Imprese siciliane, 30 mila posti in meno - QdS

Imprese siciliane, 30 mila posti in meno

Michele Giuliano

Imprese siciliane, 30 mila posti in meno

sabato 29 Agosto 2009

Secondo i dati diffusi da UnionCamere del primo trimestre del 2009 le Pmi perdono unità lavorative. Crisi economica e ritardi nei pagamenti della Pubblica ammnistrazione le principali cause

PALERMO – La crisi si fa sempre più pesante, e in Sicilia non risparmia nessuno.
 Anche le imprese più ricche ed innovative, che erano riuscite a crearsi un mercato all’estero, stanno attraversando un momento molto difficile, con gravi risvolti per il mantenimento dei livelli di occupazione. Palestre, centri di bellezza, negozi di ceramiche e perfino bar e ristoranti sono stati costretti a “calare la saracinesca”.
Secondo i dati diffusi da Unioncamere, nel primo trimestre di quest’anno si contano oltre due mila imprese in meno, e anche nelle province che tengono testa come Ragusa grazie alle imprese artigiane, si registra un incremento di procedure fallimentari. Per i sindacati il pericolo è serio: in bilico ci sono oltre 30 mila posti di lavoro.
I più grandi gruppi industriali presenti nell’Isola sono in grave difficoltà.
Da più parti, industriali e sindacati chiedono alla politica di scuotersi per affrontare la crisi con soluzioni concrete, interventi importanti ed efficaci contro il progressivo depauperamento delle risorse isolane.
“La Regione e gli enti locali devono intervenire – sostiene Tuccio Cutugno, segretario provinciale di Catania della Fiom Cgil -. Così si rischia di impoverire il territorio. È incomprensibile, per esempio, come il cosiddetto “modulo 6” della Numonyx, nata da una joint¬venture tra Stm e Intel, una fabbrica che doveva competere con quelle asiatiche e che doveva occupare circa mille e 500 lavoratori, è rimasta una bellissima scatola antisismica vuota”.
Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia e del Banco di Sicilia, osserva che ci sono rilevanti investimenti privati cantierabili nell’arco di poche settimane, soprattutto nel settore energetico, che però restano bloccati.
“Abbiamo calcolato che ammontano a circa 4 miliardi, quasi il 5 per cento del Pil regionale, potrebbero avere un effetto imponente sull’economia siciliana – dice – ma non riescono a partire per lungaggini burocratiche.
Le cause sono molteplici: una pubblica amministrazione non efficiente, non sintonizzata con le esigenze delle imprese, molto autoreferenziale. Siamo certi che il governo della Regione stia lavorando per cercare soluzioni a questo problema, che rischia di essere più dannoso della stessa crisi”. Un “grande accordo anti-crisi che faccia leva sul fisco di vantaggio”, tra governo della Regione, parti sociali, banche, enti locali, è ancora la proposta avanzata da Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia.
La carta vincente è la fiscalità di vantaggio mediante “l’abbattimento generalizzato e per un periodo di dieci anni dell’imposta sul reddito d’impresa a favore di chi investa nella regione”.
“Il presidente della Regione seppellisca ‘l’ascia di guerra’ e ascolti le richieste degli imprenditori e dei sindacati a sostegno dell’economia e dell’occupazione” aggiunge Giuseppe Lupo,  deputato regionale e componente della segreteria nazionale del Pd. “La Sicilia, in piena crisi economica, – continua Lupo – ha pagato sino ad oggi il costo sociale della ‘resa dei conti’ dell’ex maggioranza”.
 

 
Cassa integrazione, il rimedio “tampone” per molte aziende
 
PALERMO – I dati del primo trimestre del 2009 sull’occupazione in Sicilia sono decisamente sconfortanti, in tutti i comparti economici. Anche Etna Valley, gioiello dell’economia isolana, sta soffrendo della crisi economica corrente. Ne sono la prova il ricorso alle ferie pilotate e poi alla cassa integrazione per circa 2 mila e 200 dei 4 mila dipendenti complessivi dello stabilimento della St Microelectronics a Catania, uno dei più grandi produttori mondiali di semiconduttori e componenti elettronici, colonna portante della bella realtà economica che da qualche anno caratterizza la provincia di Catania. “È uno stato di salute comune a tutto il settore dei semiconduttori – spiega Carlo Marino, direttore del sito di Catania della Stm –. Dal secondo trimestre del 2008, quando si è cominciata a sentire forte la crisi, stiamo cercando di riadattare la produttività alle richieste di mercato. La nostra cassa integrazione non è a zero ore, è parziale e a rotazione per la parte manifatturiera. Ma non stiamo alla finestra. Ci difendiamo dalla crisi amplificando l’azione di innovazione, cercando di mantenere la competitività dei prodotti, salvaguardando l’occupazione e intensificando l’attività di marketing.

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