Donazione del sangue, una cultura ancora troppo poco diffusa tra i giovani - QdS

Donazione del sangue, una cultura ancora troppo poco diffusa tra i giovani

Antonio Leo

Donazione del sangue, una cultura ancora troppo poco diffusa tra i giovani

mercoledì 26 Giugno 2013

La Sicilia costretta a ricorrere alla compensazione interregionale garantita dalle regioni più virtuose, tra cui il Piemonte. Sono appena il 13,18% tra i 18 ed i 25 anni. Nell’Isola, intanto, cresce il numero dei donatori +6,94%

PALERMO – Quella dei globuli rossi è un’ascesa costante nel nostro Paese. I numeri fotografano 1 milione e 733 mila donatori di sangue in tutta Italia, di cui il 70% è uomo e il restante 30% è donna. Si tratta di dati che dal 2001 non hanno subito battute d’arresto, con un indice di donazione (numero di donazioni/anno) conforme agli standard europei. Complessivamente nel 2012 sono stati trasfusi 1.800 pazienti al giorno, per un totale di oltre 3 milioni di prelievi. Grazie alla generosità degli italiani, che donano una parte di se stessi a titolo assolutamente gratuito, oggi il Bel Paese si trova al secondo posto in Europa per frequenza di donazioni. Ma certo la guardia non va abbassata, considerando che esistono almeno due criticità.
Anzitutto i giovani sono ancora troppo pochi. La loro percentuale sul totale di donatori si attesta al 33,31% (13.18% per la classe di età 18-25 anni, e 20.13% per la fascia 26-35 anni), numero ancora troppo basso soprattutto se si considerano in prospettiva i dati sull’invecchiamento della popolazione. Secondo un’ elaborazione Censis su dati Fidas e Istat 2011, tra il 2009 e il 2020 è presumibile che continueranno a diminuire i donatori giovani e, nel complesso, è stimabile nel 4.5% la riduzione dei giovani donatori e nel 2.9% la riduzione complessiva di donatori e unità di sangue raccolte. Lo stesso ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a tal proposito si è fatta promotrice di diverse iniziative volte a “intercettare il pubblico più giovane accompagnandolo verso la cultura del dono, attraverso la conoscenza della biologia e della consapevolezza della propria salute”.
Ma un’altra criticità riguarda l’autosufficienza. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha fissato l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 il 100% di autosufficienza per le scorte di sangue in tutte le Nazioni. L’Italia, dove ogni anno ci sono trecentomila nuovi donatori, è molto vicina al raggiungimento di questo target per quanto riguarda la raccolta di globuli rossi, piastrine e sangue, mentre diversa è la situazione della produzione di farmaci plasma-derivati. Questi ultimi, infatti, non sono abbastanza e occorre importarli, come evidenziano i dati della Simti (Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia).
 
Singolarmente autosufficienti sono anche la gran parte delle regioni, anche se con importanti eccezioni che testimoniano come occorra fare di più, focalizzando l’attenzione su alcune realtà. In particolare occorre guardare al Sud, dove il gran numero di talassemici richiede una maggiore quantità di sangue. Lazio, Sardegna e, in parte, Sicilia devono infatti ricorrere alla compensazione interregionale garantita da regioni come Piemonte, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Basilicata, che effettuano una raccolta di sangue superiore al fabbisogno locale.
Nell’Isola, comunque, i dati diffusi dall’Avis regionale sono molto incoraggianti. Subito dopo il Lazio, la Sicilia è la seconda regione che ha registrato l’incremento più significativo di donatori attivi tra il 2011 e il 2012, passando da 70.215 a 75.089 (+6,94%). Sempre nel 2012, secondo i dati di Avis Sicilia, ci sono state 114.044 donazioni effettuate con un incremento del 3,4% rispetto all’anno precedente, garantendo il 70% del fabbisogno isolano. E già nel primo trimestre del 2013, ci comunicano dall’Avis regionale, “si registra un aumento di oltre il 3% in tutta l’Isola”.
Certo, sono lontani i numeri della Lombardia, dove i donatori attivi sono oltre 265.000, o dell’Emilia Romagna, in cui se ne contano più di 150.000. Ma in ogni caso la strada è tracciata, come rivela Salvatore Mandarà. Quest’ultimo è appena stato eletto presidente dell’Avis siciliana per il quadriennio 2013-2016. Avisino di lungo corso, con 134 donazioni alle spalle, Mandarà ci spiega quali sono le sue strategie per il futuro: “La prima cosa che farò dopo l’insediamento sarà quella di chiedere un incontro con l’assessore regionale alla Sanità per discutere e affrontare la rimodulazione della legge 41 del 1976 al fine di ottenere delle certezze sul fabbisogno del sangue che necessitano i centri ospedalieri della Regione siciliana”.
Quattro i punti fondamentali del suo programma per garantire una maggiore autosufficienza dell’Isola. “Anzitutto – afferma – la sostenibilità del sistema associati, attraverso il sostegno economico all’aggiornamento strutturale, tecnologico e organizzativo delle Unità di raccolta delle Avis, nonché con il sostegno delle attività amministrative e funzionali (soprattutto le strutture di 2 livello)”. Ancora – prosegue il presidente – occorre “un adeguamento movitazionale all’impiego volontario e la valorizzazione delle strutturazione funzionale del sistema Avis in un’ottica di rete”.
Ma è soprattutto l’autosufficienza il tema che sta a più a cuore al nuovo corso Avis. “Anche se grandi passi in avanti sono stati fatti – dichiara Mandarà – certo non si può dire che l’obiettivo dell’autosufficienza sia stato raggiunto”. E questo per vari motivi: “I consumi bassi, nonostante la crescita costante; le criticità nell’accreditamento delle strutture trasfusionali (S.T. e U.d.R.), che può consegnare una rete di raccolta ridotta, quindi con più elevate difficoltà nell’organizzazione della donazione; e poi duecentomila emazia per le esigenze variabili annuali non rappresentano certamente l’autosufficienza”.
“L’autosufficienza di tutte le componenti ematiche – spiega Mandarà – va perseguita valorizzando tutte le potenzialità donazionali. Tutto questo verrà fatto allargando la partecipazione attraverso un tavolo permanente di consultazione e di programmazione con la conferenza dei presidenti provinciali, con l’intento di avviare politiche formative-innovative anche per mezzo dei social network, rivolte soprattutto ai giovani che rappresentano l’immediato futuro”.
“Sono molte – conclude – le sfide che ci attendono nel futuro e che accogliamo con senso di responsabilità, ma anche con I’entusiasmo che ci ha visto crescere e ha permesso alla Sicilia avisina di diventare una delle realtà più vive in assoluto”.

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