Il progetto del fare per rilanciare il Parco - QdS

Il progetto del fare per rilanciare il Parco

Antonio Leo

Il progetto del fare per rilanciare il Parco

venerdì 10 Maggio 2013

Forum con Marisa Mazzaglia, presidente dell’Ente Parco dell’Etna

Partiamo dal presupposto che il Parco dell’Etna non è secondo a nessuno. Che cosa si propone di fare per adeguarlo agli altri Parchi nazionali e internazionali, soprattutto nell’ottica di migliorarne la fruizione e renderlo una struttura viva e accogliente?
“Il nostro Parco è molto diverso rispetto agli altri. A ridosso del Vulcano, la città di Catania e tutte le altre zone metropolitane costituiscono una pressione notevolissima che in qualche modo spiega per quale ragione vi siano cosi tanti abusi, degrado, inciviltà. Ma certo c’è stata anche troppa tolleranza da parte nostra. Per rilanciare il Parco occorre sicuramente renderlo in qualche modo vissuto, soprattutto per venire incontro a chi desidera fruirne nel rispetto dell’ambiente. Racconto un episodio banale successo pochi giorni fa, ma che spiega bene la situazione: in occasione della organizzazione della settimana europea dei parchi, che si terrà dal prossimo 24 maggio al 2 giugno, abbiamo dovuto constatare che esistono regole che impediscono perfino di portare al guinzaglio il proprio cane nel territorio del Parco. Si tratta di norme che sono state interpretate con eccessivo rigore formale trascurando spesso lo scopo del territorio. Non si spiega perché una persona non dovrebbe poter passeggiare con il proprio amico a quattro zampe, mentre non si impedisce la circolazione di mezzi che distruggono realmente la natura come i quod e i fuoristrada”.
Qual è il suo programma manageriale per far saltare di qualità il Parco?
“La prima cosa che mi propongo di fare è coinvolgere quelle popolazioni che sono state mortificate dal mancato sviluppo della loro terra. Mi riferisco sicuramente alle istituzioni, specie ai venti Comuni che fanno parte dell’Ente, ma anche alle categorie produttive, alle associazioni di volontariato e ambientali, agli agricoltori, agli albergatori, alle guide turistiche e a quelle alpine: insomma a tutti coloro che sul territorio operano e hanno il desiderio di risentirsi protagonisti dello stesso. Per esempio, i privati potrebbero investire le loro risorse economiche per il recupero edilizio delle nostre strutture, molte delle quali di pregio storico. Ritengo, però, che uno degli sbocchi più importanti potrebbe essere l’agricoltura: la ripresa delle attività agricole permetterebbe una maggiore regolamentazione e controllo. È normale che in un territorio abbandonato trovino spazio gli abusi, le discariche, l’abbandono dei rifiuti. Bisogna puntare a coinvolgere la popolazione nel dedicarsi alla coltura dei frutti dimenticati dell’Etna, delle colture biologiche, di quelle ordinarie, ma anche al taglio regolamentato dei boschi con contestuale reimpianto. Quest’ultima è un’attività che in Trentino e in Val d’Aosta dà lavoro a moltissime persone”.
Il sito internet del Parco non è, al momento, un bel biglietto da visita…
“Sicuramente il restyling del sito e il potenziamento della sua funzionalità sono tra le priorità della mia azione di governo. Sarà una piattaforma di accesso a un mondo che non è soltanto quello del parco, ma anche alla cultura per l’ambiente. Il lancio del nuovo portale, comunque, avverrà molto presto”.
Quanti dipendenti avete?
“L’organico è costituto da 47 persone. Di questi, 13 sono dirigenti. In questo bilancio abbiamo zero somme per le consulenze. Abbiamo inserito soltanto una voce per alcuni agronomi che si occuperanno di fare sopralluoghi per i danni. Non abbiamo la figura del guardiaparco: per la vigilanza usiamo il corpo forestale”.
 
Sul piano turistico, quante sono le persone che hanno visitato l’area protetta e cosa si può fare per valorizzarla?
“Sono tanti i turisti, tante le scuole, tanti i gruppi organizzati. Va dato atto che alcune cose sono state fatte da chi mi ha preceduto. All’interno del Parco, per esempio, c’è uno straordinario sentiero del germoplasma, con un campo collezioni che racchiude tutte le essenze arboree e arbustive che rendono unica l’area intorno al vulcano: è un sentiero che potrebbe essere una risorsa, ma fino a ora non è stata mai messa a reddito. Si potrebbero introdurre dei ticket di accesso o una forma di fruizione che consenta di mantenere una struttura importante come quella del parco”.
Avete pensato di mettere in rete gli eventi coinvolgendo le altre istituzioni?
“Si, sicuramente è un tema importante. Nessuna amministrazione, presa singolarmente, ha più la forza economica per realizzare dei calendari. Attorno al Parco ci sono delle eccellenze su cui puntare come il pistacchio, le fragole, le nocciole, le cantine di eccellenza: abbiamo delle risorse straordinarie. Riuscire semplicemente a mettere in rete tutto quello che già c’è, costruendo un calendario unico, sarebbe un risultato straordinario. Il Parco dell’Etna, ovviamente, non deve limitarsi a fare rete con i Comuni, ma anche con gli altri parchi siciliani e nazionali.  Bisognerà superare gli anacronistici campanilismi. Non esistono politiche di versante, esiste una sola Etna: un brand conosciuto in tutto il mondo”.
 
Come valorizzare la forza lavoro che avete?
“Fino a oggi, parte dei 47 dipendenti che abbiamo in organico hanno operato per l’acquisizione e la ristrutturazione di tutta una serie di immobili e strutture di proprietà del Parco (per esempio, Villa Manganelli o il grande albergo dell’Etna). Adesso, però, questo patrimonio deve essere messo a reddito: per farlo ho intenzione di coinvolgere i giovani, le cooperative, le associazioni e quanti intendano fare della fruizione turistica e ambientale di qualità la propria professione. Ma, certo, non è la mission fondamentale del Parco  quella di gestire un albergo. Il nostro scopo è soprattutto investire seriamente su quello che ci chiedono i cittadini e i fruitori: cartellonistica, segnaletica dei sentieri, cartografia. Insomma, rendere più fruibile e accessibile il territorio intorno al vulcano”.
Com’è organizzato burocraticamente l’Ente?
“ C’è il presidente e, proprio martedì scorso, è stato eletto il nuovo Comitato Esecutivo dell’Ente con il nuovo vicepresidente. Non abbiamo il direttore generale, ma conto che possa essere nominato al più presto. Al di là della macchina burocratica, ci sono due organi politici: uno è il Consiglio, di cui fanno parte i sindaci del Parco e che ha funzione deliberativa su molte questioni relative alle regolamentazioni; l’altro è il Comitato esecutivo, una sorta di giunta che viene eletta dal Consiglio. Quest’ultimo è composto da 20 sindaci, mentre il Comitato da 4 componenti elettivi più 2 di diritto, cioè il presidente e l’ispettore ripartimentale del Corpo Forestale. Alla scorsa assemblea, ho chiesto che si guardasse a un alto profilo istituzionale: ritengo sia giusto coinvolgere i sindaci dei territori più vicini alle problematiche del Parco. Va detto che i primi cittadini dovrebbero prendere un compenso ridotto, ma hanno rinunciato alle indennità”.

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