Peccati capitali, vizi o virtù? - QdS

Peccati capitali, vizi o virtù?

Carlo Alberto Tregua

Peccati capitali, vizi o virtù?

martedì 20 Agosto 2013

Etica & Valori

In una domenica di agosto ho letto un libretto intitolato Il gusto del peccato, di tale Simon M. Laham, ricercatore australiano. Sostiene Laham che i sette peccati capitali (lussuria, gola, avarizia, accidia, ira, invidia e superbia) rappresentino, per certi aspetti, virtù piuttosto che colpe. Non sono la strada per l’inferno ma per vivere meglio.
Questa tesi va letta con leggerezza e col sorriso sulle labbra. Sostiene l’autore che chi dorme a lungo piglia più pesci, perché il sonno stimola la memoria e affina l’intuito. Chi ha ceduto alla tentazione di un gelato in più si scopre più generoso e disponibile; solo un superbo sa come vendersi e valorizzarsi. L’invidia ci spinge a porci obiettivi alti e rafforza l’autostima. L’avarizia ci sprona a impegnarci e a diventare autosufficienti. Poi c’è la lussuria, regina dei vizi , si rivela anche regina delle virtù perché, chi vuole conquistare un partner trae da sé stesso il massimo della propria creatività.

Evagrio Pontico (345 – 399) fu il primo teologo che elencò i sette vizi capitali. Era un monaco e scriveva che l’accidia, se deprime ed è una virtù dei nullafacenti, d’altro canto muove il fondo di ognuno di noi alla riflessione su quello che ci sia da fare. Il che stimola a muoversi, che è l’opposto della pigrizia. Nei conventi i priori non volevano che i monaci fossero tentati e così imponevano l’istituzionalizzazione dell’accidia, cioè la contemplazione.
L’ozio, poi, si dice sia il padre dei vizi, ma bisogna distinguere quello negativo da quello positivo. Chi non fa nulla per vivere pienamente è sicuramente da deprecare, ma chi lavora molto, intensamente e bene, è aiutato dall’ozio creativo, cioè quella fase in cui, non facendo niente apparentemente, tuttavia il pensiero in folle fa galleggiare idee e riflessioni.
Vi sono persone sessualmente attratte dagli alberi. Lo sapevate? Si chiama dendrofilia, una particolarissima forma di lussuria, la quale fa aumentare la pressione e la circolazione sanguigna ed il funzionamento del cervello. Il tutto, ben inteso  cum grano salis. Il sesto comandamento: non fornicare appare contrario alla natura degli uomini. Se il Padre li ha creati così non potrebbe vietargli ciò per cui sono stati plasmati.

 
San Gregorio Magno (540 – 604), nel suo Commento morale a Giobbe predicava che dal cibo è impossibile trarre qualunque piacere e, in effetti, chi mangia troppo e male è punito, non solo moralmente, ma anche fisicamente perché diventa obeso. Il vero problema non è la gola ma gli eccessi. Un buon piatto di spaghetti non fa commettere peccato.
L’avarizia è un valore negativo. Ma se ognuno di noi gestisce oculatamente i propri introiti non può considerarsi avaro. Se, poi, ne spende una parte per aiutare il prossimo rientra nella media. L’avidità è anch’essa negativa (in inglese greed), ma se si lavora per guadagnare il giusto ecco che diventa una virtù. Anzi, lavorare per guadagnare danaro e crescere è un potente motivatore. L’ira è un’emozione negativa, ma fa sfogare chi la prova, se non produce violenza. Ira e violenza sono comportamenti non necessariamente coincidenti. Rabbia e violenza non sono la stessa cosa.

L’ira, non violenta è un’emozione più positiva che negativa, se fa uscire fuori la rabbia per vere ingiustizie patite e fa agire da persone civili contro chi commette tali ingiustizie. Se un difetto ha il popolo italiano, è quello di non manifestare, ripetiamo civilmente, la propria ira e la propria rabbia nei confronti di chi, indegnamente, è stato mandato a gestire le istituzioni e di chi gestisce, altrettanto indegnamente, il sistema burocratico di qualunque livello.
L’importante è che chi prova rabbia non perda il controllo e abbia sempre rispetto per i propri interlocutori con cui non va d’accordo.
L’invidia può essere maligna o benigna. Quella maligna si confonde con la gelosia, ma non è la stessa cosa. Riguarda un confronto negativo con chi ha più di noi. L’invidia benigna, invece, stimola l’emulazione e spinge a fare di più e meglio, si intende sempre nel versante del bene. In queste brevi riflessioni non prendiamo in esame il versante del male.
Beati gli invidiosi, perché saranno più intelligenti e creativi. Non i gelosi perché hanno un comportamento fine a sé stesso che non produce niente di positivo. Invidiare qualcuno si può a condizione di volerlo eguagliare.

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