Bankitalia certifica il disastro siciliano - QdS

Bankitalia certifica il disastro siciliano

Carlo Alberto Tregua

Bankitalia certifica il disastro siciliano

martedì 23 Luglio 2013

Spesa delle famiglie ridotta del 13,7%

In giugno 2013 la sezione siciliana di Bankitalia ha stampato il tradizionale volume su “L’economia della Sicilia” che è in sintesi il certificato della gravissima malattia di cui soffrono i siciliani.
In quasi cento pagine vi sono i dettagli di ogni aspetto della vita economica. Qui di seguito ve ne diamo una sintesi, anche considerata l’autorevolezza della fonte.
Il primo dato è positivo, e riguarda la produzione agricola che, in base alle stime Istat, è aumentata sia per quanto riguarda i cereali che per quanto riguarda vino e olio, che bravi produttori hanno migliorato molto nella qualità, sempre più apprezzata nel mondo.
Invece, il valore aggiunto dell’industria è calato del 4,2 per cento in termini reali e di oltre il 20 per cento nel periodo 2008/12.
Nel settore petrolifero, la Sicilia ha il triste primato di avere quattro delle sedici raffinerie italiane, che producono il 40 per cento del totale nazionale. Il raffinato, però, non è consumato nell’Isola. I quattro decimi vanno oltre lo Stretto, ma lasciano qui un terribile inquinamento neanche compensato dalle imposte che vengono pagate nelle regioni dove hanno sede legale le società.

La spesa delle famiglie per beni durevoli si è ridotta del 13,7 per cento. Dal turismo arrivano note dolenti perché non vengono incrementati i pernottamenti che di un microscopico 1,4 per cento. Ma la Sicilia presenta un deficit di presenze turistiche enorme, se solo rapportato alla Catalogna, a Malta e perfino alla Tunisia che, nonostante la traballante situazione politica, ha incrementato il numero di pernottamenti.
In Sicilia sono attivi due incubatori di impresa che dovrebbero far nascere nuove aziende (startup). Sono ambedue pubblici, Arca, a Palermo e Sviluppo Italia Sicilia, a Catania. Hanno una buona funzione di stimolo e assistenza a chi vuole fare nuova impresa, ma l’attività è così piccola che non ha riflessi quantitativamente sensibili nell’economia regionale.
E veniamo alla spesa pubblica. Quella corrente rappresenta l’85 per cento del totale, ma quella più importante, cioè destinata agli investimenti, è diminuita dell’8 per cento, mentre istituzioni propulsive dovrebbero fortemente incrementare la spesa per investimenti e ridurre fortemente quella corrente.

 
Nella sanità vi sono le maggiori dolenti note. Ricordiamo che è in atto un piano di rientro secondo il quale va azzerato il debito pregresso, mentre tutte le aziende ospedaliere e sanitarie provinciali dovrebbero restare in condizione di equilibrio.
Il che significa che dovrebbero pagarsi le spese di gestione esclusivamente con i Drg (le fatture per le prestazioni effettuate). Nonostante quest’obbligo, molte aziende hanno sforato i bilanci, ma nessun dirigente ha pagato di tasca propria la sua incapacità o inefficienza. 
Altro tasto dolente riguarda l’utilizzazione dei fondi strutturali 2007/13. Dei 18 miliardi a disposizione della Regione, ne sono stati spesi appena 5,2, come abbiamo più volte anche noi pubblicato, pari a un quarto: una spesa certificata inferiore a tutte le regioni dell’obiettivo convergenza.

Il debito delle amministrazioni locali siciliane, alla fine del 2012, era di 7,6 miliardi di euro, costituito in larga parte da finanziamenti ricevuti da banche italiane e dalla Cassa depositi e prestiti. Ma il buco della Regione, non in senso stretto, supera i 21 miliardi, come pubblicato dal QdS il 6 luglio scorso: 18,6 miliardi di debiti, cui vanno aggiunti 3,6 miliardi di crediti tributari inesigibili, come ha certificato la Corte dei Conti il 28 giugno 2013, nella relazione al rendiconto 2012 della Regione.
I dati sintetici che abbiamo riportato non lasciano spazio a congetture e neanche a blablalogia.Sono una chiara ed inequivocabile condanna, senza appello, della classe politica e burocratica che ha badato solo agli affari propri dimenticando quelli dei siciliani.
Purtroppo, otto mesi di governo Crocetta non hanno cambiato di una virgola lo stato dei fatti. Ci dispiace per i nostri conterranei, non per Crocetta. I quali conterranei sono indignati, arrabbiati, ma silenziosi.Vorremmo ricevere molte più mail di protesta di quelle che riceviamo, vorremmo che si riunissero presso le associazioni dei consumatori per manifestare rabbia e indignazione, con uova e mele marce.

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