Guida minima alla scelta del 5 per mille. Un piccolo, grande, gesto a costo zero - QdS

Guida minima alla scelta del 5 per mille. Un piccolo, grande, gesto a costo zero

Antonio Leo

Guida minima alla scelta del 5 per mille. Un piccolo, grande, gesto a costo zero

giovedì 30 Maggio 2013

Per il 2013 è stato rifinanziato: basta compilare il riquadro del 730, Cud o Unico per destinare una parte dell’Irpef agli enti benefici. Nonostante il tentativo del governo Monti, ancora il meccanismo di sussidiarietà intelligente è precario

PALERMO – Ogni anno circa 15 milioni di italiani utilizzano quella fiscalità dal basso per scopi nobili che è il cinque per mille. Un meccanismo attraverso il quale lo Stato “cede”, in modo intelligente, un pezzetto della sua sovranità ai cittadini-responsabili, che con un semplice gesto a costo zero possono sostenere il terzo settore e il Welfare State. Si tratta di un sistema che sebbene ridefinito e rifinanziato ogni anno, non è mai entrato in maniera organica nel nostro ordinamento. Un vulnus legislativo che di fatto lega la sopravvivenza del cinque per mille al bello e al cattivo tempo dei Governi. Mario Monti, almeno, ci aveva provato: lo scorso aprile 2013 annunciava la rapida “stabilizzazione della norma del cinque per mille”. La storia recente, però, si è messa di traverso: le dimissioni improvvise dell’ex premier hanno fatto decadere l’iter della “Legge delega fiscale” che conteneva la suddetta stabilizzazione. Spetterà, dunque, al nuovo Parlamento (nei banchi del quale siedono molti attivisti delle categorie Non profit) provvedere a colmare un vuoto inaccettabile per una delle poche prassi realmente civili consolidate nel nostro Paese.

Che cos’è il 5 per mille.
Si tratta di un meccanismo di sussidiarietà fiscale, introdotto per la prima volta nel 2006, “in via sperimentale”, dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Sebbene il carattere di “provvisorietà” continui a persistere, ogni anno viene reintrodotta dalla Legge finanziaria. In pratica, attraverso un’apposita sezione presente nei modelli Unico, 730 o Cud, si può destinare il 5 per mille dell’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) scegliendo tra diversi soggetti: Onlus, associazioni di promozione sociale, associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10, comma 1, lettera a, del Dl 460/97; ancora, enti dediti alla ricerca scientifica e alla sanità, Università e servizi sociali dei Comuni, nonché associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni. Dal 2012, inoltre, sono entrati nel novero dei beneficiari anche gli Enti “esercenti attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici”. Naturalmente i beneficiari, dopo aver richiesto di accedere ai contributi per il 2013, devono essere inseriti nell’apposito elenco pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate entro il mese di maggio.

Come scegliere, cosa scegliere.
Il 5 per mille è un meccanismo vincente soprattutto per un motivo: premia il merito. Se il cittadino ritiene che l’associazione alla quale l’anno prima ha destinato i suoi soldi non li ha spesi bene, può tagliare sprechi e inefficienze con un paio di colpi di penna.
Non è facile, anzitutto, essere recettori del 5 per mille. Le organizzazioni devono superare le verifiche formali e sostanziale richieste dall’Agenzia dell’Entrate per l’inserimento nell’elenco dei beneficiari (con la possibilità per le istanze rigettate di ripresentare o integrare la domanda entro il 30 settembre, pagando una sanzione di 258 euro). Inoltre tutti gli Enti che ricevono il 5 per mille, a partire dall’anno 2008 e seguenti, devono rendicontare le somme raccolte (con obbligo per i Ministeri competenti di pubblicare successivamente i bilanci nel proprio sito). E qui scatta il meccanismo di controllo dei cittadini, che possono verificare ex post la correttezza di gestione del soggetto al quale intendono destinare il contributo.

Un piccolo gesto che non costa nulla.

Abbiamo già scritto, dalle colonne di questa pagina, quanto sia importante il terzo settore come “ammortizzatore sociale”. Ma ancora più importante è la percezione dei cittadini: recenti dati attestano che un siciliano su quattro antepone l’universo non profit a tutte le altre istituzioni. Proprio per questo è utile che il meccanismo del 5 per mille possa raggiungere anche gli strati più profondi della popolazione. Per farlo occorre ripetere, come un mantra, che “non costa nulla”. Nessuno aggravio è previsto rispetto alla cifra che il contribuente in ogni caso è tenuto a pagare per l’Imposta sul reddito.

I millesimi contano.
Sono parecchie le differenze tra il 5 e l’8 per mille. Anzitutto per quanto attiene al numero dei soggetti: mentre del primo possono beneficiare un numero inusitato di soggetti (si parla di decine di migliaia), del secondo gode solo una fascia molto ristretta: lo Stato e 6 confessioni religiose.
Molto diversa è anche la composizione dei finanziamenti: nel caso dell’8 per mille, i fondi sono prestabiliti e le indicazioni dei cittadini valgono soltanto al fine della distribuzione degli stessi; invece la consistenza del 5 per mille cresce all’aumentare del numero dei partecipanti. In altre parole più sono i cittadini che compilano il riquadro del 730 o del Cud, maggiore sarà il fondo stanziato. Tali distinzioni si ripercuotono sui meccanismi di riparto.
Nel caso del 5 per mille, essendo un meccanismo contributivo, le somme derivanti dalla mancata indicazione dell’Ente a cui destinarlo verranno trattenute dallo Stato per le spese correnti. Invece, nell’8 per mille, i resti del fondo vengono ripartiti tra i partecipanti proporzionalmente alle scelte effettuate dai cittadini.

Il 5 per mille viene destinato attraverso un apposito riquadro presente nel Cud, nel modello 730-1 redditi 2012, nel Modello Unico Persone Fisiche e nel Modello Unico Persone Fisiche-MINI. Il contribuente ha due possibilità: o devolvere il 5 per mille all’intero settore, per esempio il volontariato, limitandosi ad apporre la propria firma nella relativa casella; oppure può scegliere di destinare il proprio contributo a una specifica organizzazione. In questo caso deve inserire, insieme alla sottoscrizione, il Codice fiscale dell’associazione prescelta nello spazio predisposto (rimanendo nell’esempio di prima, nella case dedicata alle associazioni di volontariato, fondazioni ecc..).
Importante: Il 5 per mille non è alternativo all’8 per mille. È possibile operare entrambe le scelte in maniera autonoma.

Anche se non costa nulla, il cittadino nel momento in cui compila l’apposito riquadro dedicato al cinque per mille opera una scelta: decide a quale Ente destinare la sua piccola porzione di contributo. Proprio per questo, a partire dalla Finanziaria del 2008, il legislatore ha introdotto l’obbligo per gli Enti del terzo settore di rendere conto della destinazione delle somme percepite quali quote del 5 per mille dell’Irpef. Il dovere di rendicontazione riguarda le quote percepite a partire dall’anno finanziario 2008, cioè le somme destinate dai contribuenti con la dichiarazione dei redditi del 2007. Solo gli Enti di volontariato e le Onlus che hanno percepito somme pari o superiori a 20 mila euro sono tenuti all’invio al Ministero del Lavoro del modello di rendiconto (in esso si trovano cinque voci di spesa: risorse umane, costi funzionamento, acquisto di beni e servizi, erogazioni e altro) e della relativa relazione illustrativa nei casi previsti dalle linee-guida o alle integrazioni richieste dalla Direzione generale del Terzo settore. A controllare il corretto espletamento delle procedure di rendiconto è il Dipartimento sociale del ministero del Lavoro, al quale vanno inviati i bilanci entro un anno dal ricevimento delle somme. Gli altri Enti, che hanno percepito importi inferiori, sono tenuti comunque alla rendicontazione e alla custodia di tale documentazione presso la sede legale per un periodo di dieci anni, a disposizione di eventuali verifiche amministrativo-contabili. Con Decreto legge n. 225 convertito in Legge 26/2/2011, n. 10, e con Legge n. 183 del 12/11/2011 sono state prorogate le disposizioni contenute nel Dpcm 23/4/2010 per gli anni finanziari 2011 e 2012 (dichiarazioni redditi 2010 e 2011) e, quindi, l’obbligo di rendicontazione delle somme percepite a titolo di 5 per mille.

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