Aborti spontanei, al Sud in crescita Sicilia tra le prime 5 regioni d’Italia - QdS

Aborti spontanei, al Sud in crescita Sicilia tra le prime 5 regioni d’Italia

Chiara Borzi

Aborti spontanei, al Sud in crescita Sicilia tra le prime 5 regioni d’Italia

martedì 14 Maggio 2013

Secondo i dati Istat, il Mezzogiorno in controtendenza rispetto alle altre zone del Paese. In due anni l’Isola ha subito un aumento di 933 casi di interruzione della gravidanza

CATANIA – All’interno del complesso mondo del sistema sanitario, la voce riguardante le interruzioni di gravidanza occupa sempre una posizione particolarmente delicata. In Italia si fa ricorso, al pari degli altri paesi, all’aborto ed è alto anche il numero di interruzioni di gravidanza avvenute in modo spontaneo.
Secondo i dati Istat, dal 2010 al 2012 entrambe le voci prese in considerazione hanno subito una diminuzione consistente ma si riscontrano ancora dati di crescita, in particolare nelle zone meridionali con Sicilia, Calabria e Campania in testa. In queste regioni la controtendenza è a volte anche molto forte. In questo lasso di tempo considerato, hanno ricorso all’aborto 222.087 donne meridionali, nel periodo tra il gennaio e l’agosto 2012 67.837. Ancora nello stesso periodo 147.287 donne hanno invece vissuto un interruzione spontanea di gravidanza, 48.967 sempre tra gennaio e agosto del 2012.
Pur se per motivazioni diverse, l’aborto è un fenomeno con cui tutto il Paese vive un confronto. Le aree centro settentrionali sono le zone in cui si sono registrati negli ultimi tre anni i più alti casi di interruzione volontaria. Le tre zone leader in Italia sono Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna con casi che oscillano tra i 19 – 13 mila l’anno, per un totale di 152.916 aborti nel biennio 2010-2011. Seguono, con differenze a seconda dell’anno considerato, Basilicata (9.711 aborti nel 2010), Piemonte (9.581 casi nel 2011), Campania, Puglia e più in basso Sicilia, in grado di rientrare tra i primi dieci posti per numero di aborti annuali. Il report dell’isola ha registrato nel triennio 2010-2011-2012 un aumento significativo: dai 6.979 casi si è passati ai 7.912 del 2011 per giungere sin alla prospettiva negativa di 5.630 registrati solo nel periodo tra gennaio e agosto 2012. Mentre le altre regioni d’Italia hanno subito una diminuzioni degli aborti, Lombardia -862, Lazio -786, il meridione rimane l’unica fascia del paese a vivere un aumento a causa dei dati siciliani ( +933) e quelli della Campania ( +521).
Non migliorano i dati della Sicilia nei casi di aborto spontaneo. La regione è passata dal 9° al 5° posto nella classifica nazionale tra il 2010 e il 2011, ritrovandosi tra le prime cinque regioni con il più alto numero di pazienti dimesse a causa di un aborto non voluto, mentre il resto d’Italia vedeva diminuire le proprie esperienze nel caso. Sebbene sia complessivamente positiva la diminuzione degli aborti spontanei, la continua controtendenza delle zone meridionali, con ancora in testa Sicilia e in questo caso anche Calabria, continuano ad ostacolare l’avvio definito della diminuzione delle statistiche italiane.
I 175 mila casi in meno registrati negli ultimi anni sono un ottimo punto da cui partire per invertire la tendenza negativa. La riduzione degli aborti spontanei nei paesi è spesso sintomo dei miglioramenti del sistema sanitario nazionale, a cui possiamo aggiungere i casi di tutela della donna nel settore lavorativo, con la concessione di permessi di maternità alle madri e, in modo inedito per l’Italia, di paternità per i padri. Possiamo considerare anche la tutela nella vita quotidiana, garantita con spazi e luoghi preferenziali riservati alle future madri, e, infine, anche la possibilità non scontata di ricevere assistenza dalla propria famiglia nei nove mesi di gestazione.
In un periodo di ristrettezza come quello attuale, ridurre trasformare questi accorgimenti in comportamenti sociali ben consolidati, può essere il modo migliore per continuare a garantire il miglioramento del periodo di gestazione senza rinunce. E’ scontato pensare che nella società meridionale, spesso priva anche di servizi basilari, questo compito possa essere difficile da svolgere, ma è necessario non fornire alibi per tentare di costruire un sistema di sostegno sociale comunque necessario per il futuro di tutti.

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