Una gestione efficiente per migliorare i servizi - QdS

Una gestione efficiente per migliorare i servizi

Andrea Carlino

Una gestione efficiente per migliorare i servizi

venerdì 19 Aprile 2013

Forum con Giacomo Pignataro, Rettore dell’Università degli Studi di Catania

Quali sono gli obiettivi del suo mandato?
“Il problema più urgente riguarda l’attività di ricerca perché la competizione, soprattutto nell’ambito della ricerca sperimentale, si basa sulle risorse umane che costituiscono il motore di questo settore. Oggi, però, non possiamo fare affidamento sui soli ricercatori e bisogna organizzare una grande struttura perché, senza un aiuto, questi rendono poco rispetto al loro potenziale. Si è appena insediata la delegata alla ricerca, la professoressa Stefani e avvieremo subito un censimento delle attività scientifiche per vedere quali sinergie si possono organizzare tra i vari gruppi di ricerca. Successivamente ci organizzeremo dal punto di vista finanziario per supportare i progetti. Non possiamo fare ricerca senza risorse finanziare. Le risorse che ci trasferisce lo Stato, da quest’anno, non saranno più sufficienti per pagare gli stipendi. Dunque tutte le attività che organizzeremo saranno specifiche, poiché non possiamo più finanziare la ricerca semplicemente con il trasferimento generale. Organizzeremo così grandi progetti di ricerca anche in collaborazione con altre università”.
È prevista una struttura per potenziare la ricerca?
“Noi faremo sicuramente una task force di docenti e dobbiamo vedere se inserire anche un gruppo del personale tecnico-amministrativo che possa fare da supporto per le singole attività non solo dipartimentali. Decentreremo alcune competenze ai dipartimenti che così potranno godere di autonomia amministrativa controllata. Abbiamo però bisogno di un’amministrazione centrale che sia una tecnostruttura moderna che fornisca servizi innovativi. Bisogna innovare il campo delle competenze nell’ottica di fornire servizi e di dare soluzioni ai problemi. Dobbiamo formare nel medio periodo delle competenze al nostro interno. Non escludo che nel breve periodo, come hanno fatto altri atenei, possiamo rivolgerci a strutture private specializzate nell’assistenza e nella progettazione scientifica con cui si stabiliscono contratti in base al raggiungimento di determinati risultati. Gli altri atenei si sanno organizzare meglio e sanno gestire meglio i fondi comunitari e nazionali che arrivano e non è solo un problema di dimensioni dell’ateneo, ma di miglior allocazione delle risorse”.
Quali sono le azioni per potenziare l’informatizzazione?
“Su questo stiamo facendo delle opportune verifiche. Il sistema è un po’ arretrato e ci sono forme ancora rudimentali d’informatizzazione anche dell’attività amministrativa (legate ad esempio alla trasmissione via mail). Il delegato che si occuperà del centro dei servizi (il Cea), avrà il compito di migliorare la situazione. Sto chiedendo a tutti i dirigenti dei cronoprogrammi per rendere più efficiente la macchina amministrativa e lavorare per obiettivi. Sono abituato a lavorare sul campo senza scambi di corrispondenza che ci vanno perdere tempo prezioso”.
L’informatizzazione significa anche maggior trasparenza e miglior accesso alle informazioni agli allievi e ai ricercatori dell’ateneo?
“L’Università è un’istituzione pubblica come le altre e deve dare conto di come utilizza le risorse. Ho istituito una nuova delega, quella alla Programmazione strategica perché l’idea è quella di ricondurre le azioni realizzate dagli organi centrali a logiche di programmazione cioè di obiettivi non fumosi ed astratti. Su queste azioni saranno poi allocate le risorse per migliorare la qualità dei servizi. Non possiamo più consentire di gestire le risorse in base ad interessi singoli, poiché i fondi sono esigui e ci vuole una programmazione strategica seria con un’analisi dettagliata e capire anche le dinamiche territoriali per migliorare la qualità dell’offerta formativa, come quando un’azienda deve posizionare sul mercato i propri prodotti. Abbiamo intenzione anche di istituire un bilancio sociale. Credo in una pubblica amministrazione responsabile e questo rappresenta uno stimolo per fare sempre meglio”.
 
L’Università come si rapporta rispetto ai nuovi settori produttivi, in particolare la green economy?
“Se esiste oggi una possibilità di sviluppo per questo segmento, dipende dalla capacità di questi di trasformarsi e di soddisfare i bisogni della società odierna ,non solo nel campo dell’economia, ma anche della salute e della formazione e dei beni culturali. Se l’Università vuole avere un ruolo deve essere il motore di questo sviluppo. Oggi, come mai, l’ateneo deve essere il promotore del cambiamento sociale ed economico. Lo sviluppo dell’Isola non può dipendere solo dal turismo, settore comunque importante per la Sicilia. Possiamo collegarci alle reti di ricerca internazionali che vanno rafforzate ed essere un traino per tutto quello che c’è sul Mediterraneo. Ad esempio, abbiamo ricevuto delle proposte dalla Libia per fare formazione in ambito sanitario. L’internalizzazione dell’ateneo va curato, ma ha bisogno di attenzione, di tempo e d’investimenti”.
È previsto un potenziamento della Scuola Superiore e dei master?
“La Scuola Superiore può essere uno strumento utile per l’Ateneo poiché può essere un ‘catalizzatore di energie’. Una struttura che seleziona e forma studenti che poi hanno avuto successo nel mondo del lavoro (dalla Ferrari fino alla Nasa) è fondamentale anche perché la capacità d’innovazione si costruisce soprattutto grazie all’ottima formazione degli studenti. La Scuola può essere un importante punto di riferimento e investiremo nel futuro su questo ambito: non solo sopravvivenza, ma anche rilancio del progetto”.
 
Parliamo di didattica, i servizi per gli studenti sono sufficienti? Lei quale impronta vuol dare?
“Abbiamo una difficoltà derivata dall’esiguo turn over dei docenti: il numero degli insegnanti si è ridotto numericamente e questo ci impone dei vincoli anche per il numero di studenti iscritti. Accanto ai numeri chiusi nazionali (ad esempio Medicina), abbiamo dei numeri chiusi programmati che variano a seconda dalla facoltà. Ad Economia fino a qualche anno fa potevamo immatricolare 1.400 studenti, ora la metà, proprio perché il numero dei docenti si è sensibilmente ridotto. Una situazione drammatica anche dal punto di vista economico: lo scorso anno il sistema universitario ha visto un calo di 60 mila iscritti a causa dei problemi economici delle famiglie che impediscono agli studenti di iscriversi. A Catania, inoltre, la situazione degli alloggi pubblici per gli studenti non è delle migliori e dunque far studiare nel capoluogo etneo un ragazzo che viene dalla provincia diviene un costo difficilmente sostenibile. Nei prossimi giorni faremo una conferenza stampa con l’Ersu per dare un servizio innovativo per gli studenti che coinvolgerà anche i proprietari di casa che però dovranno accettare determinate condizioni. In futuro potremmo anche ipotizzare, attraverso il project financing, di utilizzare parte del patrimonio pubblico, non solo universitario, per fare un campus. Pensiamo ad esempio quello che succederà quando tra due anni verranno completati i lavori del S. Marco e lì si trasferirà tutta la struttura del Vittorio Emanuele con l’abbandono della vecchia sede”.
È previsto un serbatoio per le spin off?
“Si, assolutamente. Su questo dobbiamo lavorare, ma per fare bene dobbiamo essere capaci di essere incisivi e di creare sinergia. Le idee sono belle, ma dobbiamo essere concreti e dare più operatività alle nostre iniziative”.

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