Sì ai bravi burocrati no a incapaci e corrotti - QdS

Sì ai bravi burocrati no a incapaci e corrotti

Carlo Alberto Tregua

Sì ai bravi burocrati no a incapaci e corrotti

giovedì 08 Agosto 2013

Spesa pubblica per utilità pubblica

La solita litania che sentiamo dai vertici politici e burocratici di Regioni, Comuni e altri Enti è che non ci sono soldi. Non si può fare quello e quell’altro per la stessa ragione. Non si possono fare investimenti o aprire cantieri per la stessa causa. Non si possono fare servizi sociali, non possono funzionare i trasporti locali, non si può fare la raccolta della spazzatura e così via, sempre perché mancano i soldi.
Si tratta di un cumulo di menzogne che vanno smontate. Qual è la verità? La verità è che questo ceto politico e quello burocratico continuano a spendere male i 725 miliardi incassati dall’Erario e faticosamente pagati dai contribuenti italiani. Vero è che mancano all’appello oltre 100 miliardi di imposte non pagate da evasori, quindi ladri, ma già i 725 miliardi sarebbero sufficienti per far marciare il Paese, farlo sviluppare e creare occupazione.
Perché questo non accade? Perché oltre 200 miliardi sono spesi malissimo, alimentano la corruzione, i privilegi di corporazioni fameliche e feroci, insomma, l’interesse generale è calpestato perché i cittadini non hanno voce. Salvo, poi, non andare a votare in massa (50%) perché disgustati dalla sordità di coloro che hanno responsabilità nella politica e nella burocrazia.

Se alcuni imprenditori, sindacati e professionisti hanno responsabilità, e ce le hanno, consistono nell’avere corrotto coloro che hanno rilasciato concessioni e autorizzazioni, in modo da ottenerne vantaggi.
Quando si guardano le città del Meridione, e non solo, e si vedono mostri di cemento di ogni genere, si certifica una corruzione palese, perché è incomprensibile come i dipartimenti di Urbanistica dei Comuni e gli Enti sovraordinati, che avevano la responsabilità di controllo, abbiano potuto rilasciare concessioni edilizie che hanno modificato il territorio con ondate di cemento, per costruire brutture su brutture.
Quando si accusa la Magistratura di togliere il coperchio al vaso di Pandora, non si ricorda che essa è l’ultimo argine di fronte al dilagare della corruzione e quindi dell’iniquità fra la gente. Anche all’interno di quell’Ordinamento vi è qualche pecora nera, ma nel complesso non si può disconoscere la sua indispensabile tutela.
 

I dirigenti generali di ministeri, assessorati regionali e comunali dovrebbero essere la punta di diamante di cittadini probi e onesti, nonché preparati professionalmente. E ve ne sono. Tanti, tantissimi che si sacrificano, che hanno il senso del dovere e del servizio ai cittadini.
Purtroppo ve n’è tant’altra parte formata da dirigenti corrotti e impreparati, che sono il disdoro della Pubblica amministrazione. Ecco dove dovrebbe intervenire il ceto politico: separare il grano dal loglio. In altre parole, premiare i meritevoli e cacciare tutti gli altri.
Ma, c’è un ma. Solo un ceto politico onesto e capace potrebbe fare questa selezione. E così non è perché in Parlamento, nei Consigli regionali e comunali, risiedono ancora condannati, imputati, amici degli amici, parenti dei parenti. La legge Monti (190/2012) firmata dal ministro Severino ha messo un paletto per chi è stato condannato in via definitiva con oltre due anni, ma la legge non è stata rigorosa fino in fondo perché doveva inibire, a qualunque condannato per reati contro la Cosa pubblica, l’ingresso in qualunque istituzione.

L’art. 97 della Costituzione prescrive che i pubblici uffici devono assicurare il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni e che agli impieghi nella Pa si accede mediante concorsi.
Un ceto politico rapace ha consentito la violazione di questi due imperativi e consente ancora la presenza di tanta gente nella Pa che ha come titolo d’ingresso: la raccomandazione.
Infatti, mancando obiettivi criteri di selezione, non si capisce in base a quale regola tutti quelli che non hanno fatto il concorso siano entrati nella Pa, se non con il loro titolo preferenziale: la raccomandazione.
Il ceto politico e quello burocratico dimenticano che la spesa pubblica deve servire per utilità pubblica e non per altro.
Il che ci porta all’argomento iniziale: tagliare senza guardare in faccia nessuno 100 miliardi dei 725 indicati, non per risparmiarli, ma per investirli e produrre ricchezza e occupazione.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017