La crisi dell'ombrellone colpisce anche i giovani in cerca di lavoro - QdS

La crisi dell’ombrellone colpisce anche i giovani in cerca di lavoro

Chiara Borzi

La crisi dell’ombrellone colpisce anche i giovani in cerca di lavoro

giovedì 15 Agosto 2013

Il sindacato balneari denuncia il calo dell’occupazione legato al calo dell’afflusso turistico. Il 66% dei dipendenti del settore in Sicilia lavora in bar, pizzerie e lidi

Palermo – La crisi economica ha contribuito a dare una decisiva stretta ai consumi turistici degli italiani. Meno giorni di vacanza, meno viaggi all’estero, caccia alle offerte anche quando si rimane in Italia, scelte forzate che il mercato turistico ha recepito negativamente.
Il periodo estivo tuttavia non rappresenta solo il periodo in cui i lavoratori godono delle agognate ferie, ma rappresenta per tanti giovani (particolarmente studenti) un periodo prezioso per trovare lavoro.
Quest’ultima connessione è oggi in bilico, la "crisi dell’ombrellone" ha determinato anche la quasi chiusura del mercato del lavoro estivo. Lo denuncia il Sib, Sindacato italiano balneari, sostenendo la notizia per cui lavoratori giovani e meno giovani hanno visto andare in fumo stipendi dai 900 ai 1800 euro per assenza di un posto di lavoro. Secondo quanto riportato dalle informazioni diffuse, le vittime della crisi d’ingressi negli stabilimenti balneari sono concentrare a Nord e Centro Italia, in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto, ma è al Sud che si è registrato il maggior numero di vittime tra i lavoratori che puntavano ad una contrattualizzazione estiva. Più della metà di questa tipologia di occupati si trova per l’appunto nel Meridione. 
Pur rimanendo tra le mete e tra le spiagge più economicamente accessibili d’Italia (le spiagge più care restano solo Giardini Naxos di Messina e San Vito lo Capo di Trapani), la Sicilia vive ugualmente la crisi e non concede particolari risparmi ai portafogli delle famiglie che scelgono le spiagge isolane per cercare relax. Una spesa calcolata per quattro persone raggiunge meno di 97 euro, ma il costo è cresciuto dell’1,5% rispetto gli anni precedenti.
La crisi dell’ombrellone con la conseguenziale chiusura di alcuni siti balneari era stata denunciata in Sicilia già da maggio, constatando la vertiginosa crescita del costo delle concessioni demaniali. Fu allora Santino Morabito del sindacato Fiba di Messina a definire un simile aumento un sintomo di uno "Stato fiscalmente incivile" che avrebbe causato la chiusura del 30% dei centri balneari del peloritano.
 
Già prima di questa denuncia i dati della Sicilia erano però negativi sotto molti punti. Secondo le stime elaborate dall’assessorato regionale al Turismo per l’anno 2010/2011, la presenza dei flussi turistici nel nostro territorio non arrivava neppure al 4%. Nonostante gli arrivi riuscissero a sforare il 5,40% mancava la stabilità, mancava la scelta determinata da parte dei turisti di sceglie la Sicilia e quindi alimentare mercato, e con esso occupazione, nel e del territorio. Gli stessi dati dell’Assessorato registravano cali di presenza nelle zone balneari di Agrigento (-1,67%) e Siracusa (-6,12%), restituivano invece ottimi dati per Catania (variazione del 9,61%) e Trapani (6,25%).
 
Tuttavia le città dove si erano registrate il maggior numero di presenze furono Messina (3.548.481) e Palermo (2.927.066). La negatività e positività dei dati si potevano distribuire equamente, rimaneva infatti intatto il preoccupante crollo di Siracusa e la vertiginosa crescita delle imposte demaniali giunte infine al 600% in questo anno 2013, che hanno costretto i gestori a scaricare sul costo di ombrelloni e lettini l’innalzamento delle tariffe.
Secondo il Sib sono andati persi oltre 10 mila posti di lavoro dall’inizio di questa estate e nonostante la notizia data da Federalberghi sulla crescita dello 0,9% di domanda turistica verso l’Italia, è impensabile che una percentuale così esigua possa capovolgere una situazione così drammatica. In Sicilia le difficoltà si riflettono con la stessa forza. È la stessa Federalberghi ad attribuire alle Isole italiane una ritrovata capacità attrattiva, ma rimanendo le difficoltà economiche non muta il quadro di rischio.
 
Secondo il rapporto Datatur 2013 in Sicilia sono occupati nel settore turistico 50.787 lavoratori dipendenti e ulteriori 10.210 nelle aziende turistiche. Basta dire che il 66% dei soli lavoratori dipendenti del settore turistico siciliano sono assunti nei pubblici esercizi (bar, negozi, pizzerie, anche all’interno delle strutture balneari) e quasi il 30% nelle strutture ricettive, per capire come anche l’Isola sia coinvolte nelle difficoltà che il sindacato Sib ha denunciato per il resto d’Italia.
A questo quadro si aggiunge una difficoltà che non può essere calcolata dalle statistiche ufficiali: la diffusione del lavoro nero nel settore turistico siciliano, accettato da molti giovani in cerca di occupazione.

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