L’ignoranza fa più danno della delinquenza - QdS

L’ignoranza fa più danno della delinquenza

Carlo Alberto Tregua

L’ignoranza fa più danno della delinquenza

giovedì 11 Luglio 2013
Ignoranza può avere un significato obiettivo, vale a dire non conoscere una questione, una circostanza, un problema. Può avere anche un significato di scusa per non intendersi di una determinata materia o di altre cose; può essere anche una sorta di aggressione nei confronti di chi non ha istruzione o anche di chi voglia vivere una vita semplice, senza essere tormentato dai problemi che il sapere porta con sé.
L’ignoranza è comunque una grave lacuna di chi non intenda capire le grandi questioni della vita e dell’Umanità, di chi non intenda individuare il solco del bene e quello del male, per scegliere liberamente entro il quale agire.
Senza la consapevolezza di come vanno le cose è difficile potere scegliere, anzi, forse, impossibile. Ecco perché è indispensabile che ogni essere umano, dotato di cervello, abbia la voglia e la costanza di apprendere ciò che non sa.
Il corso della vita non basta per avere un minimo di conoscenza, tuttavia bisogna fare l’impossibile per acquisirne il più possibile.

Chi non è consapevole perché non possiede conoscenza come fa a prendere decisioni, come fa a individuare soluzioni, come fa a intraprendere percorsi per arrivare ad obiettivi?
Apprendere non è una facoltà, ma un dovere, per onorare quella macchina prodigiosa di cui siamo dotati, cioè il cervello. Se il Padre ce l’ha dato, noi non possiamo far finta di non averlo. Dobbiamo sempre di più usarlo, con la consapevolezza che, in ogni caso, esso è fortemente sottoutilizzato.
è noto, infatti, che non oltre un quarto del nostro intelletto è normalmente usato, perché non c’è l’abitudine di spingere al massimo la nostra volontà a utilizzarne la sua potenzialità.
Il tasso di utilizzazione del cervello è aumentato col progresso dell’Umanità. Tuttavia è ancora lontano l’obiettivo di superare la soglia del cinquanta percento. Se tutti avessero la consapevolezza di questo forte serbatoio che c’è nel nostro pensatoio, potrebbero avere la voglia di utilizzarlo di più e, per fare ciò, lavorare di gomito, impegnarsi e anche sacrificarsi, senza di che tale voglia rimane lettera morta.

 
Si dice che è meglio avere a che fare con un delinquente intelligente piuttosto che con un ignorante fesso. La spiegazione è semplice: quando l’interlocutore è intelligente si capisce se agisce nel versante del bene o del male e, quindi, si possono prendere le contromisure.
Quando l’interlocutore è ignorante non vi è alcun punto di riferimento, con la conseguenza che non si può tracciare nessun percorso, né fissare nessun obiettivo. Quindi, si vaga nel nulla e si rimane privi di ogni punto di riferimento.
Ecco perché si può affermare che l’ignoranza fa più danno della delinquenza. Naturalmente è un’affermazione eufemistica che, tuttavia, ha la sua validità.
Per fortuna, l’uomo ha ricevuto dal Creatore una spinta interiore a conoscere e, quindi, a migliorarsi. Se così non fosse stato vivremmo ancora dentro le caverne.
Quando si parla dell’Umanità non bisogna sparare nel mucchio, perché vi sono persone per bene e persone per male, uomini probi e altri delinquenti, donne stupide ed altre superdotate, ferme e volitive. Non esistono le categorie, ma  individui. 

Come i granelli di sabbia formano il deserto e le gocce d’acqua formano il mare, così le persone formano l’Umanità. Ognuna di esse è un’individualità. Quando tutte le individualità si mettono insieme, formano massa critica e, se capaci, possono moltiplicare le energie con una sinergia che ha proprio questa caratteristica moltiplicatrice. Ma l’individualità rimane tale.
È bene tenere presente questo fatto, mentre da parte di alcuni ignoranti, che si atteggiano a soloni, vi è spesso il tentativo di vedere le persone umane come un insieme indistinto, tutte uguali.
Anche in medicina, spesso, si commette questo errore, il più grosso dei quali riguarda una parola magica e tragica: Protocollo. Ma il protocollo  non si può applicare a tutti gli ammalati. Prima il medico dovrebbe conoscere la sua vita fisica e psichica, la sua famiglia e gli eventi che gli sono capitati. Poi fare la diagnosi e infine scegliere la terapia.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017