“Libera Chiesa in libero Stato” - QdS

“Libera Chiesa in libero Stato”

Carlo Alberto Tregua

“Libera Chiesa in libero Stato”

mercoledì 02 Settembre 2009
Libera Chiesa in libero Stato (sostenne il conte di Cavour nel suo intervento al Parlamento del 27 marzo 1861, che portò alla proclamazione di Roma come capitale del regno d’Italia). Significa che l’indiscussa autorevolezza religiosa di qualunque Chiesa non possa essere messa in discussione dai propri componenti. Però, d’altro canto, nessuno deve imporre a chi non fa parte di quella Chiesa i precetti, gli obblighi e i doveri.
Fissati i principi di convivenza, rileviamo i dati statistici diffusi dallo Stato politico del Vaticano. Ricordiamo, infatti, che esso è indipendente e agisce nel mondo attraverso le circa 150 Nunziature (equivalenti alle ambasciate) come un vero e proprio Stato, qual è.
Quei dati dicono che gli islamici sono diventati più numerosi dei cattolici. Infatti i primi ammontano a 1,250 miliardi , i secondi a 1,150 miliardi. C’è, però, da tenere conto che tutti i componenti delle Chiese cristiane (protestanti, anglicani, ortodossi greci e russi, cattolici e via enumerando) costituiscono il popolo più numeroso della Terra, con 2,250 miliardi di adepti.

Per venire a noi, vi sono almeno quattro grandi questioni che vedono contrapposto il Vaticano e la parte laica del popolo italiano. Esse sono: il testamento biologico; l’accoglienza degli immigrati; la pillola RU486 e l’insegnamento della religione cattolica a scuola.
Purtroppo conosciamo amici e parenti di amici che si trovano in uno stato terminale e patiscono inaudite sofferenze, seppur mitigate dalla terapia del dolore. Molti hanno espresso, quando erano in possesso delle facoltà di intendere e di volere, di voler porre fine ad un’esistenza inutile e dolorosa. Manifestando questa volontà si sono messi al di fuori dei precetti cattolici. Su di essi la Chiesa non ha alcun diritto di intervenire e male farebbe lo Stato se seguisse una richiesta di parte.
Sull’immigrazione, lo Stato politico del Vaticano ha una delle sue leggi che impedisce tassativamente a cittadini di altre nazioni di chiedere la residenza nel suo territorio. Figuriamoci se quello Stato accetterebbe 50 o 100 eritrei, somali, indiani o altri. Non si può predicare bene e razzolare male.

 
Esponenti politici del Vaticano giustificano tale intransigenza con la ridotta dimensione di quel territorio. Mutatis mutandis, anche il territorio italiano ha ridotte dimensioni per accogliere centinaia di migliaia di immigrati. Peraltro gli stranieri in Italia sono già un decimo della popolazione, circa 5 milioni. Dunque, l’accoglienza c’è stata e abbondante. Conveniamo con la linea del governo Berlusconi e con la fermezza del ministro dell’Interno nell’impedire ulteriori sbarchi.
Sulla terza questione, la pillola RU486, risulta evidente come la donna che abbia deciso di abortire, secondo la propria coscienza, manifesti con chiarezza che non intenda seguire i precetti della Chiesa cattolica. Ma ha il diritto di utilizzare uno strumento non invasivo, come la RU486, anziché procedere ad un aborto chirurgico. 

Sulla quarta questione, rileviamo come il Tar del Lazio abbia emesso una sentenza esemplare, con la quale ha sostenuto che gli insegnanti di religione cattolica (perché non ve ne sono altri) non possano influire sui voti. Sostiene il Tar del Lazio che ammettere alle decisioni collegiali quelle di tali insegnanti, viola il pluralismo.
Il ministro al ramo, Maria Stella Gelmini, è corsa ai ripari e con un regolamento di valutazione ha riammesso di fatto gli insegnanti di religione (che possono essere anche suore). Inoltre, da quando la religione cattolica non è più religione di Stato, sembra anacronistico che ancora immagini ed effigi cattoliche si trovino in locali pubblici.
Qui non è in discussione la libertà di ognuno di noi di credere o meno nell’aldilà, o in Dio. Qui si tratta di chiarire una volta per tutte che occorre rispettare i precetti costituzionali, gli unici che gli italiani hanno il dovere di osservare. Poi, chi voglia osservare i precetti della Chiesa di Roma è liberissimo di farlo. Ma chi li rifiuta non deve subire prevaricazioni

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