I partiti dei cittadini finanziati dai cittadini - QdS

I partiti dei cittadini finanziati dai cittadini

Carlo Alberto Tregua

I partiti dei cittadini finanziati dai cittadini

giovedì 25 Luglio 2013

Non vogliono abolire i rimborsi

Uno dei primi atti del governo Letta è stato il disegno di legge per l’abolizione dei rimborsi elettorali, un vergognoso escamotage dei partitocrati quando a furor di popolo fu abolito il finanziamento dei partiti mediante il referendum dell’aprile del 1993.
Questi partitocrati non hanno alcun ritegno, né alcuna dignità. I tesorieri dei due maggiori componenti della strana maggioranza, Maurizio Bianconi del Pdl e Antonio Misiani del Pd, sono d’accordo sul fatto che non possono rinunziare al fiume di soldi che i contribuenti pagano tanto faticosamente, perché la politica ha un costo.
Ma qui non è in discussione il fatto che la politica debba essere finanziata. è in discussione che vada finanziata con i soldi pubblici, cioè quelli dei contribuenti. Il Ddl citato è finito a binario morto nella commissione Affari costituzionali della Camera, perché l’ostruzione dei suoi componenti, pressati dai citati tesorieri, è elevatissima, tanto che in assenza della nuova legge i partiti incassano in luglio ben 91 mln €.

Nel disegno di legge è prevista la deducibilità dei finanziamenti di privati e imprese ai partiti, il che comporta un certo costo tributario per lo Stato ma, almeno, si può contare la voglia dei cittadini nel finanziare coloro che ritengono meritevoli di rappresentarli.
La paura maledetta dei partitocrati è che questa voglia non ci sia e, per conseguenza, pur in presenza di un vantaggio fiscale, nessun cittadino darebbe un euro a coloro che hanno dimostrato in questi 20 anni di essere indegni di rappresentarli.
Noi abbiamo rilevato una certa inutilità dei grilletti, 160 persone circa scaricate in Camera e Senato senza alcuna cognizione o competenza di come funzionino le istituzioni. Però dobbiamo dare atto  che, su questo argomento, si stanno battendo strenuamente ricevendo un grande consenso da parte dell’opinione pubblica.
Da un canto, hanno restituito 42 milioni alle due Camere, limitandosi a percepire una parte minore dei loro emolumenti. D’altro canto, stanno continuamente operando all’interno delle Camere stesse e delle relative commissioni per far approvare il Ddl governativo.
 

 
La questione non è di poco conto e va affrontata decisamente da questa strana maggioranza, che non può più traccheggiare attorno al volere chiarissimo dei cittadini, intolleranti a tenere aperta la mangiatoia pubblica ai vampiri e ai parassiti, che non hanno alcun ritegno di sperperare le risorse dello Stato a scapito di tanti lavoratori dipendenti, autonomi e piccoli imprenditori, soverchiati da imposte enormi.
Molte di tali imposte (cioè le entrate per lo Stato) prendono la via di fuga nelle uscite, ma non per finanziare i servizi di cui abbisognano i cittadini, soprattutto quelli più deboli, bensì per alimentare privilegi di categorie onnivore che non hanno dato alcuna disponibilità a fare passi indietro.
Questa strana maggioranza deve fare un lavoro inviso ai partiti che la sostengono e, cioè, tagliare con l’accetta tali privilegi, primi fra i quali quelli della dirigenza della pubblica amministrazione, statale, regionale e locale.

L’art. 49 della Costituzione dice che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti, ma non che questi ultimi siano soggetti principali, mentre sono stati trasformati in sanguisughe che assorbono dannosamente risorse pubbliche.
In quasi 70 anni, da quando la Costituzione è stata approvata, nessun uomo politico ha proposto la regolamentazione per legge dei partiti, come è in quei Paesi ove la democrazia è vera, perché tutti hanno speculato sull’assenza di norme precise.
Sono tre le condizioni che rendono i partiti soggetti abilitati a rappresentare i cittadini: a) uno statuto-tipo che assicuri democraticità interna e totale trasparenza; b) un bilancio certificato da società di revisione iscritte alla Consob, anch’esso messo sul sito completo di dettagli; c) un finanziamento da parte di imprese e cittadini, interamente deducibile fiscalmente. In assenza di queste tre condizioni, i partiti sono soggetti illegittimi, non perché contrari alla legge, ma perché violano le regole etiche della convivenza, secondo le quali ogni spesa pubblica deve avere un’utilità pubblica.

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