La politica non è mestiere ma servizio - QdS

La politica non è mestiere ma servizio

Carlo Alberto Tregua

La politica non è mestiere ma servizio

sabato 27 Aprile 2013

La disoccupazione... nelle istituzioni

A distanza di oltre otto giorni, ricordo ancora il forte, seppur breve, discorso di Giorgio Napolitano. In 32 minuti ha espresso i concetti che il popolo italiano voleva sentire. Con ciò i tre poli (Pd, Pdl e Scelta civica) sono stati messi con le spalle al muro: Dovete trovare l’accordo per varare le leggi che servono al Paese, oppure ne trarrò le conseguenze. Tradotto, significa dimissioni o scioglimento delle Camere, cioè il marasma.
Nel messaggio del Presidente vi è un’indicazione precisa: la politica non è mestiere ma servizio. Cioè, devono essere emarginati i bisogni personali di chi rappresenta il popolo, ed elaborate leggi che vadano incontro e siano subordinate all’interesse generale.
Per entrare nel concreto, le leggi che il prossimo Esecutivo dovrà portare in Parlamento per ottenerne una rapida approvazione, dovranno indicare in sintesi la disoccupazione… nelle istituzioni. Vale a dire, occorrerà che migliaia di persone escano dalle stanze dei Palazzi e ritornino a fare i mestieri e le professioni (se ce l’avevano) dalle quali sono provenuti. A meno che non provenissero da uno stato di disoccupazione e abbiano sfruttato l’incarico istituzionale per percepire uno stipendio piuttosto che esercitare un servizio.

Settemila società partecipate, costituite dagli enti locali come serbatoi per assumere personale senza concorso, 40 mila amministratori di dette partecipate, 25 mila revisori dei conti: tutti compensi pagati a vuoto perché i servizi delle predette partecipate potevano (e potrebbero) essere prodotti da dipartimenti interni, organizzati in maniera efficiente e diretti da professionisti validi, che ci sono.
Centinaia di migliaia di dipendenti ministeriali che non hanno ragion d’essere, centinaia di migliaia di dipendenti delle Regioni, di cui solo una parte necessaria, fra cui decine di migliaia di cosiddetti precari. La fiscalità generale non può più sostenere tutti questi compensi pagati a vuoto perché ad essi non corrispondono i servizi per i cittadini.
La Pubblica amministrazione è preposta proprio a servire i cittadini e non a un comportamento autoreferenziale che rende il Paese conservatore e non competitivo, con la conseguenza che tutti i meccanismi di crescita sono inceppati.
 

Se fosse chiaro a tutti costoro, compresa la banda dei Grilletti, che la politica non è un mestiere ma un servizio, i comportamenti cambierebbero profondamente. Finirebbe l’abuso dell’utilizzo di risorse pubbliche, distratte in mille rigagnoli d’interessi personali, come stanno dimostrando le benefiche inchieste delle Procure di tutta Italia che, finalmente, stanno indagando su centinaia di consiglieri regionali che hanno dilapidato i nostri soldi per i loro interessi.
Non possiamo aspettarci che la magistratura risolva il problema della disfunzione e della corruzione nella Pa, della disfunzione e della corruzione di tutte le istituzioni.
Occorre rinsavire: passare cioè da questo stato di vampirismo delle risorse pubbliche ad una condizione di equità generale nella quale ad ogni prestazione istituzionale o burocratica, corrisponda un’azione utile alle attività di servizio.

Il Governo che Enrico Letta sta cercando di formare deve avviare la sua attività. Dai primi disegni di legge o decreti legge, si capirà se i suoi passi si muovono nel solco tracciato da Napolitano. Si capirà se i partiti che sostengono la maggioranza hanno capito la lezione presidenziale.
Il Pdl rinunziando a ipotesi di salvaguardia del suo padrone; il Pd rinunziando all’estrema sinistra dei Fassina e della Fiom (che vadano con Sel) e alle paturnie di una Rosy Bindi che anziché stare in pensione continua a pontificare con la sua solita saccenteria. E Scelta civica che intenderà continuare nel solco tracciato dal presidente Monti, con la spinta a diffondere maggiore equità nel Paese.
Certo, le lobby dovranno rinunziare a una parte dei privilegi: imprenditoria, sindacati, ordini professionali, false associazioni del terzo settore, falsi invalidi ed altri truffatori di tal fatta, dovranno capire che la festa è finita.
Basta contributi a pioggia a destra e a manca, anche a quegli istituti che producono cultura, come i teatri dell’opera che hanno apparati esorbitanti ed inutili alla loro attività.

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