L’INPDAP dei pubblici ha rovinato l’INPS - QdS

L’INPDAP dei pubblici ha rovinato l’INPS

Carlo Alberto Tregua

L’INPDAP dei pubblici ha rovinato l’INPS

mercoledì 24 Aprile 2013

I privati pagano il deficit di 10,6 mld di euro

Per mettere a posto i conti delle pensioni, il Governo Monti, con la legge 214/11, ha disposto l’assorbimento dell’Inpdap (Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica) dentro l’Inps (Istituto nazionale di previdenza sociale).
La ragione di questa operazione, ufficialmente, è che i due istituti, unificati, risparmiano costi di gestione e, aumentando efficienza e funzionalità, fanno accorciare i tempi dei servizi ai cittadini.
Questo è vero, ma noi vogliamo smascherare il cuore dell’operazione. L’Inps aveva i conti in ordine, con plus finanziari rilevanti, frutto di due cause: la prima è che l’Istituto si è digitalizzato rapidamente ed è un modello di servizio pubblico efficiente. La seconda riguarda le proprie entrate, basate sui contributi versati da imprese e dipendenti del settore privato; sul fatto che i pensionati privati siano sempre stati liquidati con metodo contributivo, commisurando cioè le pensioni ai contributi effettivamente versati.

L’Inpdap ha agito esattamente al contrario. Istituto inefficiente e disorganizzato, abulia tipica dell’ente pubblico, grave questione finanziaria. Come è noto, i pensionati pubblici hanno avuto liquidato l’assegno con il cosiddetto metodo retributivo, non già in base ai contributi versati, ma allo stipendio percepito. La conseguenza di questo nefasto conteggio è che l’Inpdap ha erogato (ed eroga) assegni non in base alla propria riserva matematica ma facendosi dare le risorse dalla fiscalità generale.
Cosicché, siamo tutti noi contribuenti italiani che paghiamo una cospicua parte delle pensioni dei dipendenti pubblici, contrariamente a quanto avviene, come prima abbiamo accennato, nel comparto dei privati. I pensionati pubblici possono essere considerati vampiri nei confronti dei cittadini e dei pensionati privati.
Operando così, l’Inpdap ha accumulato un passivo di ben 10,6 mld €. Con la fusione, tali miliardi di debito vengono trasferiti pari pari all’Inps che quindi li compensa con i miliardi veri che ha, che però non sono sufficienti, per cui l’istituto dei dipendenti privati passa da uno stato di salute a uno di malattia ed è costretto a battere cassa per potere ripianare i debiti ricevuti.
 

In questi ultimi 30 anni, oltre alle differenze economiche fra classi sociali (quella alta raggruppa la maggior parte delle ricchezze rispetto a quella media e a quella bassa) si è verificato un forte squilibrio tra il settore pubblico e quello privato. Dalla crisi sestennale, che non è ancora finita, non è stato toccato tutto il comparto dei dipendenti pubblici: non vi sono stati cassintegrati, né licenziati.
Mentre in quello privato i perdenti posto sono stati molti e chi percepisce un assegno di soli 500 euro costituisce un lotto di decine di migliaia di persone.
Migliaia di artigiani hanno perso il lavoro, migliaia di piccoli commercianti hanno chiuso i battenti. Le sofferenze del settore privato sono state enormi. Nessuna sofferenza, invece, c’è stata nel settore pubblico.
È l’Italia di due pesi e due misure, ormai divenuti insopportabili. Non vi può essere un lotto di oltre tre milioni e mezzo di cittadini che continuano a essere protetti e quasi sei milioni di disoccupati che non possono entrare nel mondo del lavoro, pubblico o privato.

Sono passati quasi due mesi da quando gli italiani hanno votato il nuovo Parlamento e ancora non c’è un Governo. è miracoloso che i mercati non abbiano approfittato di questo vuoto per scatenarsi contro i nostri titoli pubblici. Ciò è una positiva conseguenza dell’azione del governo Monti, che ha rimesso in equilibrio i conti pubblici anche se l’ha fatto massacrandoci di tasse piuttosto che tagliare le unghie alle tante categorie di privilegiati che continuano a rimanere tali.
L’Inps ha dunque inglobato l’Inpdap, come per altri versi l’Agenzia delle Entrate ha inglobato l’Agenzia del Territorio. Mentre in quest’ultimo caso la riunione non potrà che essere positiva, perché si potranno tagliare tanti vertici-doppioni, nel primo caso la riunione è sicuramente negativa perché, come già scrivevamo, sul settore privato viene caricato il forte gravame di quello pubblico.
Ad ogni modo, ormai la frittata è fatta. Però la questione va risolta. Come? Nessun pensionato pubblico dovrà ricevere l’assegno in base allo stipendio, ma in base ai contributi effettivamente versati. Utopia? No.

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