Canoni d’affitto, riformate le aliquote per la cedolare secca - QdS

Canoni d’affitto, riformate le aliquote per la cedolare secca

Massimo Calamuneri

Canoni d’affitto, riformate le aliquote per la cedolare secca

mercoledì 04 Settembre 2013

In seguito al decreto sull’Imu elaborato dal governo, il ricorso alla cedolare secca per i contratti d’affitto è divenuto estremamente conveniente

Novità per tutti i proprietari di immobili che sfruttano l’appartamento extra come casa in affitto. In seguito all’entrata in vigore del nuovo decreto sull’Imu, sono state infatti riviste le aliquote previste sia per la tassazione ordinaria sia per la cedolare secca sui canoni di locazione. Poiché quest’ultima è stata resa più conveniente, questa dovrebbe essere una buona notizia anche chi cerca casa come inquilino perché non può ancora permettersi di ottenere un mutuo.
Il regime della cedolare secca, infatti, è stato introdotto con l’intento di abbattere il fenomeno degli affitti in nero. Con regolari contratti, non solo lo Stato riceve più introiti fiscali, vengono  maggiormente tutelati sia gli inquilini che i proprietari, questi ultimi magari intestatari presso Barclays o altre banche del mutuo sull’abitazione. Inoltre tutte le procedure burocratiche sono semplificate (la tassazione sostituisce l’Irpef, le relative addizionali, le imposte di bollo e quelle di registro, ndr).
 
Queste sono le nuove aliquote relative alla cedolare secca: sono pari al 21% per la generalità dei contratti e al 15% (in precedenza erano al 19%) per i contratti a canone concordato, con la detrazione Irpef per la tassazione ordinaria passata invece dal 15% al 5% per i contratti ordinari e dal 40,5% al 33,5% per i contratti a canone concordato.
 
Come naturale conseguenza è sorto il dubbio relativo a quale fosse il tipo di imposizione più vantaggiosa per l’utente, ed in considerazione di ciò il Sole 24 Ore ha deciso di stilare una sorta di guida dimostrando come il ricorso alla cedolare secca sia decisamente più conveniente.
 
A fronte di un contratto di locazione a canone concordato di 6 mila euro l’anno, la cedolare secca al 15% corrisponde infatti a 900 euro contro i 1140 euro della precedente aliquota, fissata come sottolineato nei precedenti passaggi al 19%. Il ricorso alla tassazione ordinaria – prendendo come riferimento un reddito imponibile di 30 mila euro e un canone di locazione annuo di 9 mila euro – produce invece un risparmio che si aggira attorno ai 924 euro (1350 contro 2274), senza però includere le addizionali regionale e comunale e le imposte di registro e di bollo.
 
I nuovi parametri previsti per l’applicazione della cedolare secca l’hanno dunque resa più conveniente rispetto alla tassazione ordinaria, anche se va evidenziato come la cedolare si applichi all’intero importo del canone mentre l’Irpef sia invece dovuta al netto degli abbattimenti previsti dalla legge.

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