persone e al sequestro di complessi aziendali di tre società. L’indagato, nel giro di pochi anni, aveva fatto una carriera fulminante: da operaio dei Cantieri navali di Palermo a facoltoso imprenditore, alla guida di aziende leader nel settore delle costruzioni navali con appalti a La Spezia, Marghera, Monfalcone e Ancona.
Secondo gli inquirenti Corradengo, che deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe potuto contare sull’ appoggio della cosca mafiosa dell’Acquasanta e in particolare del clan Galatolo, che controlla la zona dei cantieri navali di Palermo.
Gli altri ordini di custodia cautelare, firmati dal gip Piergiorgio Morosini, su richiesta del pm Pierangelo Padova, riguardano la moglie di Corradengo, Rosalia Viola, e il boss Vito Galatolo, figlio dello storico capomafia della cosca. Ai domiciliari, perché incinta, è andata invece la moglie del boss, Maria Concetta Matassa. In carcere anche altri tre presunti prestanome della cosca, impegnati nel settore dei lavori navali: Domenico Passarello, Vincenzo Procida e Rosario Viola. L’indagine è scaturita dalle rivelazioni di un pentito, Angelo Fontana, un tempo esponente di rilievo del clan dell’ Acquasanta, che ha svelato il ruolo di Corradengo indicandolo come prestanome dei Galatolo.
“Non è nuova – ha spiegato il procuratore di Palermo, Francesco Messineo – la presenza di Cosa nostra nel settore della cantieristica navale. Anche in questo caso viene adoperato il metodo dell’intestazione fittizia di beni. Questo è un campanello d’allarme per aumentare l’attenzione anche in altri territori come la Liguria e il Veneto".
"Questa operazione – ha affermato il direttore nazionale della Dia, Arturo De Felice – è un’ulteriore dimostrazione della bontà della nostra attività e professionalità alla ricerca dei profitti mafiosi, del resto i sei centri della Dia in Sicilia sono una forza d’urto non indifferente".

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