Sebbene sia molto inusuale, è possibile sposarsi secondo rito puramente religioso senza avere effetti civili?
“In Italia, se io intendo sposarmi solo religiosamente lo posso ovviamente fare. Nel matrimonio cattolico per esempio, c’è un matrimonio canonico e uno concordatario. Gli sposi non sono obbligati a volere effetti civili sul matrimonio. Prendiamo il caso di due persone che si sono appena separate civilmente: in attesa del divorzio, se uno dei due si vuole unire per forza ad un’altra persona può farlo sposandosi solo religiosamente e poi a tempo debito richiedere pure effetti civili. Il matrimonio concordatario è un sistema con il quale con una sola cerimonia si fanno tutte e due cose, ma il matrimonio civile e quello religioso sono due cose distinte e separate.
Nel caso di un matrimonio acattolico il ministro del culto, nel momento in cui celebra un matrimonio con effetti civili, sostituisce l’ufficiale di stato civile (il sindaco o il suo delegato), e quindi quelle funzioni lui le esercita perché gli sono state delegate. Quando il ministro celebra un matrimonio religioso, l’ufficiale di stato civile chiaramente non c’entra niente. Quindi quando il rito è unito, lui svolge le funzioni sia di ministro che di ufficiale di stato civile. C’è comunque da dire che quando noi parliamo di matrimonio acattolico, in Italia moltissime delle confessioni religiose che sono a noi conosciute hanno ormai stipulato delle intese, accordi, con lo Stato, in virtù del quale anche qui con un unico rito si fanno le stesse cose che accadono col matrimonio cattolico concordatario”.
“Ci sono paesi in cui la chiesa cattolica ha un concordato, specialmente in quelli ad alta concentrazione di fedeli cristiani come il Brasile o la Spagna, e grosso modo sono accordi come quello vigente in Italia. Solo in uno Stato dove non c’è liberta di culto, un matrimonio puramente religioso senza effetti civili non potrebbe aversi. Contrarre matrimonio d’altronde solamente religioso significa vivere liberamente la propria confessione. Nel matrimonio puramente religioso non c’è un riconoscimento da parte dello Stato degli effetti civili del matrimonio, questo significa che anche in Italia se due persone si sposano solo religiosamente è come se non fossero sposate”.
“Se nella pratica convivono, chiaramente rientreranno nell’alveo di quelle regole, sebbene limitate, che lo Stato riserva alle convivenze”.
“Il problema non è se un Paese è più portato rispetto ad un altro alla separazione dei beni o non. Innanzitutto dobbiamo distinguere due cose se noi vogliamo parlare di regimi patrimoniali all’interno del matrimonio: se parliamo del regime che regola l’acquisto dei beni durante il matrimonio, o degli effetti che possono derivare dalla separazione o dallo scioglimento. Perché con il termine regimi patrimoniali, dal punto vista tecnico facciamo riferimento soltanto ai primi, però nell’uso comune si parla di rapporti patrimoniali anche nel secondo caso. Sono due concetti da tenere comunque assolutamente separati. Se noi vogliamo trattare primo discorso (coppia non in crisi), gli ordinamenti europei ultimamente sono indirizzati (almeno quelli di civil law) verso la comunione dei beni e la separazione dei beni come regime opzionale, ma con assoluta libertà ovviamente da parte dei coniugi di preferire il secondo rispetto al primo. Regime di comunione significa che quando vi è il matrimonio, se i coniugi non dichiarano niente, sono in comunione dei beni. Situazione che comunque può essere rivista, in qualunque momento. Si tratta di regimi sempre opzionali, sempre modificabili. L’etichetta comunione legale è uguale per tutti i Paesi, ma non ne sono uguali i contenuti. La comunione che vige in Italia ha regole diverse da quelle degli altri Paesi. Situazioni profondamente diverse”.
“In Germania la comunione dei beni come noi intendiamo per esempio non esiste. O meglio esiste, ma come scelta opzionale. I coniugi amministrano come beni propri quelli acquisiti durante il matrimonio. Ciò che accade è che quando si scioglie la comunione legale a quel punto si dovranno fare delle valutazioni circa la consistenza dei patrimoni del marito e della moglie. Il patrimonio della moglie, da quando si è sposata a quando divorzia, come si è modificato? In più o in meno? Di questo ipotetico in più si deve tener conto. Lo stesso discorso faremo per il patrimonio del marito. Nella misura in cui entrambi i patrimoni si siano accresciuti entrambi, il coniuge che hai il patrimonio più grande dovrà dare metà della differenza alla moglie. Ma in valore o in beni. Ma una comunione su questi beni non ci sarà mai. Comunione nei conteggi, non nei beni. Quindi sarà un regime completamente diverso pur chiamandosi comunione legale”. CATANIA – Il matrimonio è una scienza. Così Honorè de Balzac parlava della legittima unione tra un uomo e una donna nell’opera “Fisiologia del matrimonio”.
Inghilterra e Stati Uniti
Nei paesi in cui vige il regime di Common Law (Inghilterra, Stati Uniti), la giurisprudenza e la prassi hanno fatto sì che nella maggior parte dei casi, quando due persone si sposano, i beni restino automaticamente separati. C’è infatti una cultura che tende a non considerare il matrimonio come un’unione economica. In sintesi dunque, non si acquistano diritti sui beni dell’altro coniuge durante il matrimonio, ma solo al suo scioglimento, molto spesso solo a titolo di indennizzio. Tuttavia negli ultimi anni in Inghilterra così come negli Stati Uniti, le corti si sono aperte all’ipotesi che la casa potesse essere considerata in comproprietà tra i coniugi. Ma la grande differenza tra i paesi di Common Law e quelli che invece sono più improntati ad uno spirito comunitarista risiede nella grande discrezionalità delle corti.
Germania
Piuttosto simile il caso della Germania, in cui due persone che si sposano, se non specificano il regime matrimoniale fanno scattare automaticamente la separazione dei beni. Le masse patrimoniali dei coniugi sono pertanto trattate come se non fosse mai intercorso un matrimonio, con la sola eccezione dell’uso reciproco della casa e della mobilia.
Francia
Completamente diverso è il regime matrimoniale in Francia, paese tipo della comunione dei beni. Un regime improntato negli anni ‘60 ad un assoluto potere dell’uomo nella amministrazione dei beni. Via via con gli anni, però, la disciplina si è ammorbidita e nel 1985 è stato emendato l’art. 1421 Code Civil in cui a ciascun coniuge viene attribuita la disposizione separata dei beni comuni. Al termine del matrimonio vi è comunque una distribuzione equa dei beni.
Giappone
In Estremo Oriente, la società ancorata fortemente alle tradizioni, si è dovuta scontrare con l’occidentalizzazione avvenuta nel secolo scorso. In Giappone per esempio, in seguito all’occupazione americana nel periodo successivo ad Hiroshima e Nagasaki, venne abolito nel 1947 il sistema previgente dello “Ie”, letteralmente gruppo familiare. Gran parte delle questioni legali, civili e penali, vedevano coinvolte le famiglie piuttosto che i loro singoli componenti. Anche qui, come in Italia vi è stato il passaggio dalle famiglie patriarcali o estese a quelle nucleari, specialmente nel dopo guerra. Il diritto giapponese ha subito così una radicale riforma del diritto di famiglia, improntato per lo più ai vigenti regimi di separazione dei beni statunitensi e occidentali, sebben ancora oggi molte pratiche dello “ie” siano seguite informalmente da moltissimi giapponesi.
Italia
Per quanto riguarda il nostro Paese, vi sono ad oggi 4 possibili regimi matrimoniali che i coniugi possono scegliere: la comunione assoluta, la separazione dei beni, il fondo patrimoniale e la comunione dei beni limitata ai beni acquistati durante il matrimonio. Se i coniugi non specificano niente durante l’atto di matrimonio si attuerà automaticamente il primo dei regimi sopra elencati. C’è da sottolineare però che l’Italia ha risentito molto della dottrina cattolica, fino al 1970 il divorzio non era consentito e ciò creava molti ostacoli alla disciplina delle semplici separazioni.