Prevenzione del dissesto idrogeologico, 7 sindaci su 10 se ne lavano le mani - QdS

Prevenzione del dissesto idrogeologico, 7 sindaci su 10 se ne lavano le mani

Calogero Conigliaro

Prevenzione del dissesto idrogeologico, 7 sindaci su 10 se ne lavano le mani

venerdì 03 Maggio 2013

Solo il 30 per cento dei Comuni agrigentini ha presentato il nuovo Piano di protezione civile

AGRIGENTO – Le abbondanti piogge dei mesi scorsi hanno dimostrato – se mai ce ne fosse stato bisogno – come la provincia agrigentina sia ad alto rischio idrogeologico e come senza un’opera seria di prevenzione la situazione non potrà che peggiorare.
Tra i fatti recenti che hanno portato nefaste conseguenze ci sono stati il crollo del viadotto sul fiume Verdura – che ha interrotto la trafficatissima Stradale 115 nei pressi di Sciacca causando lo stop ai collegamenti tra l’Est e l’Ovest della parte centromeridionale dell’Isola – o i crolli di costoni come quello di contrada Scavuzzo a Realmonte, che ha interrotto la Sp 68 proprio nei pressi della Scala dei Turchi. A Porto Empedocle, invece, l’allarme resta alto visto che la città è divisa in zona alta e bassa e diversi costoni sono a rischio, senza dimenticare come nelle settimane scorse si sia evitato il peggio grazie ai recenti interventi della Protezione civile che hanno fissato delle reti in acciaio sotto il costone di Vincenzella, a protezione dei palazzi costruiti in via Lincoln.
Una realtà che colpisce tutta la provincia capoluogo compreso, dove si ricorderà il crollo di un muro nella via Empedocle e di altri costoni sovrastanti il viale della Vittoria.
Una situazione difficile, che dovrebbe spingere i Comuni a intervenire in termini di prevenzione e consolidamento, ovviamente con la collaborazione della Regione e del Dipartimento della Protezione civile.
“Vorrei essere innanzitutto chiaro su un aspetto – ha spiegato il responsabile provinciale della Protezione civile, Maurizio Costa – poiché noi della Protezione civile, per quanto riguarda il rischio idrogeologico, abbiamo il compito di supportare i Comuni nella prevenzione per la realizzazione dei Piani di Protezione civile: sono i sindaci che devono identificare le zone a rischio nei loro territori”.
“L’ordinarietà dei dissesti – ha aggiunto – è quindi conosciuta dai primi cittadini, mentre soltanto i danni non prevedibili, che mettono a rischio la pubblica incolumità, secondo la legge 225/1992 sulla Protezione civile, ci coinvolgono per un intervento dopo un’ordinanza apposita. Lo smottamento di un muro, per esempio, non è di nostra competenza, soprattutto dopo che questo sia stato messo in sicurezza”.
“Il fatto che i Comuni o la Provincia – ha ribadito Costa – non abbiano fondi, non cambia le carte in tavola. La Protezione civile non è la banca di nessuno. Per fare un esempio pratico, basti pensare al crollo della Sp 68: in quel caso, essendo la strada di competenza provinciale e non essendoci stata nessuna calamità naturale, è la Provincia regionale che deve intervenire, come tra l’altro è intervenuta. La frana di Agrigento, essendo un fatto molto ampio, è invece di nostra competenza, così come è capitato per la frana di Porto Empedocle a seguito di un’ordinanza ministeriale. Ovviamente, tutti gli interventi dipendono dalle disponibilità di bilancio. Il territorio provinciale è ad alto rischio idrogeologico e se non vi saranno interventi di manutenzione, nei prossimi anni i danni saranno certamente maggiori”.
Nonostante però la grande responsabilità che hanno sulle spalle, le amministrazioni agrigentine sembrano poco interessate all’argomento prevenzione. Come ha spiegato lo stesso Costa, soltanto il 30% dei Comuni agrigentini ha presentato il Piano di protezione civile aggiornato all’ultima data di scadenza del 31/12/2012. Tutti gli altri, e dunque il 70% dei Comuni della provincia, restano a guardare nonostante le sollecitazioni di Protezione civile e Prefettura di Agrigento”.
Solo per citare i casi delle città più importanti che mancano all’appello, nel capoluogo il documento è al vaglio del Consiglio comunale, mentre da Porto Empedocle fanno sapere che il testo è “a buon punto” anche se non è dato sapere una data certa per la sua approvazione.
La prevenzione è fondamentale per evitare futuri guai a cose e persone, ma gli Enti locali sembrano dimenticarlo, anche a causa di bilanci ingessati per colpa di spese correnti sempre più gravose. Senza risorse messe a disposizione del capitolo investimenti, difficilmente potranno mettersi in atto quegli interventi necessari per un territorio ormai divenuto pericolante e in cui ogni evento atmosferico di una certa rilevanza rischia di provocare una nuova tragedia a causa di anni di abusivismo edilizio incontrollato e disboscamento selvaggio.



Il “caso” Porto Empedocle tra molte zone a rischio
 
PORTO EMPEDOCLE (AG) – Quella della città empedoclina è la storia di un abitato che, ingrandendosi, ha raggiunto il costone naturale che sovrasta la parte costiera e per tale ragione è divenuta certamente a rischio idrogeologico. E non si comprende, in tal senso, come le precedenti amministrazioni comunali abbiano potuto autorizzare la costruzione di palazzine sottostanti costoni a rischio frana.
I costoni a rischio in città sono numerosi, come quello del Bellavista dove recentemente, proprio sulla cima, sono state realizzate abitazioni estive.
Altro problema che nei mesi scorsi ha interessato Porto Empedocle è l’impeto del torrente Salsetto, che ha corroso un vicino terreno che dovrebbe vedere sorgere una struttura per disabili grazie all’associazione “Le nuove ali”.
Per arginare queste situazioni pericolose, però, il sindaco Calogero Firetto sostiene di non avere fondi per intervenire con una rapida messa in sicurezza. “Sul costone di via Vincenzella – ha spiegato il primo cittadino e deputato Ars – siamo intervenuti a nostre spese per rimuovere il terreno distaccato, ma per altri interventi avremo bisogno di fondi della Regione Sicilia, senza cui non è possibile svolgere un’azione a tutela dei cittadini”.
Occorre allora una seria progettazione, in grado di intercettare i fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Per i Comuni (non soltanto quello empedoclino) è arrivato il momento di smettere di piangersi addosso, rimboccarsi le maniche e produrre progetti seri e immediatamente cantierabili.

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