L’esercito dei disoccupati siciliani alimentato da pigri e scoraggiati - QdS

L’esercito dei disoccupati siciliani alimentato da pigri e scoraggiati

Michele Giuliano

L’esercito dei disoccupati siciliani alimentato da pigri e scoraggiati

martedì 07 Maggio 2013

Istat rivela la presenza di molti che si dicono pronti a lavorare ma non cercano le opportunità sul mercato. Intanto si allunga la lista delle aziende che chiudono e quindi dei licenziamenti

PALERMO – Nel 2012 c’è stata una crescita di disoccupati in Sicilia pari ad un +32,6 per cento rispetto all’anno precedente. L’Istat dipinge così, in maniera statisticamente cruda, l’ennesimo picco negativo che si registra nell’ambito del mercato del lavoro regionale sempre più vittima di un sistema ingarbugliato fra mille problemi e altrettante difficoltà.
I profili individuati dall’Istat sono molteplici e mettono in evidenza che anche il siciliano ha cambiato atteggiamento rispetto al passato. Ad esempio ci sono quelli che dichiarano di cercare lavoro ma “non attivamente”. Cioè vale a dire che aspirano ad un lavoro ma non si sbracciano per trovarlo, forse nella speranza di qualche raccomandazione o più semplicemente perché scoraggiati. In questo senso l’Isola ha la peggiore perfomance d’Italia: ci sono ben 349.000 disoccupati “poco attivi”. Poi ci sono i cosiddetti “pigri”, ovvero quelli che dichiarano di “non cercare lavoro ma di essere disponibili a lavorare di fronte ad un’offerta”: anche in questo caso la Sicilia è una delle regioni italiane con il maggior numero di questi profili di “cerca lavoro” in quanto se ne contano 197.000.
I sindacati oramai non hanno più dubbi sull’attuale momento siciliano: “E’ una vera e propria emergenza quella che sta colpendo in particolare il mondo del commercio in Sicilia” sono le parole del segretario generale Fisascat Cisl Mimma Calabrò. Il quadro che emerge d’altronde è davvero sconfortante. Secondo i dati del 38° report annuale della Fondazione Curella, il tasso di disoccupazione in Sicilia ha raggiunto il 18,4 per cento con picchi maggiori per i giovani e per le donne.
In Sicilia solo nel 2012 si sono persi circa 100.000 posti di lavoro e il 2013 non fa presagire nulla di buono. A Palermo si contano 2.953 aziende sotto procedura concorsuale e 5.183 in liquidazione. Lungo via Roma, un tempo “salotto” commerciale della città, sono decine ormai i negozi che hanno chiuso i battenti. In via Libertà a Palermo chiuso anche lo store Benetton. E ancora, la storica gioielleria palermitana Fiorentino che ha messo in cassa integrazione 47 dipendenti. La lunga lista delle chiusure storiche include anche Grande Migliore che ha abbassato le saracinesche dopo 84 anni di attività lasciando 185 lavoratori posti in cassa integrazione a zero ore, salvo poi riaprire successivamente i battenti in forma ridimensionata. Gruppo Livorsi, azienda che negli ultimi cinque anni ha visto dimezzare il proprio fatturato lasciando a casa 150 persone e 55 dipendenti in cassa integrazione e ancora la vertenza Aligrup che coinvolge circa 2.000 persone tra dipendenti diretti e indotto.
A Palermo ancora incerto il futuro del centro commerciale Guadagna e del centro. E ancora Gesip, i cui lavoratori coinvolti sono 1.805, e l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese, dove a rischio sono circa 2.000 lavoratori. A queste grandi aziende bisogna poi aggiungere anche quelle di media e piccola dimensione come Schillaci, Center Gross, Bucalo, Burger King, Fratelli la Bufala all’interno del centro commerciale Forum di Palermo e questi sono soltanto alcuni esempi.
 


L’approfondimento. Un osservatorio utile al lavoro ma mai costituito
 
Per fronteggiare questa emergenza la Fisascat nei mesi scorsi aveva incontrato l’oramai ex assessore regionale alle Attività produttive, Marco Venturi, al quale è stato chiesto di istituire un Osservatorio permanente del Commercio e del Terziario per monitorare il settore. Purtroppo non se ne fece nulla concretamente anche se il problema dei licenziamenti si è pericolosamente allargato a macchia d’olio. “Abbiamo chiesto all’assessore – disse Mimma Calabrò – di creare una ‘long list’ nella quale inserire tutti coloro che vivono il dramma della fuoriuscita dal mondo del lavoro e di vincolare, in sede alla Conferenza di Servizi, il rilascio delle autorizzazioni per gli insediamenti di nuove attività commerciali all’obbligo di assumere coloro che sono usciti dal mercato del lavoro attingendo dalla long list”. Tutto rischia di diventare un allarme più che economico, sociale.
Nel 2012 sono state 89 le persone, tra cui tre donne, che sull’orlo del fallimento e schiacciate dai debiti hanno deciso di togliersi la vita, da qui la media che sfiora le 8 persone al mese. Sono invece 48 i tentativi di suicidio registrati tra i mesi di gennaio e dicembre del 2012.

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