Matrimonio canonico, unione spirituale e religiosa scevra dagli effetti civili - QdS

Matrimonio canonico, unione spirituale e religiosa scevra dagli effetti civili

Gianluca Di Maita

Matrimonio canonico, unione spirituale e religiosa scevra dagli effetti civili

mercoledì 12 Giugno 2013

Intervista del Qds al titolare della cattedra di Diritto di Famiglia dell’Università di Catania, Tommaso Auletta. Possibile evitare la paradossale mescolanza tra sfera affettiva e quella legata ad aspetti economici e patrimoniali

CATANIA – Si parla tanto di riconoscimento di nuovi diritti, di nuove conquiste sociali, di nuove libertà. Ogni anno che passa, emergono sempre delle nuove richieste. Ma il diritto, oltre che “libertà” è pure regola. Siamo veramente sicuri di volere che ogni cosa sia disciplinata, pure l’amore? Provando a ragionare per assurdo potremmo arrivare a ritenere logico e più “giusto”, un matrimonio scevro da ogni connotazione civile e legale. Sempre continuando a ragionare per assurdo, potrebbe piacere l’idea di un’unione unicamente sottoposta ad un altro tipo di regole, quelle della propria religione. Essere sposati solo e unicamente davanti al proprio Dio, o ai propri Dei. Ma immaginare un matrimonio senza regola, quello no, è impossibile poiché esso stesso è in sè una regola. Certamente nelle nuove democrazie, nei nuovi ordinamenti, essere sposati pure agli occhi dello Stato è la via più razionale e conveniente poiché numerosi sono i diritti e le tutele garantite. Ma tuttavia è altrettanto vero che il matrimonio può scadere a volte in un quanto mai squallida operazione commerciale, in cui i soldi valgono più del sentimento tra i due coniugi. Si può cercare quindi di ipotizzare un matrimonio, libero dagli effetti civili. D’altronde il Can. 1059 recita: “ Il matrimonio dei cattolici, anche quando sia cattolica una sola delle parti, è retto non soltanto dal diritto divino, ma anche da quello canonico, salva la competenza dell’autorità civile circa gli effetti puramente civili del medesimo matrimonio.”
Abbiamo in ogni caso preferito rivolgerci , al professore Tommaso Auletta, titolare della cattedra di istituzioni di Diritto Privato e Diritto di Famiglia della facoltà di Giurisprudenza di Catania, per approfondire i rapporti tra il matrimonio puramente religioso e le ingerenze dello Stato.
Sebbene sia molto inusuale, è possibile sposarsi secondo rito puramente religioso senza avere effetti civili?
“In Italia, se io intendo sposarmi solo religiosamente lo posso ovviamente fare. Nel matrimonio cattolico per esempio, c’è un matrimonio canonico e uno concordatario. Gli sposi non sono obbligati a volere effetti civili sul matrimonio. Prendiamo il caso di due persone che si sono appena separate civilmente: in attesa del divorzio, se uno dei due si vuole unire per forza ad un’altra persona può farlo sposandosi solo religiosamente e poi a tempo debito richiedere pure effetti civili. Il matrimonio concordatario è un sistema con il quale con una sola cerimonia si fanno tutte e due cose, ma il matrimonio civile e quello religioso sono due cose distinte e separate.
Nel caso di un matrimonio acattolico il ministro del culto, nel momento in cui celebra un matrimonio con effetti civili, sostituisce l’ufficiale di stato civile (il sindaco o il suo delegato), e quindi quelle funzioni lui le esercita perché gli sono state delegate. Quando il ministro celebra un matrimonio religioso, l’ufficiale di stato civile chiaramente non c’entra niente. Quindi quando il rito è unito, lui svolge le funzioni sia di ministro che di ufficiale di stato civile. C’è comunque da dire che quando noi parliamo di matrimonio acattolico, in Italia moltissime delle confessioni religiose che sono a noi conosciute hanno ormai stipulato delle intese, accordi, con lo Stato, in virtù del quale anche qui con un unico rito si fanno le stesse cose che accadono col matrimonio cattolico concordatario”.
Negli altri Paesi accade la stessa cosa?
“Ci sono paesi in cui la chiesa cattolica ha un concordato, specialmente in quelli ad alta concentrazione di fedeli cristiani come il Brasile o la Spagna, e grosso modo sono accordi come quello vigente in Italia. Solo in uno Stato dove non c’è liberta di culto, un matrimonio puramente religioso senza effetti civili non potrebbe aversi. Contrarre matrimonio d’altronde solamente religioso significa vivere liberamente la propria confessione. Nel matrimonio puramente religioso non c’è un riconoscimento da parte dello Stato degli effetti civili del matrimonio, questo significa che anche in Italia se due persone si sposano solo religiosamente è come se non fossero sposate”.
E se nella pratica la loro religione impone di vivere insieme?
“Se nella pratica convivono, chiaramente rientreranno nell’alveo di quelle regole, sebbene limitate, che lo Stato riserva alle convivenze”.
Ritornando alla connotazione economico-patrimoniale del matrimonio, verso dove si stanno muovendo i Paesi dell’Unione Europea? Quanto è rilevante la distinzione tra regime di separazione dei beni o di comunione?
“Il problema non è se un Paese è più portato rispetto ad un altro alla separazione dei beni o non. Innanzitutto dobbiamo distinguere due cose se noi vogliamo parlare di regimi patrimoniali all’interno del matrimonio: se parliamo del regime che regola l’acquisto dei beni durante il matrimonio, o degli effetti che possono derivare dalla separazione o dallo scioglimento. Perché con il termine regimi patrimoniali, dal punto vista tecnico facciamo riferimento soltanto ai primi, però nell’uso comune si parla di rapporti patrimoniali anche nel secondo caso. Sono due concetti da tenere comunque assolutamente separati. Se noi vogliamo trattare primo discorso (coppia non in crisi), gli ordinamenti europei ultimamente sono indirizzati (almeno quelli di civil law) verso la comunione dei beni e la separazione dei beni come regime opzionale, ma con assoluta libertà ovviamente da parte dei coniugi di preferire il secondo rispetto al primo. Regime di comunione significa che quando vi è il matrimonio, se i coniugi non dichiarano niente, sono in comunione dei beni. Situazione che comunque può essere rivista, in qualunque momento. Si tratta di regimi sempre opzionali, sempre modificabili. L’etichetta comunione legale è uguale per tutti i Paesi, ma non ne sono uguali i contenuti. La comunione che vige in Italia ha regole diverse da quelle degli altri Paesi. Situazioni profondamente diverse”.
Quando invece si arriva allo scioglimento del matrimonio cosa succede? In Germani per esempio, la separazione dei beni spunta solo al momento della rottura tra i coniugi, come mai?
“In Germania la comunione dei beni come noi intendiamo per esempio non esiste. O meglio esiste, ma come scelta opzionale. I coniugi amministrano come beni propri quelli acquisiti durante il matrimonio. Ciò che accade è che quando si scioglie la comunione legale a quel punto si dovranno fare delle valutazioni circa la consistenza dei patrimoni del marito e della moglie. Il patrimonio della moglie, da quando si è sposata a quando divorzia, come si è modificato? In più o in meno? Di questo ipotetico in più si deve tener conto. Lo stesso discorso faremo per il patrimonio del marito. Nella misura in cui entrambi i patrimoni si siano accresciuti entrambi, il coniuge che hai il patrimonio più grande dovrà dare metà della differenza alla moglie. Ma in valore o in beni. Ma una comunione su questi beni non ci sarà mai. Comunione nei conteggi, non nei beni. Quindi sarà un regime completamente diverso pur chiamandosi comunione legale”. CATANIA – Il matrimonio è una scienza. Così Honorè de Balzac parlava della legittima unione tra un uomo e una donna nell’opera “Fisiologia del matrimonio”.
A ben vedere, il matrimonio è veramente roba da scienziati, da menti matematiche. Mantenere un rapporto solido rappresenta forse una delle sfide più interessanti del nostro presente, una vincolo, nel senso più impegnativo del termine, che ahimè sempre più gente non riesce a reggere. Così nelle cronache quotidiane si legge sempre più spesso di divorzi tra gente famosa, specchio di una società che fa fatica a portare avanti il senso del matrimonio.
Da anni, inoltre, i vari ordinamenti si affannano nel tentativo di regolarizzare gli aspetti economici che scaturiscono dalle ormai frequentissime separazioni e rotture definitive. Succede così che un certo signor B. debba pagare un’ingente somma alla sua ex moglie V.L., per non parlare del caso del vicino di casa che ha beccato in flagrante la moglie con un altro e sfrutta questo evento per chiederne l’addebito, e via discorrendo.
Da ciò scaturisce inevitabilmente una considerazione: accostare la sfera dell’amore, dei sentimenti agli aspetti squisitamente economici legati alla “spartizione di beni”, o al fatto di “maturare” diritti su cose materiali, rappresenta certamente un paradosso. Per intenderci, va da sè che la fine di un’unione tra due coniugi implica una serie di diritti-doveri nei confronti dei figli, ai quali vanno garantiti la massima cura ed attenzione sotto il profilo materiale e non solo. Ma il matrimonio come “atto patrimoniale” è una contraddizione in termini.
 

Paese che vai, regime matrimoniale che trovi.
Premettiamo, innanzitutto, che la chiave di volta dei moderni regimi matrimoniali è l’ormai vigente parità tra uomo e donna, che ha cambiato radicalmente tutta la struttura normativa. Il matrimonio inteso come “diritto acquisito”, infatti, di fatto inficia la sua accezione originaria, quella più vera e più pura, di unione spirituale disinteressata.

Inghilterra e Stati Uniti
Nei paesi in cui vige il regime di Common Law (Inghilterra, Stati Uniti), la giurisprudenza e la prassi hanno fatto sì che nella maggior parte dei casi, quando due persone si sposano, i beni restino automaticamente separati. C’è infatti una cultura che tende a non considerare il matrimonio come un’unione economica. In sintesi dunque, non si acquistano diritti sui beni dell’altro coniuge durante il matrimonio, ma solo al suo scioglimento, molto spesso solo a titolo di indennizzio. Tuttavia negli ultimi anni in Inghilterra così come negli Stati Uniti, le corti si sono aperte all’ipotesi che la casa potesse essere considerata in comproprietà tra i coniugi. Ma la grande differenza tra i paesi di Common Law e quelli che invece sono più improntati ad uno spirito comunitarista risiede nella grande discrezionalità delle corti.

Germania
Piuttosto simile il caso della Germania, in cui due persone che si sposano, se non specificano il regime matrimoniale fanno scattare automaticamente la separazione dei beni. Le masse patrimoniali dei coniugi sono pertanto trattate come se non fosse mai intercorso un matrimonio, con la sola eccezione dell’uso reciproco della casa e della mobilia.

Francia
Completamente diverso è il regime matrimoniale in Francia, paese tipo della comunione dei beni. Un regime improntato negli anni ‘60 ad un assoluto potere dell’uomo nella amministrazione dei beni. Via via con gli anni, però, la disciplina si è ammorbidita e nel 1985 è stato emendato l’art. 1421 Code Civil in cui a ciascun coniuge viene attribuita la disposizione separata dei beni comuni. Al termine del matrimonio vi è comunque una distribuzione equa dei beni.

Giappone
In Estremo Oriente, la società ancorata fortemente alle tradizioni, si è dovuta scontrare con l’occidentalizzazione avvenuta nel secolo scorso. In Giappone per esempio, in seguito all’occupazione americana nel periodo successivo ad Hiroshima e Nagasaki, venne abolito nel 1947 il sistema previgente dello “Ie”, letteralmente gruppo familiare. Gran parte delle questioni legali, civili e penali, vedevano coinvolte le famiglie piuttosto che i loro singoli componenti. Anche qui, come in Italia vi è stato il passaggio dalle famiglie patriarcali o estese a quelle nucleari, specialmente nel dopo guerra. Il diritto giapponese ha subito così una radicale riforma del diritto di famiglia, improntato per lo più ai vigenti regimi di separazione dei beni statunitensi e occidentali, sebben ancora oggi molte pratiche dello “ie” siano seguite informalmente da moltissimi giapponesi.

Italia
Per quanto riguarda il nostro Paese, vi sono ad oggi 4 possibili regimi matrimoniali che i coniugi possono scegliere: la comunione assoluta, la separazione dei beni, il fondo patrimoniale e la comunione dei beni limitata ai beni acquistati durante il matrimonio. Se i coniugi non specificano niente durante l’atto di matrimonio si attuerà automaticamente il primo dei regimi sopra elencati. C’è da sottolineare però che l’Italia ha risentito molto della dottrina cattolica, fino al 1970 il divorzio non era consentito e ciò creava molti ostacoli alla disciplina delle semplici separazioni.

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